Cristina Grigore

Invocano una Romania democratica, basata su valori. Un governo che guidi il Paese in modo onesto e trasparente. Vogliono politici integri, non condannati per vari crimini, dediti al servizio dei cittadini e non piegati sui propri interessi. Chiedono giustizia per tutti, rispetto e responsabilità.
Le migliaia e migliaia di cittadini che protestano ormai da più di una settimana nelle piazze della Romania hanno un’età media intorno ai 30 anni. Non hanno leader e si organizzano sulle reti sociali.
La protesta, sbocciata a Bucarest domenica 22 gennaio, come risposta indignata alle azioni del governo in materia di giustizia, si è estesa, diventando, dal 31 gennaio,

una forma di resistenza popolare, tanto che lo slogan comune è “#rezist”, resisto.

Nella capitale della Romania, in piazza della Vittoria, davanti alla sede del governo, la gente va e viene tutti i giorni, dal mattino fin dopo la mezzanotte. I manifestanti si infittiscono ovviamente la sera, dopo il lavoro, e nel fine settimana. La loro resistenza in strada, anche con temperature ben sotto lo zero, ha fatto impressione, ha suscitato domande, ha attirato l’attenzione e infine ha risvegliato l’intero Paese. I romeni sono scesi sempre più numerosi nelle strade a protestare, in più di cento città della Romania e anche all’estero, in Danimarca, Inghilterra, Irlanda, Grecia, Norvegia, Olanda, Australia, Spagna, Germania, Austria, Italia, Francia, Stati Uniti, Repubblica Ceca, Belgio, Ungheria, Canada, Israele, Giappone, Portogallo, Polonia, Finlandia, Svezia, Svizzera, Lussemburgo.
Fra loro studenti, giovani, lavoratori, pensionati, famiglie con figli, anche molto piccoli. In gruppi – parenti, colleghi di lavoro o di studi, amici – o individualmente, i manifestanti si dimostrano gente pacifica, educata, allegra, carica di ironia.Lo si vede passando in mezzo a loro, leggendo i messaggi sui cartelloni issati, così fantasiosi, intelligenti, creativi e divertenti.È una rivolta del buon senso. Cantano ogni sera l’inno nazionale della Romania e domenica scorsa, 5 febbraio, quando più di mezzo milione di persone sono scese in strada in tutta la nazione, la gente radunata, nella capitale, in piazza della Vittoria e nelle strade adiacenti ha acceso contemporaneamente le luci dei telefonini: un mare di luce ha inondato non solo le strade, ha illuminato il cuore e l’anima di un intero Paese.
Intanto, il partito al potere (il governo, eletto da poco più di un mese, è guidato dal socialdemocratico Sorin Grindeanu) e il presidente della Repubblica Klaus Iohannis (conservatore del Partito nazionale liberale) si accusano a vicenda per aver provocato le proteste. Il governo romeno, dopo aver approvato una legge definita dai media “salva corrotti”, domenica scorsa, sotto la pressione delle proteste, l’aveva ritirata.
Il capo dello Stato è intervenuto in parlamento il 7 febbraio affermando – dopo che i deputati della maggioranza avevano lasciato l’aula –: “La Romania ha bisogno di un governo che eserciti le sue funzioni in modo trasparente, che lavori alla luce del giorno e che non si nasconda approfittando del buio della notte. Il governo è chiamato a fare buone leggi per la Romania, non per risolvere i problemi di un gruppo di politici”.
Intanto i manifestanti annunciano sui social network grandi manifestazioni nel prossimo fine settimana.I rappresentati delle Chiese cattolica e ortodossa hanno invitato i fedeli alla preghiera, chi protesta alla calma e a evitare ogni violenza, e i politici alla responsabilità per il bene della società romena.A Bucarest oggi è ricominciato a nevicare e sulla piazza della Vittoria si è steso uno strato sottile di neve. Alle prime ore del mattino, due giovani, con in mano la bandiera della Romania, hanno scritto sulla neve, a caratteri cubitali: rezist!

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