“Era chiaro che la situazione in Macedonia sarebbe precipitata dopo le proteste organizzate tutte le sere, i mesi senza governo e la crisi politica in corso da due anni e mezzo”: è il commento dell’analista politico Nikolay Krastev, esperto di Balcani, sugli scontri violenti nel Parlamento macedone, avvenuti ieri notte. Il resoconto finale è di circa 100 feriti, tra cui 70 cittadini, 22 poliziotti e 3 parlamentari. I dimostranti hanno fatto irruzione nella sede del Parlamento a Skopje dopo l’elezione del deputato di origine albanese Talat Xhaferi a presidente dell’Assemblea nazionale. “Non credo che la personalità di Xhaferi rappresenti un problema così grande; si tratta di una figura conosciuta in Macedonia, è stato ministro della Difesa nel governo di Nikola Gruevski guidato dal partito Vmro di centrodestra, ed era responsabile dei rapporti con la Nato” spiega Krastev al Sir. E aggiunge: “Parlare in albanese nel Parlamento macedone è pratica di tutti i giorni, è una delle clausole del Trattato di Ocrida del 2001, siglato dal governo macedone e dai ribelli etnici albanesi per porre fine al conflitto armato”. Secondo Krastev, “parte della responsabilità delle proteste e della crisi politica è del presidente Gjorge Ivanov, anch’egli del Vmro, che non ha voluto finora dare il mandato per formare il governo al leader dei socialdemocratici Zoran Zaev in alleanza con il partito della minoranza albanese”.
Da due anni il Vmro, rimasto al potere ininterrottamente per un decennio, è ai ferri corti con il partito socialdemocratico (Sdsm) e il suo leader, Zoran Zaev. “L’elezione di Xhaferi e la volontà dei socialdemocratici di Zaev di governare godono dell’appoggio dell’Ue e degli Usa che hanno condannato fermamente l’attacco al Parlamento e l’uso della violenza, richiamando tutti a rispettare i principi democratici e a cercare subito un’uscita dalla crisi che potrebbe essere pericolosa”.

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