Udienza papa francesco

ZENIT – di Luca Marcolivio

VATICANOSperare o, come dicono alcuni, “pensare positivo”, sarà sempre un “bisogno primario dell’uomo”. Lo ha ricordato papa Francesco durante l’Udienza Generale di ieri mattina, proseguendo il ciclo di catechesi iniziato con il tempo d’Avvento.

Secondo il Santo Padre “è importante che tale speranza sia riposta in ciò che veramente può aiutare a vivere e a dare senso alla nostra esistenza”. In tal senso “la Sacra Scrittura ci mette in guardia contro le false speranze che il mondo ci presenta, smascherando la loro inutilità e mostrandone l’insensatezza”, a partire dalla denuncia della “falsità degli idoli”, in cui spesso l’uomo ripone le sue vane speranze.

La fede, ha ricordato il Pontefice, si sperimenta soprattutto nella “fragilità”, quando si “sente il bisogno di certezze diverse, di sicurezze tangibili, concrete”. L’uomo però tende a cercare “consolazioni anche effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere”: “denaro”, “alleanze con i potenti”, “mondanità”, “false ideologie”.

A volte pretendiamo “un dio che possa piegarsi alle nostre richieste e magicamente intervenire per cambiare la realtà e renderla come noi la vogliamo; un idolo, appunto, che in quanto tale non può fare nulla, impotente e menzognero”.

Bergoglio ha esemplificato con un aneddoto nella sua esperienza pastorale in Argentina: recandosi un giorno a piedi da una chiesa all’altra, l’allora arcivescovo di Buenos Aires transitò in mezzo ad un parco dove aveva incontrato dei “veggenti”, con una discreta “coda” di persone davanti a loro, per farsi leggere il futuro. Si trattava di chiromanti che, a pagamento, leggevano la mano e dicevano: “c’è una donna nella tua vita, c’è un’ombra che viene, ma, tutto riuscirà bene”. Una vera “stupidaggine” ha commentato il Santo Padre, che ha menzionato anche il film Miracolo a Milano, dove il protagonista si pagare perché essere lodato e perché gli diano una “falsa speranza”. Quando però arriva la vera speranza, quella portata da Gesù Cristo, che “ha dato la vita per noi”, va a finire che “non ci fidiamo tanto”.

Di seguito, il Papa ha citato il Salmo 115, che parla di idoli d’“argento e oro”, con bocche che non parlano e occhi che non vedono (cfr. Sal 115,4-8): “realtà limitate che trasformiamo in assolute, o quando riduciamo Dio ai nostri schemi e alle nostre idee di divinità; un dio che ci assomiglia, comprensibile, prevedibile”; mentre Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’uomo “si fabbrica un dio a sua propria immagine, ed è anche un’immagine mal riuscita: non sente, non agisce, e soprattutto non può parlare”.

Tra gli idoli dei nostri tempi: le “ricchezze”, il “potere e il successo, con la loro illusione di eternità e di onnipotenza” ma anche “valori come la bellezza fisica e la salute”, che, se assolutizzate, “invece di favorire la vita conducono alla morte”. E si diventa “incapaci di aiutare, cambiare le cose, sorridere, donarsi, amare”. Bergoglio ha quindi menzionato un altro episodio, particolarmente doloroso, di una donna della sua precedente diocesi, “che si vantava della sua bellezza” e arrivò ad ammettere: “Eh sì, ho dovuto abortire perché la mia figura è molto importante”. Dal rischio dell’idolatria e della mondanizzazione, non sono esenti nemmeno gli “uomini di Chiesa”, ha aggiunto Francesco.

Confidare in Dio, come suggerisce il Salmo citato (cfr. Sal 115,9.10.11.12), è il migliore antidoto agli idoli e “ci fa entrare, per così dire, nel raggio d’azione del suo ricordo, della sua memoria che ci benedice e ci salva”, ha quindi concluso il Santo Padre.

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