PapaZenit di Salvatore Cernuzio

Parla di laicità, Francesco, al giornale belga Tertio al quale concede una lunga intervista a tutto campo. Una sana laicità, ben differente dal laicismo, aperta alla trascendenza. Poi denuncia la mancanza di veri leader in Europa e stigmatizza ancora una volta le guerre e le violenze in nome di Dio. Ai giovani chiede di “non avere paura”, mentre incita i sacerdoti a porre in atto “una rivoluzione della tenerezza in questo mondo che patisce la cardiosclerosi”. Infine, ammonisce i mezzi di comunicazione a non scadere nella tentazione di calunnia e disinformazione e incoraggia a progredire verso “una Chiesa sinodale” che si muove “dall’alto in basso”. La stessa Chiesa che ha approvato con una maggioranza di 2/3 l’esortazione apostolica Amoris Laetitia. 

Il laicismo che non rispetta l’apertura alla trascendenza “pota” la persona

Alla domanda sull’impostazione attuale della politica nazionale che vuole separare la religione dalla vita pubblica, Bergoglio risponde secco: “Non voglio offendere nessuno”, ma “è un’impostazione antiquata. Questa è l’eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo in cui ogni fenomeno religioso è una subcultura. È la differenza tra il laicismo e laicità…”. Esiste, infatti, “una sana laicità, per esempio la laicità dello Stato”. E, in generale, afferma il Papa, “uno Stato laico è una cosa buona; è migliore di uno Stato confessionale, perché gli Stati confessionali finiscono male”. Tuttavia una cosa è la laicità, un’altra è il laicismo: “Il laicismo chiude le porte alla trascendenza” sia verso gli altri e soprattutto verso Dio.  Ma “l’apertura alla trascendenza fa parte dell’essenza umana. Fa parte dell’uomo”. Quindi, “una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza della persona umana ‘pota’, taglia la persona umana. Ossia non rispetta la persona umana”, sottolinea il Pontefice. Che rimarca, dunque, che “demandare alla sacrestia qualunque atto di trascendenza” è tagliare alla “natura umana buona parte della vita”.

“Non si può fare la guerra in nome di Dio”

Contro natura sono anche le violenze che scaturiscono da differenze religiose. “Nessuna religione come tale può fomentare la guerra. Perché in questo caso starebbe proclamando un dio di distruzione, un dio di odio”, afferma Francesco. “Non si può fare la guerra in nome di Dio o in nome di una posizione religiosa. Non si può fare la guerra in nessuna religione. E perciò il terrorismo, la guerra non sono in relazione con la religione. Si usano deformazioni religiose per giustificarle, questo sì.… Ma sono deformazioni religiose, che non riguardano l’essenza del fatto religioso, che è piuttosto amore, unità, rispetto, dialogo, tutte queste cose…”.

Fondamentalismi ammalano religioni

Come già in precedenza, il Papa mette in guardia da quei “gruppetti fondamentalismi” che si annidano in ogni religione. “Tutte. Anche noi”. E “da lì distruggono, a partire dal loro fondamentalismo. Ma sono questi piccoli gruppi religiosi che hanno deformato, hanno ‘ammalato’ la propria religione, e da qui combattono, fanno la guerra, o fanno la divisione nella comunità, che è una forma di guerra”. 

“Mai più la guerra” preso poco sul serio. Oggi siamo in guerra e si fabbricano armi

A proposito di guerra, il Vescovo di Roma constata con rammarico che, a cent’anni dalla Prima Guerra Mondiale, “quel ‘Mai più la guerra!’ non è stato preso sul serio, perché dopo la Prima c’è stata la Seconda, e dopo la Seconda, c’è questa terza che stiamo vivendo adesso, a pezzetti”. “Siamo in guerra”, afferma Bergoglio, “il mondo sta facendo la terza guerra mondiale: Ucraina, Medio Oriente, Africa, Yemen… È molto grave”.  Il “Mai più la guerra!” viene detto, quindi, solo con la bocca, perché intanto “fabbrichiamo armi e le vendiamo; e le vendiamo agli stessi che si combattono; perché uno stesso fabbricante di armi le vende a questo e a questo, che sono in guerra fra di loro”. “C’è una teoria economica – aggiunge – che nella storia dell’umanità, quando uno Stato vedeva che i suoi bilanci non andavano, faceva una guerra e rimetteva in equilibrio i propri bilanci. Vale a dire, è uno dei modi più facili per produrre ricchezza. Certo, il prezzo è molto alto: il sangue”.

In Europa mancano veri leader

Manca dunque una sincerità di fondo nel dire “Mai più la guerra!”, secondo il Papa, e mancano leader in Europa del calibro di Schumann, De Gasperi, Adenauer. “Al giorno d’oggi mancano leader; l’Europa ha bisogno di leader, leader che vadano avanti…”, osserva Francesco.

