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Diocesi, Progetto Policoro: Il coraggio di essere giovani radicati nel futuro

DIOCESI – Il Progetto Policoro della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto continua la sua opera di sensibilizzazione in tutta la diocesi e non solo. Abbiamo deciso di pubblicare anche nel nostro giornale la riflessione di Marco Sprecacè Animatore di Comunità su “Ricerca” la rivista ufficiale della FUCI da oltre 70 anni. In questa testata hanno offerto il loro prezioso contributo uomini e donne che hanno scritto la storia del nostro Paese, mi vengono in mente Vittorio Bachelet, Aldo Moro, Leopoldo Elia e molti altri.
Si parla di noi giovani, del nostro coraggio e del nostro futuro.

Mettersi in gioco nel mondo del lavoro non è affar semplice, soprattutto negli ultimi tempi, ma si tratta di una sfida che dobbiamo assolutamente affrontare. Seguire i propri sogni e le proprie passioni è necessario per raggiungere i propri obiettivi, ma dobbiamo essere capaci di osservare le realtà che ci circondano e saper leggere i tempi in cui viviamo.

Come anticipavo pocanzi, mettersi in gioco non è facile, il lavoro è l’occasione più efficace e nobile che l’uomo ha per contribuire alla costruzione del mondo e di sé stessi. È ciò che permette di plasmare una parte della realtà attraverso le proprie abilità, creatività ed ingegno. Nella nostra società è sempre più difficile trovare, tuttavia, un lavoro che corrisponda effettivamente a quanto abbiamo studiato. Ciò non deve scoraggiarci, anzi, ci deve spronare a fare di più, perché si tratta di esperienze che contribuiranno ad accrescere la nostra formazione personale.

Raggiungere un traguardo, sfidare se stessi, fare squadra. Il lavoro segue spesso le stesse regole dello sport. Mettersi in gioco è spesso stimolante, anche se raggiungere un traguardo significativo può anche non arrivare da una gara. In azienda come sul campo, sono fondamentali le competenze, ma anche la capacità di trovare soluzioni alternative e, soprattutto, di fare squadra. Se c’è la volontà di condividere le proprie competenze, di mettersi in relazione, di essere capaci di ascoltare l’altro, il traguardo non potrà che essere raggiunto.

La competizione sul mercato del lavoro è sempre più globale ed i soli titoli di studio, in questo contesto di grandi differenze dei livelli di istruzione, non sempre permettono a noi giovani di mostrare le nostre competenze reali. Proprio per questo ciò che si guarda, nei contesti lavorativi è sempre più il “saper fare” ed il “saper essere” delle persone e non solamente il “sapere”, ossia il nostro titolo di studio. La formazione personale è un elemento fondamentale che segnerà inevitabilmente il nostro percorso lavorativo, lo renderà più ampio, costruito su misura per noi, ma soprattutto, che sappia essere d’ausilio per gli altri.

Noi giovani, formati e spesso muniti di un buon bagaglio esperienziale alle spalle, abbiamo difficoltà ad intraprendere un cammino lavorativo dignitoso. Si rende necessario il sostegno della società in quanto comunità chiamata ad accompagnare noi giovani in questo cammino verso l’età adulta, affinché si aprano scenari e prospettive di futuro, non solo possibili, ma concrete e di speranza. Sulla scia dei lavori congressuali di Chieti 2016, che avevano come obiettivo principale, quello di  traghettare ad uno sguardo nuovo sulla realtà e renderlo più fiducioso sul futuro.

“Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro a rischiare è la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi i giovani sono vittime di questo(…) Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti! Voi rappresentate certamente un segno concreto di speranza per tanti che non si sono rassegnati, ma hanno deciso di impegnarsi con coraggio per creare o migliorare le proprie possibilità lavorative. Il mio invito è quello di continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata. Spesso dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine: a volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto. Le stesse famiglie, che pure li sostengono – spesso anche economicamente – non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati. Qui potete fare voi la vostra parte.”

Si tratta di un breve ma significativo passo del discorso del Santo Padre Francesco ai giovani Animatori di Comunità del Progetto Policoro della CEI, in occasione dei vent’anni della sua nascita. Un  Progetto costituito da giovani che si mettono a servizio dei giovani, con una volontà precisa: quella di individuare risposte all’interrogativo esistenziale di tanti giovani che rischiano di passare dalla disoccupazione del lavoro alla disoccupazione della vita. Nel suo tentativo di coniugare il Vangelo con la concretezza della vita, questo Progetto rappresenta una vera occasione di sviluppo locale a dimensione nazionale. La missione del Progetto Policoro è quella di costruire ponti tra i giovani e il mondo del lavoro. Attraverso la cura delle relazioni, capaci di favorire l’attivazione di reti tra le realtà territoriali, è possibile analizzare il territorio ecclesiale e sociale e conoscere le opportunità di accesso al mondo del lavoro. Competenze e informazioni, rete e formazione a una nuova cultura del lavoro. Si tratta di un progetto volto a favorire azioni capaci di generare nuovi dinamismi nella società, attraverso il coinvolgimento di altre persone e gruppi, affinché fruttifichino importanti avvenimenti e opportunità.

Il periodo universitario deve tener conto di quello che c’è oltre, ovvero dell’avvenire che ci aspetta al di fuori dell’università, sia come quello che vi è oltre questa fase del percorso di vita. “L’universitario deve e dovrà collocarsi, cogliendo ciò che questa gli offre, ma soprattutto mettendo a servizio quello che ha e quindi anche quello che il percorso universitario ha contribuito a formare. Per un universitario, che si proietta nel suo domani, si tratta di un atto di carità, di carità intellettuale nello specifico, in cui, attraverso il lavoro, che si rende appunto servizio, egli si assume l’impegno di costruire una società quanto migliore possibile per l’intera comunità che la compone. L’assunzione di questo impegno richiama la responsabilità che ognuno ha verso il mondo che lo circonda e verso quello che si vuole contribuire a creare, non solo mettendo a servizio il proprio lavoro, ma anche prendendo parte attiva alle scelte per il domani attraverso la dimensione politica.”

Per mettersi in gioco nel mondo del lavoro, sarà necessario avere il coraggio e l’audacia di restare radicati nel futuro, rimanendo fedeli alla verità, facendosi servi della carità , con libertà vera.