Dimarte3A cura di Carlo Gentili

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Abbiamo intervistato Giarmando Dimarti

Perché si crea  attraverso la poesia, la scrittura, la sceneggiatura? Come è nata in te la passione per l’arte?
Domanda complessa. Quindi rispondo prima ai due interrogativi iniziali. Nella mia ultima raccolta poetica, uscita a giugno di quest’anno, il tempo che ci siamo dati, c’è una lirica titolata animula vagula blandula ed è la citazione del primo verso latino di una breve poesia dell’imperatore letterato Publio Elio Traiano Adriano (117-138 d.C.): è il congedo dalla vita filtrato attraverso uno sperdimento interiore, un disorientamento totale, quasi malinconico. Atteggiamento che veniva dalla scuola dei così detti “poeti novelli” i quali, pur vivendo un momento storico considerato l’età aurea del principato, annunciano il presentimento di un decadere prossimo scegliendo un poetare disimpegnato e dotto. Anche la concezione della propria anima, quindi, ne esce sminuita. Infatti potremmo tradurre il termine animula con: piccola anima o animuccia, e aggiungere gli aggettivi: vagabonda e leggera. La mia risposta oppositiva a questo atteggiamento rinunciatario va nella percezione di uno sperdimento che se da un lato è coscienza di un limite fisico-cognitivo, dall’altro diviene necessità di misurarsi con una grandezza illimite in cui ci sentiamo immersi, e di cui, in qualche modo facciamo parte. La creazione risiede in questa sfida continua, che ciascuno materializza con le proprie scelte. Ne consegue che, e assolvo il terzo interrogativo, tanto più questa sfida è sentita tanto più nasce e cresce la passione artistica.

I miei riferimenti tout court: Francesco di Assisi, Dante, Neruda, Pirandello, Tardieu, Testori.

Dimarte2Arte come sogno, come fuga, come impegno o come denuncia…?
Qualcuno mi ha definito un “poeta civile” perché i miei testi affrontano problematiche attuali: dall’11 settembre alla guerra irachena, dalla chiusura dell’Anno Santo 2001 all’apertura di quello attuale, dal problema dei profughi alla visita di papa Francesco all’isola di Lesbo, dai femminicidi alla solitudine dell’uomo tecnologico ecc. Debbo dire che fortemente critica e preoccupata è la mia analisi  sulla società nella quale vivo, e che cerco di pungolare con il mio linguaggio aspro, tagliente e, in certi momenti, anche ostico. Ma, a parte lo specifico dei miei interventi, penso che la poesia, quando supera la soglia del semplicistico sfogo personale ed esce fuori dalla sciatteria linguistica, sia capace, per sua stessa natura, di elevarsi a summa di quanto tu hai diversificato nella domanda.

Lo studio della poesia, dei testi teatrali, della letteratura nelle scuole…? Come affascinare ragazzini disattenti? Con quali modalità? Con quali mezzi? Tu come faresti…?
Ho sempre reputato la missione dell’insegnare, che ho sperimentato per diversi anni come Ordinario di Materie Letterali e Latino presso il Liceo Scientifico “T. C. Onesti” di Fermo, una delle attività, se non l’attività, più difficile e delicata che esista. A qualsiasi livello. Anche se per l’esergo della mia prima raccolta poetica Elegie dopo avevo riportato due versi aforismatici del poeta tedesco contemporaneo Arnfrid Astel: Ho avuto cattivi maestri

è stata una buona scuola.

Aver scelto un poeta di epigrammi politici, quindi satirico, e averlo usato per aprire un volume di elegie, significava per me il massimo della contestazione verso la poesia che consideravo istituzionalizzata. Ma c’era una seconda ragione. Il sintagma cattivo maestro per me assumeva un significato particolare, quello cioè di maestro preso (dai suoi alunni), vale a dire di uno che non impone la propria verità ma la cerca con gli altri mettendo  a disposizione le proprie conoscenze, le proprie esperienze. Detto questo, penso che il mezzo più importante per affascinare gli interlocutori sia quello di suscitare in loro l’interesse per ciò con cui si rapportano. E questo esige una competenza a trecentosessanta gradi e uno sforzo aggiornativo di tutto rispetto. Trovare sempre un motivo di attrazione che li possa coinvolgere, anche fuori dai testi scolastici, e far uso di percorsi che sommino diverse discipline per offrire un quadro della realtà, anche di quella più lontana, quanto più rispondente al vero, sottolineando la diversità con il presente è il modo più intelligente di smuovere la loro curiosità. Non ultimo, il coinvolgimento diretto assegnando temi di approfondimento secondo i singoli interessi ed inclinazioni naturali.