Il Giubileo? Un’idea dall’alto. È andato molto bene

Che scansando l’ipotesi di un prossimo viaggio in Belgio – al quale comunque si dice “affezionato” – trae un bilancio dell’Anno della Misericordia da poco concluso che “evidentemente è andato molto bene”. “Non è stata un’idea che mi è arrivata di colpo”, prendendo le mosse da Paolo VI e Giovanni Paolo II. “Un bel giorno – racconta – ho detto a mons. Fisichella, che era venuto per questioni del suo Dicastero: ‘Come mi piacerebbe fare un Giubileo, un Anno giubilare della Misericordia’. E lui mi ha detto: ‘Perché no?’. E così è iniziato l’Anno della Misericordia. È la migliore garanzia che non è stata un’idea umana, ma che viene dall’alto”. Esso, prosegue il Santo Padre, “ha creato tanto movimento” in tutto il mondo e molta gente si è “sentita chiamata a riconciliarsi con Dio”, a “sentire la carezza del Padre” e la sua misericordia. Una misericordia, evidenzia Papa Francesco citando Dietrich Bonhoeffer, che “è a caro prezzo e a buon mercato”. “A buon mercato” perché “non c’è da pagare niente”, “non si devono comprare indulgenze”; a “caro prezzo” perché “è il dono più prezioso”, perché “il nome di Dio è misericordia”.

Verso una Chiesa sinodale (e non “piramidale”) che parte dal basso

Nel colloquio, il Pontefice parla pure di “Chiesa sinodale”, ovvero quella che “nasce dalle comunità, dalla base, dal Battesimo; e si organizza intorno ad un vescovo, che la raduna, le dà forza; il vescovo che è successore degli Apostoli”. Una Chiesa diversa da quella “piramidale”, dove “quello che dice Pietro si fa”. “O c’è una Chiesa sinodale, in cui Pietro è Pietro, ma accompagna la Chiesa, la lascia crescere, la ascolta; di più, impara da questa realtà e va come armonizzando, discernendo quello che viene dalle Chiese e lo restituisce”, spiega Bergoglio.

Sinodi: abbiamo discusso come fratelli, ascoltando e non condannando

L’esperienza “più ricca” in tal senso sono stati gli ultimi due Sinodi. “Lì – rammenta – si sono ascoltati tutti i vescovi del mondo, con la preparazione; tutte le Chiese del mondo, le diocesi, hanno lavorato”. “Ognuno ha detto quello che pensava, senza paura di sentirsi giudicato. E tutti erano nell’atteggiamento di ascoltare, senza condannare. E poi si discuteva come fratelli nei gruppi. Però una cosa è discutere come fratelli e un’altra è condannare a priori. C’è stata una libertà di espressione molto grande”.

Amoris Laetitia approvata da 2/3 dei Padri

Tutta questa ricchezza è confluita nella esortazione Amoris laetitia: “il risultato di due Sinodi, dove ha lavorato tutta la Chiesa, e che il Papa ha fatto sua”, annota Bergoglio, ricordando che il suo documento (più volte criticato) “è stato approvato da più dei 2/3 dei Padri”. E questo “è una garanzia”.   

Giovani senza paura e sacerdoti senza vergogna della tenerezza

In conclusione, il Successore di Pietro si rivolge ai giovani del Belgio: “Che non abbiano paura; che non abbiano vergogna della fede” e “di cercare strade nuove”, dice. E incoraggia i non credenti a “cercare il significato della vita”, a “cercare orizzonti, e non andare in pensione a 20 anni”. Ai sacerdoti offre, invece, “una risposta un po’ salesiana” e cioè: “Ricordati che hai una Madre che ti ama, e non smettere di amare tua Madre, la Vergine”. “Se sei un sacerdote orfano, che si è dimenticato di avere una Madre; se sei un sacerdote che si è allontanato da colui che ti ha chiamato, che è Gesù, non potrai mai portare il Vangelo”, ammonisce Francesco. La strada è la “tenerezza”. “I sacerdoti non abbiano vergogna di avere tenerezza”, soprattutto oggi “in questo mondo che patisce la cardiosclerosi”.

Media: utili ma se cadono in calunnia e disinformazione “fanno danno”

L’ultima riflessione di Papa Francesco è sui mezzi di comunicazione che “hanno una responsabilità molto grande” perché possono formare “una buona o una cattiva opinione”. Essi, ribadisce il Pontefice, possono fare “un bene immenso” e diventare “costruttori di una società”; al contempo “possono diventare dannosi”, usati “per calunniare, per sporcare la gente, questo soprattutto nel mondo della politica”. Una tentazione dei mass media, avverte il Pontefice, è anche quella di diventare “mezzi di diffamazione” o di scadere nella “disinformazione” che è “probabilmente il danno più grande che può fare” un mezzo di comunicazione, “perché orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità”. L’auspicio del Papa è dunque che i media possano essere “molto limpidi e trasparenti”, senza cadere nella “malattia della coprofilia, che è voler comunicare lo scandalo”, le “cose brutte”. 

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