GentiliAmoris laetitia è “frutto di un lungo cammino di voci di popolo e di voci di Chiesa, di un gran lavoro sinodale anche fuori dalle mura sinodali. Chi ha accompagnato questo cammino ha accolto con gioia il documento; chi non lo ha fatto può invece provare un po’ di imbarazzo nel doverlo attuare, come se si sentisse la distanza tra il tempio e il fuori del tempio, mentre il documento abbatte questi muri e crea veramente un ponte fra tra la Chiesa e la società di oggi, la società concreta”. Lo ha detto don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia, a margine del corso di formazione e aggiornamento per animatori di “Animatema di famiglia” che si chiude domani a Roma. “In queste settimane – spiega don Gentili – stiamo girando molto le diocesi incontrando, clero, religiosi/e, operatori pastorali, famiglie. Si è messa in moto una serie di iniziative sul territorio. Molti hanno dedicato un anno intero di riflessione e stiamo vedendo i primi frutti”. Per il direttore dell’Ufficio Cei, “c’è un nuovo modo di accompagnare le nuove situazioni e questo chiede uno sguardo nuovo anche verso i matrimoni che falliscono e che chiedono tanta pazienza nell’accogliere, nell’accompagnare e nel discernere le cosiddette famiglie ferite, soprattutto nell’integrarle, come dice il Papa, dentro una nuova cittadinanza nella Chiesa”. Ma vi sono anche famiglie ancora “unite” ma che “hanno perso la gioia dell’amore familiare, hanno smarrito il dialogo, il guardarsi negli occhi che ricostruisce la giornata. Famiglie che attraverso questa chiesa ‘formato famiglia’ possono invece ritrovare la vera letizia dello stare insieme”. Per don Gentili, Amoris laetitia “parla un linguaggio carico di gesti concreti; ci si ritrova una ‘santità del pannolino’, delle lotte con i figli adolescenti, delle bollette da pagare, del lavoro venuto a mancare o del troppo lavoro che uccide i rapporti. Una vita familiare incarnata nel quotidiano ma illuminata dal Vangelo”.

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