La competenza nel ramo poetico/letterario quanto incide nel tuo percorso artistico?
La competenza è sempre un punto di partenza. E quanto più questa si muove in diverse direzioni, tanto più l’arricchimento diviene composito. Ma l’arte esige uno scivolamento che superi la logica competenziale per imboccare un percorso che diventi in-competente, e rintracci i dati di quello sperdimento di cui parlavo all’inizio.

Ci sono segni, tracce, percorsi   ricorrenti che “legano” i tuoi lavori nei vari campi (poesia, letteratura, sceneggiatura)? Oppure, prediligi una ricerca che utilizza sempre nuovi percorsi e nuove modalità operative?
Non mi sono mai posto un simile problema. Ogni opera nasce “nuova” e segue un percorso autonomo. Certo delle tracce possono rimanere, soprattutto quelle connotative del fare nelle pieghe delle proprie convinzioni.

Il tuo ricordo più bello, più affascinante, più emozionante legato al tuo modo di fare arte…
Penso sia quello legato al ritiro del premio di poesia “Città di Arsita”.
Nell’agosto 1978 pubblico, presso la tipografia La Rapida di Fermo, la prima raccolta di liriche Elegie dopo. L’anno successivo, all’ultimo momento, invio  i volumi, nove se non ricordo male, per partecipare al Premio  Nazionale di Poesia “Città di Arsita”. Della giuria fanno parte tra gli altri: Giorgio Barberi Squarotti, Ruggero Jacobbi, Gaetano Salveti, Nando Filograsso, Benito Salone, Ugo Fasolo, Roberto Sanesi. Segretario ed ideatore del premio era Igino Creati, poeta, critico ed insegnante di Lettere, più tardi inventore del famosissimo Premio Internazionale di Narrativa Città di Penne-Mosca. Quindi una giuria di tutto rispetto. A parte l’emozione per la telefonata che mi arrivò una sera sul tardi con la quale mi si annunciava la vittoria, la cosa sorprendente fu quando, un po’ prima dell’assegnazione del premio mi si avvicinò Ruggero Jacobbi, che poi avrebbe letto di persona la lirica Terra di Puglia, e mi disse, dopo una calorosa stretta di mano: Il suo libro non doveva vincere per diversi motivi. Per la pessima veste tipografica, per i diversi refusi, per l’esergo scelto – quello citato sopra al n. 3 – e soprattutto per quella prefazione che attacca aspramente i critici di professione e le giurie dei premi letterari. Ma ci ha convinto la sua poesia per una forte attitudine alla innovazione linguistica e stilistica, con la sua forza inventiva piena di slancio e di passione, non adulterata dai tanti giochi, parole d’ordine, esibizionismi che dilagano nella produzione corrente. Un discorso quindi libero, e fortemente personalizzato. Per essere una prima opera rivela un risultato molto maturo. Non seppi cosa rispondere perché, per dirla con una espressione pirandelliana, remasi basito.

Entriamo nello specifico dei lavori: parlaci del tuo mondo poetico. Le poesie, le pubblicazioni…
Un discorso organico sullo sviluppo del mio lavoro lo si trova nella prefazione della raccolta il tempo che ci siamo dati, da poco uscito, e che ho titolato Itinerario poetico. E quindi è un rimando ed un invito a chi volesse conoscere le ragioni della mia poesia. Qui voglio solo dire che quelle ragioni sono procedute di pari passo con le tappe della mia vita, almeno nella fase della maturità – perché dopo l’esperienza di Elegie dopo (1978) c’è stato un lungo silenzio durato sino al 2000: silenzio pieno di accumuli sensazionali – e ne hanno quindi sottolineato esperienze e situazioni particolari. Poesia di vita potrei quindi definirla la mia, con la contemporaneità che fa sempre da reagente storico. Questo il lungo percorso: Arlecchino e Colombina (2000); Palau Notes (2001); Over dose, (2002); La porta d’acqua (2003); A dispetto del tempo(2004); De(ll’)amore (2006); El grillo è buon cantore (2007); È tutto sotto controllo (2009); En dehors / Il corpo la danza la poesia (2010); quattordici sonate e una sarabanda (2011); Dell’infinitudine (2012); la pula il vento (2013); il tempo che ci siamo dati (2016). Dall’elenco manca un’opera non ancora pubblicata e risalente al 2014, il poema del melograno, che è in attesa di una traduzione in lingua araba.

