Sarah Numico

Anche la Lituania intende rafforzare i confini esterni dell’Unione europea e comincerà nei prossimi mesi a costruire una “recinzione” super tecnologica su un tratto del confine con l’enclave russa di Kaliningrad e la Bielorussia. La Lettonia ha già blindato i suoi primi 23 chilometri al confine con la Russia; entro il 2019 avrà 92 km di barriera con la prospettiva di costruirne altri per controllare meglio i 276 km che condivide con l’ingombrante vicina. L’Estonia dovrebbe cominciare nel 2018 a innalzare la recinzione lungo i suoi 108 km di confine con la terra di Putin. Nei Paesi baltici continua inoltre l’operazione militare “Atlantic Resolve” voluta dagli Usa (salvo eventuali ripensamenti del neo presidente Donald Trump) a sostegno degli alleati della Nato in Europa per una “pace duratura e la stabilità nella regione alla luce dell’intervento russo in Ucraina”, spiega il sito del dipartimento della difesa americano che dà notizia di nuove truppe mandate all’inizio di febbraio per esercitazioni in Estonia. Se è vero che il rapporto sulla sicurezza appena pubblicato a Tallin dal ministero della difesa dice che “la probabilità di un attacco militare nel 2017 da parte della Russia contro la Nato è basso”, il clima in questa parte dell’Europa è tutt’altro che sereno e disteso. Il Sir ne parlato con mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e ordinario militare per la Lituania.

Le recinzioni in costruzione ai confini dei Paesi baltici da che cosa devono proteggere?
Proteggere i confine esterni è parte delle richieste legate all’ingresso nell’Ue. Non si costruirà solo una recinzione, ma saranno messe in campo tecnologie moderne per la sicurezza della frontiera dell’Ue. È necessario, soprattutto al confine con Russia e Bielorussia, fermare il contrabbando di tabacco e alcool. Siamo anche un punto d’ingresso del narco-traffico dall’Asia, anche se questo sta diminuendo. C’è poi il traffico di persone umane che entrano attraverso i contrabbandieri. Arrivano dal Vietnam o sono i rifugiati dalle guerre, ma noi siamo solo un Paese di transito. E c’è bisogno di assicurare le nostre frontiere per motivi storici: quando la Lituania ha raggiunto l’indipendenza, una delle più brutte vicende si è verificata proprio al confine con la Bielorussia, dove le forze speciali russe hanno ucciso sette agenti di frontiera nella notte del 31 luglio 1991. Questo episodio è molto vivo nella memoria della nazione. Si aggiunga il caso dell’agente estone Eston Kohver catturato nel settembre 2014 dai russi sul confine.

Altri motivi di preoccupazione?
C’è poi ancora la vicenda ucraina: abbiamo saputo che le forze speciali russe inviano i loro soldati clandestinamente nel Paese prima di occuparlo, senza uniformi militari, ma “mascherati” come turisti, come contrabbandieri. Quindi la sicurezza delle frontiere è molto importante per noi. La recinzione lituana inizialmente sarà alla frontiera con Kaliningrad dove c’è una base militare russa.

Basta una recinzione per risolvere il problema militare?
Non sarà una recinzione primariamente a scopo militare, ma di controllo. La Lituania ha sempre incrementato la sua spesa per la difesa, rafforzato la difesa militare e organizzato esercitazioni con i partner della Nato. Per questo sono presenti contingenti Nato nelle repubbliche Baltiche. È una presenza simbolica, per dire che le forze della Nato sono unite per difendere qualsiasi Paese membro.

Vi sentite sotto minaccia russa di occupazione?
Le truppe russe sono aumentate e stanno aumentando vicino alle frontiere, a Kaliningrad e in territorio russo e bielorusso. La situazione in Ucraina fa molto pensare, così come l’attività russa in Siria: è una presenza militare attiva. I Paesi baltici sono una possibile terra di espansione russa, sull’onda dell’antico impero. La propaganda che arriva dalla televisione di lingua russa nei nostri Paesi è allarmante. Ci sono vari paralleli che destano preoccupazione.

Papa Francesco ripete sempre un “no” al muro, alle barriere tra i popoli: quello baltico è diverso o è anche una barriera che non porta a qualcosa di bene?
Noi siamo nei piani di accoglienza dei rifugiati secondo gli accordi europei e accogliamo tanti rifugiati dall’Ucraina, ma non se ne parla molto. Il nostro non è un muro, ma una protezione della frontiera rispetto al problema dell’illegalità. Una nazione deve avere la capacità di proteggere le sue frontiere, senza nulla togliere all’obbligo umanitario di aiutare le persone che sono nel bisogno.

Repubbliche baltiche ponte o barriera?
I Paesi baltici sarebbero un buon ponte con la Russia, perché la nostra gente conosce quella cultura, il metodo di dialogo, la mentalità dei russi. Quest’anno per esempio beatificheremo Teofilius Matulionis, che ha trascorso molti anni in Russia per motivi pastorali e amava il popolo russo, ma ha anche passato molti anni nei campi sovietici a causa del suo lavoro.

Lei come pastore che cosa dice ai suoi fedeli riguardo l’attualità?
Noi preghiamo per la pace, come prima cosa. Sia per i luoghi lontani, come la Siria e l’Iraq, sia per quelli vicini, perché anche qui resti la pace. Lavoriamo per questo, ad esempio con il dialogo con le altre Chiese cristiane. La gente non ha dimenticato la difficoltà e le sofferenze della guerra e degli anni dell’occupazione per questo la preghiera per la pace è molto attuale e necessaria. Noi cattolici siamo la maggioranza, ma c’è una comunità ortodossa del patriarcato di Mosca, ci sono luterani ed evangelici e c’è una lunga e bella storia di rapporti ecumenici. Viviamo bene insieme; lavorare per la pace però significa anche assicurare al nostro popolo che siamo pronti a difenderci.

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