EuroDi Maurizio Calipari

Così lontani, così vicini. Ovviamente non ci stiamo riferendo all’omonimo programma trasmesso dalla Rai qualche tempo fa. Piuttosto ne prendiamo in prestito il titolo per provare a descrivere in qualche modo il travagliato rapporto degli italiani con la politica, o almeno con “questa” politica attuale. Sconfitte e vittorie, dimissioni e nuovi incarichi, “valzer” delle poltrone, programmi mai realizzati, proteste, insulti reciproci, ironie sui social, e chi più ne ha più ne metta.

Mentre la vita quotidiana della gente comune – che per tanti coincide ormai con la dura lotta per una sopravvivenza dignitosa – sembra proseguire per proprio conto, sempre più avulsa e distante da “questa” politica, nella quale ripone ormai pochissima fiducia.

Anche perché, “questa politica” sembra non voler prendere coscienza di tale distanza dalla realtà o, perlomeno, sembra disinteressarsene. … Così lontani…!
Per non parlare poi delle brutture che, di tanto in tanto, irrompono nella cronaca peggiorando – se possibile – questa situazione di mala-politica. Come la recente notizia di un ulteriore caso di voto di scambio (oltre che di associazione mafiosa e coercizione elettorale in concorso), occorso in Puglia durante le elezioni politiche regionali del 2015, e venuto alla luce solo ora, in occasione dell’arresto di 22 persone coinvolte.
Succo della questione, il tentativo d’ingerenza delle cosche mafiose nella politica locale, attraverso il sostegno “prezzolato” di alcuni candidati. Nel caso specifico, si tratta di Natale Mariella, imprenditore barese, candidatosi alle elezioni regionali del 2015 con la lista dei Popolari. Costi dell’operazione? 50 euro per ogni voto procurato, di cui 20 all’elettore condiscendente e 30 alla cosca (il clan barese dei Di Cosola). Mariella aveva così ricevuto centinaia di voti, soprattutto nei Comuni in cui non era dato tra i favoriti, ma senza riuscire a farsi eleggere.
Al di là degli aspetti criminosi e penali della vicenda, non si può non cogliere un elemento davvero inquietante. Alcuni cittadini, per 20 euro (ma avrebbe potuto trattarsi anche di cifre molto più alte), hanno di fatto “venduto” il proprio voto, cedendone la sovranità al “miglior offrente”. Poca cosa, di fronte a “questa politica”? No, non è poca cosa, è una pessima e gravissima notizia.

Perché quel voto “svenduto” (o, in alcuni casi, estorto) aveva un valore altissimo, costituiva il diritto/dovere per il cittadino di esprimere liberamente la scelta dei propri rappresentanti nella gestione del bene comune.

E’ vero, “questa” politica deve urgentemente cambiare rotta e ritrovare con coerenza la sua vocazione originaria: spendersi, con ogni energia, a servizio della comunità civica e del bene comune. Ma anche i cittadini devono al più presto ritrovare – e custodire gelosamente – la propria dignità di co-protagonisti della politica, in quanto liberi elettori e destinatari finali dell’azione politica stessa. Dunque, tornare ad essere… così vicini! Perché il diritto/dovere di voto, costato fatica e sangue alle generazioni che ci hanno preceduto, non può certo essere “venduto”, svalutato, svilito, reso insignificante. Nella nostra società, esso è ancora espressione di dignità personale, convivenza democratica, solidarietà sociale, responsabilità comune, progettualità condivisa.
Non permettiamo, dunque, che alcuno ci derubi di questa ricchezza, né la mala-politica, né la mafia, né il cinico calcolo di supposti interessi individualistici. Vigiliamo insieme – se necessario, richiamando ciascuno alle proprie responsabilità specifiche e denunciando le storture – perché i vantaggi della democrazia possano davvero riverberarsi sul benessere comune e, soprattutto, di chi sperimenta maggiori difficoltà.

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