CEIDi Vincenzo Corrado

C’è sguardo e sguardo. C’è lo sguardo attento e quello distratto. C’è lo sguardo d’insieme e di unità e quello frammentato e ripiegato su se stesso. E, ancora, c’è lo sguardo capace di tessere e di costruire e quello orientato solo a dividere.

Nella prolusione con cui il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha aperto la sessione invernale del Consiglio permanente (Roma, 23-25 gennaio), si trova descritta una delle dinamiche tipicamente sinodali con cui accostarsi alla realtà. Lo sguardo, appunto, unito all’ascolto intimo, non della pancia, ma del cuore del Paese e della Chiesa.

Non è un caso, quindi, che a fare da cerniera ai vari punti del testo del cardinale vi sia proprio il termine sguardo.

Innanzitutto, perché è una parola che, appartenendo al lessico di Papa Francesco, dice di una “comunione reale” tra la Chiesa italiana e il Santo Padre. Di più: è un termine che, secondo la spiritualità ignaziana, offre un grande ventaglio di significati: osservare, discernere, contemplare e anche prendersi cura…

Insomma, lo sguardo esprime attenzione e vicinanza e apre alla disponibilità, all’arricchimento reciproco, alla relazione. In una parola: all’ascolto. Questo vale non solo a livello ecclesiale, ma anche e soprattutto sociale, culturale e politico. Ascolto attento con il desiderio di andare oltre, di “riscaldare il cuore”.

Proprio come è avvenuto, in questi mesi, con la “cronaca pesante e perdurante” che ha interessato il Centro Italia. “Le continue scosse, le eccezionali nevicate, le vittime, i feriti, gli affetti, le case, le chiese e i paesi distrutti – afferma il cardinale – ci hanno portato a esprimere in diversi modi la nostra vicinanza solidale alle popolazioni colpite dal sisma”.

È uno sguardo di attenzione, che continua a manifestarsi attraverso gli occhi dei tanti parroci che, “comportandosi da veri pastori”, sanno essere vicini al proprio popolo e lenire traumi e ferite. Sono gli occhi anche dei tanti soccorritori e volontari accorsi sui luoghi delle tragedie. In un certo modo, sono anche gli occhi delle comunità cristiane che, “in risposta alla colletta indetta dalla Cei – ricorda il cardinale Bagnasco – hanno contribuito finora con quasi 22 milioni di euro” per venire incontro ai bisogni primari di chi è rimasto senza niente. E sono pure gli occhi della stessa Conferenza episcopale italiana che, “oltre al primo milione di euro stanziato dai fondi otto per mille il giorno stesso delle prime scosse – sottolinea sempre il cardinale – ha messo a disposizione di ogni diocesi interessata dal sisma 300mila euro per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale”.

Questo è uno sguardo di solidarietà.

C’è poi lo sguardo di compassione, tipico di una Chiesa in uscita, che sa essere presente – come non manca di ripetere il presidente della Cei – nelle “difficili condizioni in cui versa una fascia sempre più ampia di popolazione”.

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Qui si parla di disoccupazione giovanile, di Mezzogiorno, di famiglie in situazione di povertà crescente, di migranti e rifugiati, di minori non accompagnati, di vittime di persecuzione e violenza, di povertà e guerra. Ma anche di temi più scottanti come il fine vita, argomento in primo piano in queste settimane di dibattito politico. In proposito lo sguardo non può che essere fermo e deciso. “Crediamo – ribadisce Bagnasco – che la risposta alle domande di senso che avvolgono la sofferenza e la morte non possa essere trovata con soluzioni semplicistiche o procedurali; la tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento”.

È uno sguardo d’insieme e di unità.

Infine, c’è lo sguardo di cura e gratitudine, rivolto in modo particolare verso i presbiteri, cui sarà dedicata parte dei lavori del Consiglio episcopale con l’esame del Sussidio sul rinnovamento del clero, e verso i giovani, al centro dell’agenda ecclesiale dei prossimi anni con il Sinodo loro dedicato.

È lo sguardo di una Chiesa-madre che sa osservare con tenerezza, dentro e fuori di sé. E sa vivere realmente la comunione come sua dimensione costitutiva. Una Chiesa-madre che vive la tenerezza e la misericordia, capace di tessere, attenta e vicina a tutti… in comunione. La conferma nella parole finali del cardinale Bagnasco: “In questa luce, vi ringrazio, cari Confratelli, dell’accoglienza che avete voluto prestarmi e del confronto collegiale che assicureremo in questi giorni”.

È lo sguardo di comunione.

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