“In ogni epoca e cultura, Cristo deve essere proclamato ‘Dio, non in una qualche accezione derivata o secondaria, ma nell’accezione più forte che la parola ‘Dio’ ha in tale cultura”.
Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, ha sintetizzato così – durante la seconda predica di Quaresima tenuta oggi per il Papa e la Curia Romana nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano – la professione di fede di Nicea su Cristo, sancita col relativo Concilio. “In cosa credono, in realtà, quelli che si definiscono ‘credenti’ in Europa e altrove?”, si è chiesto Cantalamessa: “Credono, il più delle volte, nell’esistenza di un essere supremo, di un creatore; credono che esiste un ‘aldilà’. Questa però è una fede deistica, non ancora una fede cristiana. Diverse indagini sociologiche rilevano questo dato di fatto anche in paesi e regioni di antica tradizione cristiana. Gesù Cristo è in pratica assente in questo tipo di religiosità”. Di qui la necessità di ricreare le condizioni per una fede nella divinità di Cristo senza riserve. Noi, ha detto il predicatore della Casa Pontificia, siamo chiamati a dire con umiltà al mondo di oggi: “Quello che voi cercate, andando come a tentoni, noi ve lo annunciamo”. “Se non abbiamo mai riflettuto seriamente su quanto siamo fortunati noi che crediamo in Cristo, forse è l’occasione per farlo”, l’invito.

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