“Ci sentiamo più sicuri. I bombardamenti sono terminati. Andiamo in chiesa e ne torniamo liberamente. Mi auguro che tutte le persone scappate possano tornare nelle proprie case riedificate entro la Pasqua del prossimo anno”: è la testimonianza dalla città siriana di Aleppo, di suor Annie Demerjian, religiosa dell’Ordine delle Sorelle di Gesù e Maria, raccolta da Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre). “Sebbene la grande sofferenza abbattutasi sulla popolazione di Aleppo non sia stata dimenticata”, “quest’anno per Pasqua i bambini non ricevono bare”, afferma la religiosa, facendo riferimento a un modo di dire che si era diffuso lo scorso anno per indicare che “Aleppo era diventata sinonimo di morte, dolore ed orrore”. Mancano molti beni. Najib Halak, un cristiano aleppino, dice ad Acs che “in queste circostanze percorriamo la Via Crucis”. Si stima siano rimasti circa 40.000 cristiani ad Aleppo e nelle aree circostanti. Sono gli abitanti che non sono stati in grado di allontanarsi perché troppo poveri oppure perché i parenti che avrebbero potuto accoglierli avevano già lasciato la nazione. I cristiani aleppini, riferisce in una nota Acs, nonostante la situazione sia migliorata, si sentono ancora molto isolati e in costante pericolo. Indigenti, con insufficienti scorte di cibo e altri beni di prima necessità, afflitti da perdurante carenza di farmaci, elettricità e acqua, chiedono aiuto alle chiese. Queste ultime stanno collaborando molto bene per distribuire aiuti d’emergenza. Aiuto alla Chiesa che soffre sta cooperando con i responsabili delle chiese locali e sta sostenendo diversi progetti nella città Aleppo. Allargando la visuale all’intera nazione, dal 2011 la Fondazione pontificia ha garantito ai cristiani siriani aiuti di emergenza e sostegno alle attività pastorali per un valore di 17.786.401 euro.

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