Paola Bignardi

A uno sguardo superficiale il mondo interiore dei giovani può apparire povero, dominato da interessi di poco conto, appiattito sulle dimensioni dell’effimero e del banale. I dati statistici che riguardano la loro esperienza religiosa registrano una progressiva diminuzione del numero di coloro che si dichiarano cattolici. È quanto è segnalato anche dal Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, che vede passare nel giro di quattro anni la percentuale di coloro che si dichiarano cattolici dal 56% al 51%. Tuttavia

quando ci si pone in ascolto delle loro ragioni e ci si pone in dialogo con essi si rimane spiazzati dalla profondità del senso religioso che percorre i loro pensieri.

Certo, il loro approccio alla vita cristiana non ha i caratteri della fede che hanno imparato a conoscere a catechismo, ma denota una sensibilità e una ricerca autentica e inquieta.
Nell’orizzonte dei giovani intervistati nell’ambito dell’indagine dell’Istituto Toniolo Dio non è assente, anche se si tratta di un Dio che si mescola con le emozioni e gli stati d’animo soggettivi. Né è assente la preghiera, ma quella fatta con le proprie parole, quando ci si sente, in base al proprio stato interiore: è chiaro che in questo quadro la liturgia, la partecipazione alla messa, la preghiera comunitaria non trovano posto perché non sono comprese nel loro valore e non riescono a entrare in relazione con la situazione soggettiva della persona.

La Chiesa, soprattutto per chi non ha potuto conoscerla come esperienza comunitaria viva e coinvolgente – ed è la maggior parte dei giovani! – non è compresa:

non che i giovani abbiano un atteggiamento ostile nei suoi confronti, ma non ne colgono il significato. Si domandano che cosa essa c’entri con il loro rapporto con Dio, che vogliono diretto e senza mediazioni. Ed è la stessa sorte che capita al prete, verso cui vi è una benevola indifferenza; a meno che si sia incontrato nella propria vita qualche sacerdote che ha esercitato un fascino o un’influenza importante sul percorso personale. Allora vi è nei suoi confronti un atteggiamento positivo, dovuto alla relazione più che al ministero.

Diversa è la posizione nei confronti di Papa Francesco, verso il quale i giovani nutrono una vera devozione

per il suo modo di fare semplice, “normale”, libero dalle incrostazioni di un ruolo che i giovani identificano con quell’istituzione che non comprendono.
Potrebbe continuare a lungo la descrizione di questo mondo interiore che spiazza chi interpreta le nuove generazioni come indifferenti e apatiche.
A questo punto, quanti hanno a cuore l’evangelizzazione si domandano quali possibilità vi siano per entrare in dialogo con il mondo giovanile sui temi della fede, consapevoli dei gravi pericoli che la loro impostazione comporta.

È chiaro che i giovani stanno vivendo un processo inedito di reinterpretazione dell’esperienza credente.

Lo fanno sulla spinta del bisogno di ricondurre tutto a sé, nel faticoso e affascinante percorso di personalizzazione della fede che, quando avviene in solitudine, non è esente da rischi. La loro ricerca interiore è sensibile soprattutto a due aspetti decisivi: quello delle relazioni e quello dell’esperienza. Con Dio i giovani cercano una relazione personale, affermano che è bello credere – anche quando si dichiarano non credenti – perché chi crede non è mai solo ma ha sempre qualcuno che si prende cura di lui e lo protegge. Alla comunità cristiana rimproverano di essere fredda e anonima, senza coinvolgimento e senza partecipazione;

di essa hanno un bel ricordo solo quando nel loro percorso vi hanno incontrato qualche figura di educatore che li ha fatti sentire importanti ed è diventato importante per loro.

E poi vorrebbero sperimentare una fede che si fa esperienza, coinvolgimento, responsabilità. Non si sentono a casa in una comunità che dà loro una visione della vita appresa passivamente, o che li vuole presenti a una preghiera che avvertono solo come un rito che non li coinvolge.
A ben vedere, i giovani stessi indicano quali sono le aperture attraverso le quali è possibile entrare in comunicazione con il loro mondo interiore, per accompagnarli in una ricerca che può aiutare tutta la Chiesa a reinterpretare la sua missione in fedeltà al Vangelo.

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