aleppo festa

Zenit – di Federico Cenci

SIRIA – 

“La gente di Aleppo Est sta vivendo momenti di giubilo, liberata dai terroristi che usavano i civili come scudi umani”. Il suono di queste parole ha uno spartito diverso rispetto a quello che siamo stati abituati ad ascoltare in Occidente.

Molti media hanno descritto la liberazione della città siriana da parte delle truppe governative come fosse un flagello, mentre sul campo, nonostante inevitabili difficoltà ed episodi di ferocia, la popolazione viveva quei momenti come la fine di un incubo.

Ne dà testimonianza il dott. Nabil Antaki. Classe ’41, gastroenterogolo, quando la guerra ha investito anche Aleppo, è stato sollecitato a fuggire per aver salva la vita. Ma ha scelto di rimanere. È rimasto a Mouhafaz, il suo quartiere, che si trova nella zona occidentale della città, perché “la gente durante il conflitto aveva più che mai bisogno di cure”.

Fedele al giuramento di Ippocrate, ha svolto il suo lavoro nel corso di tutte le fasi di questo truce conflitto che ha avuto come teatro Aleppo. E ora che il suono dei mortai si è finalmente acquietato, il dott. Antaki racconta a ZENIT la sua esperienza, non senza far trapelare più di una nota di polemica nei confronti dei media occidentali.

***

Dott. Antaki, ieri in Occidente è stato indetto un “Aleppo Day”, per esprimere solidarietà alla popolazione della città siriana. Qual è la situazione sul posto? Molte persone hanno perso casa durante il conflitto…

La situazione di Aleppo è ora molto migliorata rispetto agli ultimi quattro anni. La città è stata ormai quasi del tutto liberata dai ribelli-terroristi. Gli abitanti di Aleppo percepiscono un senso di sicurezza, non ci sono stati colpi di mortaio nei giorni scorsi come invece è stata l’abitudine per quattro anni. In particolare sta vivendo momenti di giubilo la gente di Aleppo Est, liberata dai terroristi che usavano i civili come scudi umani.

Certo, in migliaia sono rimasti senza casa, la maggior parte di loro quattro anni fa, quando i ribelli hanno invaso alcuni quartieri di Aleppo Est, nel luglio 2012. Mezzo milione di persone in quel momento è stato costretto ad abbandonare la propria abitazione e si è riversato nei quartieri occidentali sotto il controllo del Governo siriano. La situazione da questo punto di vista è comunque critica, si stima che l’80% dei cittadini di Aleppo è attualmente sfollato.

Da medico, può dirci qual è la condizione sanitaria della città?

Attualmente non è più catastrofica come lo era prima della liberazione. Non è ancora del tutto positiva ma è accettabile.

In Occidente ha avuto molta enfasi la liberazione di Aleppo, in particolare per la questione dei civili intrappolati nella zona orientale della città…

L’evacuazione è stata difficile per due motivi: il primo è che alcuni dei ribelli hanno rifiutato l’accordo sull’evacuazione e hanno sparato sui civili che intendevano fuggire. Hanno continuato ad usare i civili come scudi umani. La seconda ragione è che i ribelli inizialmente non hanno adempiuto a un loro impegno sottoscritto nell’accordo: non hanno tolto il blocco su due villaggi sciiti da loro assediati nella provincia di Iblid, così non hanno consentito l’evacuazione in quel luogo di feriti e malati.

Sta descrivendo una situazione diversa da quella che siamo stati abituati ad ascoltare in Occidente. Crede che l’informazione riguardo Aleppo dei media occidentali non sia stata accurata?

Certamente, non è stata accurata e molto spesso non è stata vera. Hanno esagerato e amplificato gli effetti degli attacchi aerei (della coalizione russo-siriana, ndr), hanno dato molto risalto alla sofferenza degli abitanti di Aleppo Est, ma quasi mai hanno segnalato quella dei loro concittadini della zona Ovest, dove ogni giorno c’erano molte vittime a causa dei colpi di mortaio sui quartieri da parte dei ribelli. Inoltre i media non hanno dato il giusto peso al fatto che una città di un milione e mezzo di abitanti si è trovata senza fornitura di acqua per via dell’interruzione volontaria delle condotte da parte degli stessi ribelli.

Secondo Lei, perché c’è disinformazione riguardo alla Siria?

Fin dall’inizio della guerra, i media occidentali non sono stati né neutrali e nemmeno oggettivi. Non avevano inviati sul campo. Le loro principali fonti di informazione sono state l’Osservatorio siriano per i diritti umani e social media come Facebook. Per quanto riguarda questo Osservatorio, è un’agenzia creata prima dell’inizio della guerra, con sede a Londra, diretta da un uomo con un obiettivo: disinformare. A proposito di disinformazione, ricordo che i video e le immagini ripresi dalla stampa occidentale, venivano pubblicati sui social da attivisti vicini ai terroristi. Molti di questi video si sono rivelati falsi, alcuni riguardavano tragedie di altri Paesi e sono stati fatti passare come filmati in diretta dalla Siria. È così che l’opinione pubblica è stata disinformata e manipolata.

Lei usa spesso il termine terroristi. Tutti gli oppositori di Assad lo sono?

Quasi tutti i gruppi armati sul terreno sono terroristi islamici. Essi non sono soltanto avversari di Assad, ma anche dello Stato siriano. Non sono democratici. Vogliono istituire uno Stato islamico. Il resto, gli avversari pacifici di Assad, hanno lasciato già la Siria, alcuni ancor prima che iniziasse la guerra, sono immigrati in Europa e non hanno più legami con la patria.

Crede che Assad abbia il sostegno della maggioranza?

Penso di sì, perché la maggior parte del popolo siriano ha scoperto poche settimane dopo l’inizio della guerra che ciò che stava accadendo non era una rivoluzione volta a portare più democrazia, più rispetto dei diritti umani. La maggior parte dei siriani sapeva fin da subito che la il grosso degli avversari armati contro Assad era formato da terroristi, jihadisti (90mila stranieri) che volevano distruggere il nostro Paese ed installare uno Stato islamico.

Lei è cristiano. Come sono cambiate le condizioni della comunità cristiana in Siria dall’inizio del conflitto?

La Siria è uno Stato laico. La nostra condizione prima della guerra e durante la guerra non è cambiata. Come i nostri amici musulmani, i cristiani in Siria si considerano come siriani prima ancora che cristiani. Si è verificato però un calo incredibile di cristiani ad Aleppo. I tre quarti hanno lasciato il Paese. Ciò costituisce una grande sofferenza, perché siamo stati i primi cristiani sulla terra e la Siria è stata la culla del cristianesimo.

Che futuro politico vede per il suo Paese?

Sconfitti definitivamente i terroristi, il futuro della Siria dovrà essere determinato dal popolo siriano senza interferenze straniere.

Che Natale sarà per il popolo di Aleppo?

Per la prima volta in cinque anni, il Natale sarà celebrato con gioia ad Aleppo. La sensazione di sollievo del cristiano, ora che Aleppo è libera dai terroristi, è molto importante. È stata già fatta una rapida pulizia e ristrutturazione delle cattedrali cristiane devastate dai terroristi: è in questi luoghi che si celebrerà il Natale, con partecipazioni di massa. In giro si vedono decorazioni e – ripeto – per la prima volta dopo cinque anni la gente sarà relativamente felice.

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