islamAngelo Paoluzi

Il Giubileo della misericordia proclamato da Papa Francesco nel 2016 ha indirettamente sollecitato effetti su altre confessioni cristiane e su altre fedi religiose; in particolare ha acceso l’interesse di quel settore della cultura musulmana che negli ultimi decenni insiste per una revisione dei criteri interpretativi, in particolare del Corano, sui quali si è adagiata negli ultimi secoli una parte della teologia islamica. Fra i protagonisti di questa esigenza, specialmente presenti nel mondo accademico tedesco, il docente universitario Mouhanad Khorchide che, nell’ultimo numero di “Christ & Welt” (supplemento religioso dell’autorevole rivista di Amburgo “Die Zeit”), ha pubblicato un articolo dal titolo quanto mai esplicito: “Anche l’islam ha bisogno di un anno della misericordia”.

Non da ora Khorchide è impegnato nel tentativo di storicizzare il Corano

e nella necessità di riportarlo al significato originale. A suo parere la parola del profeta Maometto sarebbe stata appesantita da interventi impropri, i cosiddetti “hadit”, superfetazioni interpretative dettate spesso da interessi politici e dalle lotte delle varie sètte tribali che si sono contese, in modo anche feroce, il potere dopo la morte del fondatore.
Nel citato articolo si riconosce che possa sembrare assurdo, quando risuona nelle orecchie della gente il “terrore in nome dell’islam”, richiamarsi al concetto di misericordia, ma si replica: “il libro sacro dei musulmani, il Corano, insiste appunto sulla misericordia come nessun altro libro sacro. Fa da categoria centrale dell’annuncio islamico sottolineando come Maometto sia stato inviato da Dio esclusivamente come messaggero della misericordia per tutto il mondo (Corano, 21:107)”. E si aggiunge che la misericordia è la sola cosa, come si è affermato in più di un versetto dello stesso libro, “per cui Dio si è impegnato”.
Lasciamo naturalmente all’autore la responsabilità delle affermazioni fatte.Ricordiamo comunque che Khorchide ha partecipato a Roma lo scorso ottobre a una conferenza internazionale organizzata in Vaticanocui hanno partecipato studiosi cattolici e islamici, per approfondire nelle rispettive religioni il significato di misericordia. Un concetto del quale lo stesso Khorchide si trova a essere un antesignano con il libro “Islam è misericordia” (“Islam ist Barmherzigkeit”), pubblicato in Germania nel 2012 dall’autorevole editrice cattolica Herder, e che purtroppo non ha suscitato un analogo interesse in Italia.
Nell’articolo per “Christ & Welt” si riconosce con una buona dose di autocritica che l’islam ha trascurato il Dio misericordioso privilegiando una sua meno simpatica accezione. Così che alcuni settori della teologia islamica hanno giustificato e continuano a giustificare la violenza contro i non musulmani da convertire, l’inferiorità della donna nella società, addirittura la pena di morte nei confronti di chi passa a un altro credo e degli omosessuali e, su un piano intellettuale superiore, condannano la ricerca filosofica e le scienze umanistiche. Tutto ciò, scrive Khorchide, sconvolge “il discorso coranico sulla misericordia di Dio, che chiama a sé gli uomini soltanto per mezzo dell’amore”, come dimostrano le numerose citazioni del Profeta in quanto annunziatore del Dio misericordioso.

L’intervento dello scrittore musulmano si conclude con una serie di interrogativi

che offrono la chiave dei problemi che dovrebbero essere affrontati in una rivisitazione teologica del suo mondo: “Come pensare di conseguenza nell’islam a un Dio misericordioso rivolto con la sua grazia soltanto ai musulmani? Ci si interessa così a un Dio unicamente con il titolo ‘musulmano’, ‘cristiano’, ‘credente’, ‘ateo’, ‘agnostico’? Un Dio misericordioso si assume il diritto di punire i non musulmani con l’inferno eterno, non per quanto hanno fatto ma per ciò che sono: appunto non musulmani? Soltanto i musulmani possono rispondere a queste e ad altre domande in un discorso teologico serio al di là di argomentazioni emotive e da pretese pregiudiziali”.
Come si vede, un discorso diretto in particolare a una società talmente chiusa che Khorchide e tutta una serie di intellettuali e docenti che la pensano come lui vivono sotto la protezione della polizia tedesca a causa delle minacce ricevute. Ma è un buon segno che ci sia una stampa sulla quale potersi esprimere e che si abbia continuamente notizia di altri uomini di cultura di estrazione islamica che aderiscono a una visione tollerante e liberale dell’interpretazione teologica. Nella speranza che diventi realtà quell’auspicio di un “anno musulmano della misericordia”.

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