20170101_183144

Riportiamo di seguito l’omelia di monsignor Carlo Bresciani, vescovo di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, pronunciata durante la messa di ieri, domenica 1° gennaio nella Chiesa di San Benedetto Martire.
Con l’occasione è stato presentato il messaggio di Papa Francesco per la 50a Giornata della Pace, voluta da Paolo VI nel 1968, che quest’anno ha per tema:“La non violenza: stile di una politica per la pace”.

Nell’ottavo giorno dopo il Natale, la Chiesa, per antichissima tradizione, celebra la solennità della maternità divina di Maria, dogma proclamato solennemente al Concilio di Efeso e che esprime bene la fede della Chiesa nel mistero del Natale: quel bambino che Maria ha generato è vero uomo, ma anche vero figlio di Dio e Dio egli stesso. Per cui, colui che Maria ha generato è la seconda persona della santissima Trinità, unico Dio con il Padre e con lo Spirito santo. L’opera della donna Maria, la sua vera grandezza nella fede, è stata quella di donare se stessa perché Dio si rendesse presente visibilmente nel mondo con la sua opera di salvezza rivolta a tutta l’umanità.

Generando al mondo Dio, Maria ha dato il suo straordinario contributo alla riconciliazione dell’umanità divisa: ha introdotto Colui che ha riunito popoli e nazioni rappacificandoli tra loro e con Dio. Colei che dà la vita opera per la pace, è l’icona stessa dell’opera di pace, la quale non è data solo dall’assenza della guerra, ma dalla dedizione a custodire la vita umana, ogni vita umana. Ogni forma di violenza è, infatti, una lesione della pace e della dignità umana. Chi vuole la pace non può che coltivare uno stile di vita da cui sia assente ogni forma di violenza psicologica, verbale o fisica che sia.

Proprio per questo, il papa al suo tradizionale messaggio per la 50a giornata della pace da celebrarsi il primo dell’anno, e voluta dal beato Paolo VI, ha dato il titolo: “La non violenza: stile di una politica per la pace”.
Ogni soppressione della vita umana, anche di quella non ancora nata, è una gravissima violenza, quindi lesione della pace. Purtroppo il nostro mondo, che desidera la pace, ha introdotto l’accettazione, quando non addirittura la propaganda, di un drammatico collegamento tra maternità e violenza sul non ancora nato.

Chi desidera veramente la pace rifiuta e contrasta ogni forma di violenza, quella causata dalle armi, ma anche e soprattutto quella provocata da uno stile di vita sbagliato che entra nei rapporti sociali, attraversa le famiglie e si scarica sempre sui più fragili e sui più deboli, quali sono le donne e i bambini. Giustamente il papa nel suo messaggio sottolinea che “Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della non violenza in primo luogo all’interno della famiglia” (n.5): luogo in cui deve trionfare la “cura gli uni degli altri in modo disinteressato e i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono”.

Dinanzi al frantumarsi del tessuto sociale, sempre più percorso da forme violente di contrapposizione che non rispettano neppure la dignità delle persone e che insinuano nei cuori dei cittadini, non la ricerca del bene comune, ma l’esasperazione degli interessi privati o di parte, occorre che la politica (e tutti noi) recuperi, anche nel linguaggio, uno stile non violento di mediazione nei conflitti che sono fisiologici all’interno di una compagine sociale. Una sana politica tende ad includere, a generare maggior uguaglianza e rispetto delle diversità che inevitabilmente esistono nella società, a identificare procedure contro l’esclusione sociale dei meno avvantaggiati e dei più bisognosi, accettando la fatica, a volte davvero grande, della ricerca incessante di un dialogo che riconcili le opposte o diverse progettualità.

Dinanzi al moltiplicarsi nel mondo dei focolai di violenza che provocano gravissime e negative conseguenze sociali (il papa ha parlato a ragione di una ‘terza guerra mondiale a pezzi’), noi, non dovendo gestire la politica internazionale, possiamo avere l’impressione di potere molto poco, se non alzare la voce perché chi di dovere agisca e pensi i rapporti internazionali secondo uno stile non violento, negoziando strade di pace, anche là dove esse appaiono tortuose e persino impraticabili. In questo modo, la non violenza potrà assumere un significato ampio e nuovo: non solo aspirazione, afflato, rifiuto morale della violenza, delle barriere, ma anche metodo politico realistico, aperto alla speranza. Si tratta di un metodo politico fondato sul diritto, di cui è necessario riconoscere la forza, in modo da poter superare e prevenire i conflitti armati.

Con il suo Messaggio, papa Francesco intende indicare un passo ulteriore, un cammino di speranza adatto alle presenti circostanze storiche: ottenere la risoluzione delle controversie attraverso il negoziato, evitando che esse degenerino in conflitto violento. Dietro quesa prospettiva sta anche il rispetto per la cultura e l’identità dei popoli, dunque il superamento dell’idea secondo cui  una parte ha dignità inferiore all’altra.

Ascoltiamo ancora il papa: “Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale. La non violenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è superiore al conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso. Certo, può accadere che le differenze generino conflitti: affrontiamoli in maniera costruttiva e non violenta, così che le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita” (n. 6).

Lo stile non violento non può, quindi, essere inteso in senso di resa, disimpegno o passività di fronte alla realtà, ma progetto di società da costruire attivamente, denunciando e contrastando ogni forma di violenza con uno stile che permea tutti gli ambiti di vita: personale, familiare, sociale, economico, politico e religioso. La Chiesa è in modo particolare impegnata a far comprendere che “nessuna religione è terrorista”, che la violenza è una profanazione del nome di Dio, che è Amore, per cui “mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra”(papa Francesco, Discorso, Assisi, 20 settembre 2016).

E’ lo stile non violento della vita di Gesù che riconcilia i popoli; è lo stile della maternità di Maria che custodisce e protegge la vita; è lo stile della vita di Giuseppe che custodisce la dignità della donna anche nella sua maternità.

Unendomi a papa Francesco, esorto tutti: “impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire società non violente, che si prendono cura della casa comune. ‘Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace’” (Appello, Assisi, 20 settembre 2016).

Carissimi buon anno a tutti, che sia un anno di pace, con l’aiuto di Dio e la buona volontà di tutti.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *