Vescovo Natale32

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 25 dicembre.

«Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Di cosa ci fa dono il Natale? Di un bambino appena nato, senza gloria e senza splendore, avvolto in fasce in una mangiatoia. Un bambino: non può parlare, non può imporre nulla, non può imporsi, è fragile, ha bisogno che altri lo accudiscano. Un bambino che nasce nella debolezza e nella povertà, in una condizione che è estranea ad ogni regalità.

Proprio questo bambino, dalla nascita alla morte, racconterà Dio con la sua vita, le sue parole, il suo comportamento, con gli sguardi e le carezze, con le mani che abbracciano e curano, con il suo corpo offerto, dato, consegnato.

Racconterà di un Dio non solo presente in mezzo a noi, ma uno di noi, umanità della nostra umanità.

Un Dio che non si accontenta di accompagnarci “a distanza”, un Dio che non assume per un periodo di tempo delle sembianze umane, ma un Dio che sceglie di condividere in tutto, gioie e dolori, fatica, sentimenti, la nostra umanità.

E chi, per primo, riceve questa buona notizia?

«C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce». L’angelo appare a dei pastori. Non all’imperatore Cesare Augusto, tronfio dei suoi possedimenti, non a Erode che pensa che Dio sia un pericolo alla propria realizzazione, non ai sacerdoti pieni delle loro convinzioni assolute, non alla brava gente di Gerusalemme…

Pastori: uomini e donne dalla vita anonima, sbiadita, inutile, che si sono arresi davanti al mondo competitivo, i cui sogni sono finiti…uomini che toccano con mano l’esperienza del limite. Di loro, ci dice il Vangelo, «la gloria del Signore [li] avvolse di luce…».

Dio che si fa uomo non si presenta al mondo sfolgorante della sua gloria… Dio che si fa uomo riveste di gloria, della sua gloria, l’uomo.

Natale diventa così la certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatta sua, è santa e che la nostra storia è sacra.

Da quella notte, cioè, non si può più dire Dio senza mettergli accanto la parola uomo, perché Gesù è il Dio-uomo, perché la nostra mortalità è entrata in Dio e la vita di Dio è entrata in noi.

 

 

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