PapaZenit di Luca Marcolivio

Anche il mondo dell’imprenditoria agricola può convergere pienamente con i principi dell’ecologia umana integrale espressi dall’enciclica Laudato Si’. Il tema è stato affrontato da papa Francesco, nell’udienza da lui concessa ai partecipanti alla riunione dell’Associazione Rurale Cattolica Internazionale (ICRA).

Il lavoro agricolo, ha affermato il Santo Padre, è “a volte molto faticoso” ma spesso “compiuto nella consapevolezza di fare qualcosa per gli altri, coltivando con passione la terra per garantirne i frutti, seguendo i cicli delle stagioni e affrontando i disagi dovuti ai cambiamenti climatici, purtroppo aggravati dalla negligenza umana”.

L’attività dell’ICRA, è ben “radicata nella visione dell’insegnamento sociale della Chiesa” e ben rappresenta “quell’imperativo di «coltivare e custodire il giardino del mondo» (Enc. Laudato si’, 67) a cui siamo chiamati se vogliamo dare continuità all’azione creatrice di Dio e proteggere la casa comune”, ha commentato il Pontefice.

Attualmente, ha aggiunto, viviamo “il paradosso di un’agricoltura non più considerata settore primario dell’economia, ma che mantiene una evidente rilevanza nelle politiche di sviluppo, negli squilibri della sicurezza alimentare come pure nella vita delle comunità rurali”. È solo per mezzo dell’agricoltura, dunque, che è possibile dare risposta “alla povertà e alla scarsità di cibo” in alcune aree del pianeta. Al tempo stesso, però, sussistono una “carenza degli apparati istituzionali”, una “iniqua acquisizione di terre la cui produzione è sottratta ai legittimi beneficiari”, “ingiusti metodi speculativi” e mancano “politiche specifiche, nazionali e internazionali”.

Anche il settore agrario è dominato dalla “dimensione del mercato” e degli “affari”, con il rischio di “sacrificare i ritmi della vita agricola, con i suoi momenti di lavoro e di tempo libero, del riposo settimanale e della cura della famiglia”. Il risultato è che, in questo campo, “lo sviluppo non è uguale per tutti, come se la vita delle comunità dei campi avesse un valore più basso”. Inoltre “per i piccoli contadini la partecipazione alle decisioni resta lontana, per l’assenza delle istituzioni locali e la mancanza di regole certe che riconoscano come valori l’onestà, la correttezza e la lealtà”, ha denunciato il Papa.

La storia dell’ICRA, tuttavia, mostra quanto sia possibile “coniugare l’essere cristiani con l’agire da cristiani nella realtà del mondo agricolo”, considerando la “persona umana”, la “dimensione familiare e sociale”, il “senso della solidarietà” come “valori essenziali”, anche in situazioni di “sottosviluppo e povertà”.

Il “ruolo propositivo” dell’ICRA, dunque, potrebbe aiutare “il mondo rurale a non rimanere ai margini delle decisioni politiche, dei piani normativi o dell’azione nei diversi settori della vita sociale e dell’economia”, ha sottolineato Francesco.

A riscuotere il consenso del Pontefice è anche l’atteggiamento critico dell’ICRA nei confronti del modello dell’“agribusiness”, a vantaggio dei “bisogni reali, secondo le condizioni delle persone e dei luoghi”, al fine di “evitare non solo perdite e sprechi nella produzione, ma anche l’incauto ricorso a tecniche che, in nome di un abbondante raccolto, possono eliminare la varietà delle specie e la ricchezza della biodiversità”.

Non basta però, ha puntualizzato il Santo Padre, “partecipare ai processi” decisionali: è fondamentale operare “per un cambiamento di strategie e di progetti” mantenendo “una competenza che si sostituisca all’improvvisazione, anche quella che esprime una buona volontà o un senso spiccato di altruismo”.

Papa Francesco ha quindi congedato i rappresentanti dell’ICRA richiamandoli a “uno stile di vita sobrio e una cultura del lavoro agricolo che ha i suoi fondamenti, come pure i suoi obiettivi, nella centralità della persona, nella disponibilità all’altro e nella gratuità”.

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