di M. Michela Nicolais

“Guardo all’Italia con speranza. Una speranza che è radicata nella memoria grata verso i padri e i nonni, che sono anche i miei, perché le mie radici sono in questo Paese”. Comincia, e si conclude, all’insegna della speranza il discorso pronunciato da Papa Francesco al Quirinale, durante la visita ufficiale al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, in restituzione della visita del Capo dello Stato in Vaticano il 18 aprile 2015. Dopo il colloquio privato nello studio del Presidente – durato 25 minuti – lo scambio dei doni nella Sala degli Arazzi, con la presentazione delle due delegazioni ufficiali e una breve sosta nella Cappella dell’Annunziata, prima dei due discorsi pronunciati nel Salone dei Corazzieri. Infine, il “bagno di folla” nei giardini del Quirinale, dove il Papa e il Presidente hanno salutato circa 200 bambini invitati dalle zone terremotate del Centro Italia.La dignità della persona, la famiglia, il lavoro, i primi valori esemplari dell’Italia citati da Francesco, nel suo discorso costellato da una serie di tributi e omaggi al nostro Paese.

A partire dall’elogio della Costituzione Italiana, che “ha offerto e offre uno stabile quadro di riferimento per la vita democratica del popolo”. Poi l’analisi geopolitica, con un Italia – e un’Europa – sfidate da problemi come il terrorismo internazionale, le migrazioni e le guerre, la difficoltà delle giovani generazioni di accedere a un lavoro stabile e dignitoso. L’Italia, con la sua operosa generosità, l’impegno delle sue istituzioni, e le sue “abbondanti risorse spirituali, si adopera per trasformare queste sfide in occasioni di crescita e in nuove opportunità”, l’omaggio di Francesco.

“Il modo col quale lo Stato e il popolo italiano stanno affrontando la crisi migratoria, insieme allo sforzo compiuto per assistere doverosamente le popolazioni colpite dal sisma, sono espressione di sentimenti e di atteggiamenti che trovano la loro fonte più genuina nella fede cristiana, che ha plasmato il carattere degli italiani e che nei momenti drammatici risplende maggiormente”.

Lanciando un nuovo appello per “un’ampia e incisiva cooperazione internazionale” nell’affrontare il fenomeno migratorio, il Papa cita come modello proprio il contributo dell’Italia su questo versante così cruciale: l’accoglienza ai profughi che sbarcano sulle sue coste, l’opera di primo soccorso garantita dalle sue navi nel Mediterraneo e l’impegno di schiere di volontari, tra cui “si distinguono associazioni ed enti ecclesiali e la capillare rete delle parrocchie”. Esemplare anche l’impegno del nostro Paese in ambito internazionale a favore della pace, del mantenimento della sicurezza e della cooperazione tra gli Stati.

Tra le priorità della politica interna, al primo posto la questione del lavoro, toccata con mano anche nella recentissima visita a Genova. “Ribadisco l’appello a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso”, dice Francesco tornando su uno dei temi a lui più cari e mettendo in guardia da un lavoro precario o poco retribuito. Serve “un’alleanza di sinergie e di iniziative” per un’azione di ampio respiro che eviti derive speculative.

Lavoro e famiglia, ribadisce il Papa, sono i due pilastri che costituiscono l’architrave del futuro e assicurano la sopravvivenza delle nuove generazioni.

Poi l’appello ai politici: “rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni”.

“La Chiesa in Italia è una realtà vitale, fortemente unita all’anima del Paese, al sentire della sua popolazione”, dice Francesco nella parte finale del suo discorso: “Ne vive le gioie e i dolori, e cerca, secondo le sue possibilità, di alleviarne le sofferenze, di rafforzare il legame sociale, di aiutare tutti a costruire il bene comune”. La stella polare è la Gaudium et Spes, al centro anche del Concordato del 1984, dove è formulato l’impegno di Stato e Chiesa alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese.

Quella italiana, come sancisce anche l’art. 7, è “una  peculiare forma di laicità, non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa”, seppure nella rigorosa distinzione delle competenze. Benedetto XVI l’ha definita “positiva”, sottolinea il Papa riprendendone la definizione: è proprio grazie a questo tipo di laicità che, in Italia, la collaborazione tra Stato e Chiesa è eccellente.

Poi c’è la Chiesa universale, che si avvale della “generosa disponibilità e collaborazione dello Stato italiano”: ne è una prova il recente Giubileo, assicura Francesco ringraziando.

“Sono certo che, se l’Italia saprà avvalersi di tutte le sue risorse spirituali e materiali in spirito di collaborazione tra le sue diverse componenti civili, troverà la via giusta per un ordinato sviluppo e per governare nel modo più appropriato i fenomeni e le problematiche che le stanno di fronte”.

La conclusione del discorso, come l’inizio, è nel segno della speranza: “La Santa Sede, la Chiesa Cattolica e le sue istituzioni assicurano, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, la loro fattiva collaborazione in vista del bene comune. Nella Chiesa cattolica e nei principi del cristianesimo, di cui è plasmata la sua ricca e millenaria storia, l’Italia troverà sempre il migliore alleato per la crescita della società, per la sua concordia e per il suo vero progresso. Che Dio benedica e protegga l’Italia!”.

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