SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una vita dedicata alla Fede Francescana, al durissimo lavoro marittimo e di commercio ittico ambulante, alla famiglia e alla disponibilità verso tutti. Nel mezzo di questo stile di vita, la ciliegina che è la sua passione eterna per il nuoto e per il sano principio agonistico.

Gabriele Romani, forte dei suoi 68 anni, è infatti il nuotatore sambenedettese più medagliato, con alle spalle la partecipazione a ben 647 gare del circuito Master nazionale ed internazionale. Di recente, ha riconfermato la sua assoluta prodezza nel nuoto, raggiungendo così l’importante traguardo di 500 medaglie vinte in carriera, di cui 220 ori.

Già pluri-campione regionale e campione italiano, l’esperto nuotatore vanta la partecipazione a due Campionati del Mondo e due Campionati Europei, avendo inoltre il privilegio di gareggiare assieme a Mark Spitz, il marziano del nuoto degli anni ‘70, vincitore di sette medaglie d’oro alle Olimpiadi del 1972 e all’attore Raoul Bova, il quale vinse a 15 anni, il campionato italiano giovanile nei 100 metri dorso.

L’importanza della notizia, non è tanto il fatto di cronaca sportiva in sé, bensì la riflessione che può scaturire, vedendo e conoscendo personaggi di questo tipo. Indubbiamente quella di Gabriele Romani è una generazione di uomini, come si suol dire oggi, tosti.

Forgiati per il sacrificio sin dalla nascita, questa categoria di persone, ha vissuto la giovinezza nel periodo post bellico. Si viveva con poco e proprio le mancanze hanno fatto sì che venissero fuori persone solide e tutto d’un pezzo. Non si vuole esaltare il singolo ma l’intera massa del popolo di quel periodo che con il sacrificio, l’educazione, l’umiltà, il sapersi accontentare del poco, la pazienza, hanno permesso alla generazione successiva di vivere nella sicurezza e nel benessere.

Tutti noi giovani e giovani-adulti dovremmo prendere sempre esempio da loro soprattutto nel capire che i grandi traguardi si raggiungono col tempo, con la temperanza, con la perseveranza, con una pazienza fuori dal comune, e questo vale per noi stessi e di conseguenza per i nostri futuri figli.

Dunque, evviva Gabriele Romani, evviva la gente di quel calibro.

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