“Totti è uno di quei giocatori che in Italia, al di là della maglia che ha vestito, per di più sempre e soltanto quella giallorossa, unisce un po’ tutti gli amanti del calcio” perché “espressione di un calcio ancora fatto di passione, prima che di soldi, marketing o immagine”. Così don Alessio Albertini, consulente ecclesiastico nazionale del Centro sportivo italiano (Csi), commenta al Sir il commiato di Francesco Totti, allo Stadio Olimpico, al termine di Roma-Genoa. “Le lacrime che si sono viste sono il segno di un’emozione di un calciatore che ha vissuto veramente con passione il mestiere che ha fatto”, aggiunge don Albertini. “Mi è piaciuto il passaggio in cui ha parlato del pallone come il suo giocattolo preferito, che mi ha fatto venire in mente quanto rispose la teologa Dorothee Solle ad un giornalista che le chiedeva: ‘Come spiegherebbe a un bambino che cos’è la felicità?’. ‘Non glielo spiegherei – disse – gli darei un pallone per giocare’. L’immagine richiamata da Totti è stata un bello spot per il calcio, anche per tanti giovani che si avvicinano con illusioni, con sogni che non s’avverano”. Don Albertini evidenzia poi un’altra immagine della festa di ieri: quella “della famiglia, perché Totti ha sempre creduto e salvaguardato la famiglia e l’ha voluta accanto a sé in quel momento più dei compagni, dei dirigenti, dei tifosi stessi”.

“Non dimentichiamoci che il gesto del ciuccio, del dito in bocca, l’ha fatto lui per primo pensando al figlio che stava per nascere”, aggiunge il sacerdote, rilevando anche che “il passaggio della fascia da capitano a un bambino è stato un gesto bellissimo, che ci ricorda come la storia continua. Ci sono stati grandi campioni prima di Totti, ce ne saranno altri”. “Come nelle staffette – sottolinea don Albertini – uno ha dato il meglio di se stesso e passando il testimone a qualcun altro gli dice: ‘Adesso tocca a te’”. Il sacerdote commenta, infine, “l’immagine della paura”. “Totti ha avuto il coraggio di ammettere che i superuomini sono quelli che nonostante la paura rischiano, intraprendendo il cammino”, osserva don Albertini, convinto che “sarà capace di dare il meglio di sé anche fuori dal campo”.

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