Andrea Casavecchia

Si riduce l’entità della classe media e diminuisce in modo evidente la consistenza di quella che veniva classificata, la classe operaia. Sono stati in tutto lo scorso secolo i due gruppi sociali che hanno influenzato di più i processi di trasformazione della società, con le loro istanze di riforma delle istituzioni e di miglioramento della qualità della vita individuale. Entrambi hanno sviluppato movimenti culturali con i quali per l’inerzia della storia facciamo ancora i conti.
La diminuzione del peso specifico di entrambe le classi se si utilizzassero categorie sociologiche tradizionali sarebbe contraddittoria, perché in passato la crescita di una compensava la diminuzione dell’altra e viceversa. Ma la società volta pagina, ogni tanto. E quindi vanno costruite anche nuovi modelli interpretativi.
Un primo cambiamento lo osserviamo nella classificazione utilizzata recentemente dall’Istat che scompone la popolazione in nove gruppi costruiti in base al reddito più che all’attività professionale, d’altronde cresce sempre più il numero delle famiglie in cui la persona di riferimento è un anziano pensionato. La minore importanza attribuita al lavoro rende diversi i principi aggregativi, che invece di concentrarsi sulle attività occupazionali si spostano sui consumi e sulle attività del tempo libero.
Una conseguenza che deriva da questa trasformazione porta alla mancanza di appartenenza e alla perdita di identità, perché non ci si riconosce più in quello che si fa, ma in quello che si acquista o in quelle esperienze che si provano. Invece si svaluta l’esperienza lavorativa in cui si impiega molto tempo, si è coinvolti in processi e dinamiche relazionali, ma non ci si riconosce. Consumo e tempo libero non richiedono un’applicazione costante e un forte coinvolgimento emotivo con altre persone.
Un altro cambiamento dovuto al dimagrimento dei “ceti popolari” a cui potremmo iscrivere le classi media e operaia, è l’immobilismo sociale e l’aumento delle disuguaglianze. Questi due gruppi, infatti, funzionavano anche da filtro per un’ascesa sociale. Oggi invece la società appare statica. Una ricerca internazionale guidata dall’economista Alberto Alesina su “Mobilità internazionale e preferenza per la redistribuzione” ha evidenziato che in Italia sebbene in parecchie situazioni la condizione reddituale dei figli sia migliore di quella dei loro genitori, la loro condizione sociale è rimasta inalterata. I figli di genitori a basso reddito rimangono al di sotto della media del campione, mentre quelli provenienti da famiglie ad alto reddito tendono a mantenere la loro posizione privilegiata. Per ridurre le disuguaglianze, secondo un’indicazione della ricerca, è importante l’intervento dello Stato a favore di un riequilibrio dei redditi.
Se però una società volta pagina prima di formulare proposte occorre comprendere la direzione che sta prendendo. Un passaggio essenziale sarà quello di capire quale ruolo nuovo assumerà il lavoro, ad esempio.

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