di Stefano De Martis

I sistemi elettorali sono una materia tanto ostica e complessa quanto importante e delicata per una democrazia. Abbiamo provato a sintetizzare in cinque domande e risposte i principali elementi delle leggi in discussione alla Camera, fotografando la situazione nella fase del passaggio dalla commissione affari costituzionali all’Aula.

Il sistema elettorale in discussione alla Camera è un sistema misto o fondamentalmente proporzionale?

Si tratta di un sistema proporzionale. La regola generale è che a ciascun partito venga assegnato un numero di seggi rapportato ai voti che ha ricevuto.  Questa proporzionalità viene limitata da una clausola di sbarramento che esclude dall’assegnazione dei seggi le liste che non abbiano raggiunto il 5% dei voti. È questa clausola che produce un effetto indirettamente maggioritario perché aumenta la rappresentanza parlamentare delle forze che sono state in grado di superare lo sbarramento. La presenza di una quota di collegi uninominali pari a circa il 40% del totale riguarda il meccanismo di distribuzione degli eletti all’interno di ciascun partito, non il numero di seggi che ciascun partito ottiene.

Perché si dice che la legge in discussione richiama il “sistema tedesco”?

Del sistema elettorale in vigore in Germania la legge riprende il criterio dell’assegnazione dei seggi su base proporzionale, con il limite della clausola di sbarramento, e della compresenza di liste e collegi uninominali. Per il resto la soluzione che si sta adottando in Italia è sensibilmente differente, anche perché il sistema istituzionale tedesco prevede delle regole che non troviamo nella nostra Costituzione (numero dei parlamentari variabile, sfiducia costruttiva, ecc.).

Come vengono assegnati i seggi secondo la legge elettorale in discussione?

Il sistema prevede, come si diceva, che ogni partito ottenga un numero di seggi proporzionale ai voti ricevuti. Il riparto viene effettuato a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato. Alla Camera sono previsti 225 collegi uninominali e 28 circoscrizioni, al Senato 112 collegi e 20 circoscrizioni regionali. Calcolato il numero di seggi che spetta a ciascun partito, risultano eletti prima i candidati che hanno vinto nei collegi uninominali, poi si passa alle liste, nell’ordine in cui i nomi sono scritti sulla scheda. Va ricordato che nello stilare le candidature i partiti sono tenuti a rispettare una clausola di genere, in virtù della quale il numero di candidati dello stesso sesso non può superare il 60%.

Sempre sulla base della legge in discussione, come avviene concretamente il voto dell’elettore?

Su ciascuna scheda (una per la Camera e una per il Senato) ogni partito avrà uno spazio rettangolare in cui sono indicati il nome del candidato nel collegio uninominale, il simbolo del partito stesso e una breve lista di nomi, da 2 a 6 a seconda delle dimensioni della circoscrizione. L’elettore dovrà apporre un unico segno che vale sia per il collegio che per la lista.

Sono previste delle eccezioni a questo tipo di sistema?

Il voto per gli italiani all’estero rimane sostanzialmente invariato. Ai numeri dei collegi indicati prima, vanno aggiunti quelli del Trentino-Alto Adige, in cui vale il sistema maggioritario con recupero proporzionale (tipo Mattarellum) e l’unico della Valle d’Aosta, come sempre uninominale maggioritario.

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