DimarteRegista e sceneggiatore. Cosa ci racconti?
Prima della poesia è venuto il teatro: dai recitals alle messe in scena. Un lavoro vastissimo. Al 1964 risale la prima sceneggiatura tratta dal racconto deamicisiano Dagli Appennini alla Ande.

 Regista ufficiale dal 1970 al 1977 del G. A. D. (Gruppo Arte Drammatica) Società Operaia di Porto San Giorgio ho proposto e diretto, per più di un ventennio, autori ed opere vicine al delicato momento storico attraversato, perché il teatro fosse sempre un dibattito aperto con lo spettatore, considerato naturale correlativo dialettico. La lunga stagione vede allora l’avvicendarsi di testi cardini come: L’avventura d’un povero cristiano di Ignazio Silone, nel momento in cui la Chiesa cerca il proprio rinnovamento con il Vaticano II; il Tentativo di descrizione d’un banchetto a…, da me scritto su testi di J. Prevert, dove forte era la problematica politica e sociale; per la temperie storica invece scelgo un testo particolare quale Viva l’Italia di D. Maraini sugli irrisolti problemi storici dell’Italia post unitaria – l’autrice assisterà alla rappresentazione andata in scena al Teatro Lauro Rossi Di Macerata (marzo 1975)  lasciando un autografo sul mio copione che conservo con cura: Grazie per il bel lavoro – .

Sempre nello stesso periodo sono chiamato dal gruppo “Teatro popolare per Fermo” per riorganizzare la sceneggiatura ed il testo teatrale di Eia! Eia! Eia! del fermano E. Teodori. Il taglio moderno, scenico e recitativo dato a questo lavoro dialettale sul ventennio, ha colpito nel profondo gli spettatori tanto che Carlo Bronzi, attuale Presidente del Comitato Provinciale AMPI di Fermo, presente all’epoca, volendolo rimetterlo in scena oggi, ne ha proposto la ripetizione a distanza di quaranta anni.

Poi venne la stagione dell’ultimo Giovanni Testori, quello della contestazione assoluta, fino alla conversione dell’Interrogatorio a Maria e parallelamente la scoperta del teatro di Jean Tardieu, sui testi del quale ho scritto L’A B C della vita. Itinerario quasi happening.

Per la riapertura del Teatro Comunale – ero stato uno dei primi a battermi per il restauro di uno dei più antichi manufatti della cittadina fin dagli anni ’70 –  il 12 maggio dello 1992, partecipo alle manifestazioni inaugurali curando l’allestimento e la regia de La famiglia Tot di Istvàn Orkèny, di cui compongo anche il tema musicale insieme a mio figlio Eber.

Il 5 febbraio 1986 ricevo dall’Amministrazione Comunale il premio per l’attività svolta in campo teatrale con la seguente motivazione: Ha svolto per anni un’apprezzata attività di regia teatrale facendo conoscere ai sangiorgesi le esperienze più avanzate del teatro italiano e europeo.

Tra i tuoi lavori anche un libretto operistico sulla Sibilla…
In realtà ho scritto due libretti operistici. Il primo, quello da te citato, ha come titolo: Dell’immaginario: la Sibilla il Cavaliere (2004) musicato dal Euro Teodori ed eseguito in Concerto presso l’Auditorium San Martino di Fermo il 12 ottobre 2014. L’altro è L’albero della discarica (2007)  con le musiche di Marcello Centini, la cui sintesi in anteprima è stata realizzata presso il teatro Concordia di San Benedetto del Tronto il 25 maggio 2011. Sono entrambe letture della contemporaneità. Ne L’albero della discarica la natura pone rimedio agli abusi ambientali dell’uomo. Il libretto sulla Sibilla non è una semplice rivisitazione delle note storie tra la Sibilla ed il cavaliere di turno, ma una rilettura in cui le esperienze della violenza fisica e morale, della sopraffazione ideologica e falsamente religiosa sono ancora visibili deterrenti di un mondo “assetato” di pace ma in perenne “allerta” di guerra.

Per questo si è fatta una precisa scelta di campo: questa Sibilla, lontano dall’essere una seconda Alcina, maga ammaliatrice e lussuriosa, ed il monte omonimo una Venusberg, è l’incarnazione della saggezza, della laboriosità, della pace: non ha predizioni da fare, ha costituito una reale “comunanza” sociale, è benevola ausiliatrice, ma soprattutto usa un linguaggio, riferito sia alla prassi sia all’eloquio, comprensibile a tutti. Tenta di far recedere Guerin Meschino dalla sua naturale iattanza di rampollo blasonato, di micidiale “macchina da guerra”. Ma il tentativo è mandato a vuoto dall’intervento di un implacabile inquisitore, che con una sintetica terrifica praedicatio savonaroliana richiama duramente Guerino ai suoi impegni di sottomesso alla Chiesa e di sradicatore del male ovunque esso si trovi. Lo scudiero invece comprende il richiamo della Sibilla, si spoglia delle sue armi e rifiuta di seguire il suo padrone nell’ennesima avventura di morte.

La convegnistica: un altro tuo interesse. Progetti realizzati e progetti per il futuro…
La mia innata curiosità intellettuale mi ha  portato ad impegnarmi e produrre anche in questo versante. Storia e letteratura soprattutto i mie campi d’azione. Sono stati pubblicati: Max Salvadori e la Società Operaia di Porto San Giorgio (1993); La Società Operaia di Porto San Giorgio tra storia comunale e storia nazionale: appunti per una ricerca (1999); Giacomo Leopardi e Fermo (2001)i volumi Microcosmi  leopardiani (I e II), di cui la ricerca fa parte, sono risultati vincitori per la saggistica al XVII Premio “ Città di Torino” – ; L. Bazzani: la poesia della volontà (2002); La Biblioteca Civica “G. Pieri” dal febbraio 1992 all’ottobre 2000 (2002); Giuseppe Fracassetti nella storia politica e culturale dell’800(2009); Società e storia nelle fonti documentali  della Società Operaia di Mutuo Soccorso “G. Garibaldi” di Porto San Giorgio (2009).

Un progetto per l’immediato futuro è un intervento su Ercole Luigi Morselli (1882-1921), interessante figura di scrittore pesarese, nell’ambito di un Convegno organizzato per il prossimo anno dall’Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti di cui sono socio effettivo.

Arte e spiritualità: il tuo pensiero.
Rispondo citando i versi che chiudono la lunga riflessione de la pula il vento:
vado senza sapere come dietro a un segno certo
una speranza che muove tutto il mio essere
e mi traghetta nell’infanzia dell’anima
in un approdo esterrefatto di bonaccia
ripercorro a fatica la sospensione arcale del ponte
che il buio regge in un incontinente sforzo d’ombra
Grottammare irresistibile nel suo look aggiornato*
fragranza germinata su un indugio magico di costa
mi sfugge con insolita distanza
risalendo velocemente il vecchio incasato
Santa Maria dei Monti*
architettura conventuale alta sopra i gradini veloci dell’aria
s’affaccia pura silente incontaminata dietro la notte
come una luna selvaggia di saggezza e di fede
appoggiata all’abside del cielo

* Tratto del lungomare da Via Ballestra alla foce del Tesino inaugurato il 21 luglio 2012.

* Chiesa dei frati minori, costruita insieme al convento in posizione collinare (120 m. sul livello del mare) agli inizi del ‘600. Vi è conserva un immagine  della Madonna col Bambino, lacerto della chiesa preesistente eretta tra il XIV e il XV secolo.

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