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Clima: chiude Cop22, avanti impegni Parigi ma pochi fondi Paesi poveri

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DIRE/SIR

MARRAKECH –  Si è chiusa nella notte di Marrakech la COP22 superando lo scoglio finanziario, grazie alla disponibilità manifestata dai paesi poveri. Quindi “da Marrakech arriva un segnale chiaro e forte. Da Parigi non si torna indietro, la sua direzione di marcia è irreversibile- spiega alla Dire Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente a Bruxelles, presente alla COP22- Tutti i governi si sono impegnati a rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi entro il 2018”.

Va tuttavia sottolineato, prosegue, “che i risultati concreti sono modesti, in particolare per quanto riguarda il sostegno finanziario dei paesi industrializzati all’azione climatica dei paesi poveri”. Il risultato di maggior rilievo, comunque, “è l’adozione del programma di lavoro, con un calendario di verifiche intermedie serrato, per definire la governance dell’Accordo entro la COP24 del 2018- spiega Albrizio- quando è prevista la prima revisione degli impegni assunti a Parigi lo scorso dicembre”.

A Marrakech, i governi hanno ribadito – sotto la forte spinta soprattutto dei paesi in via di sviluppo – l’urgenza dell’azione climatica immediata, concordando la necessità di aumentare gli impegni di riduzione delle emissioni prima del 2020, in coerenza con gli ambiziosi obiettivi di Parigi di contenere l’aumento della temperatura globale ben al disotto dei 2 gradi e facendo ogni sforzo per limarla a 1.5 gradi. Tuttavia non vi sono stati impegni concreti in questa direzione.

A partire dall’Europa, che a Marrakech ha rivendicato più volte la sua leadership nell’azione climatica globale, “senza che a queste dichiarazioni siano poi seguiti impegni concreti”, segnalano però fonti che hanno seguito i lavori. L’Europa può impegnarsi ad aumentare la riduzione delle sue emissioni passando dal 20 al 30% entro il 2020, senza grandi sforzi. Un impegno a portata di mano, visto che ha già superato il 20% con diversi anni di anticipo e ha un trend del 30% di riduzione delle sue emissioni al 2020. “Sarebbe sufficiente cancellare il surplus di quote di emissioni assegnate alle imprese e ai governi nazionali, in modo da non consentirne l’utilizzazione nella fase post-2020 e rendere così strutturale la sua riduzione del 30%”, precisano le stesse fonti.
A Marrakech è stato anche concordato che alla COP24 del dicembre 2018 si potranno rivedere i primi impegni di riduzione delle emissioni, incrementandoli in coerenza con gli obiettivi di Parigi. “Questo deve essere il momento in cui l’Europa mette in campo la sua leadership con impegni ambiziosi- dice Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente a Bruxelles- L’Europa deve arrivare a questo importante appuntamento politico con impegni di riduzione al 2030 ben più ambiziosi dell’attuale 40% e con una strategia di decarbonizzazione della sua economia in grado di raggiungere zero emissioni entro il 2050”. A Marrakech i paesi industrializzati – sebbene abbiano confermato l’impegno a garantire entro il 2020 almeno 100 miliardi di dollari l’anno per finanziare l’azione climatica dei paesi più poveri – “hanno purtroppo mostrato scarsa volontà politica nel sostenere l’adattamento delle comunità vulnerabili ai mutamenti climatici in corso- proseguono le fonti presenti alla COP22- Il gap tra quanto necessario e quanto destinato all’adattamento rimane ancora elevato”. È quindi “indispensabile che anche in questo caso, l’Europa dimostri nei fatti la sua leadership contribuendo ad assicurare che almeno la metà degli aiuti pubblici ai paesi più poveri sia destinato all’adattamento”.

Insomma, serve un segnale forte dell’Europa. Non può più nascondersi dietro Stati Uniti e Cina. Deve dimostrare con i fatti la sua leadership nell’azione climatica globale, rivendicata ancora una volta a Marrakech. Un impegno indispensabile non solo per dare gambe all’Accordo di Parigi. Ma soprattutto per lo sviluppo di un’economia europea fossil-free. La sola in grado di farci vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l’occupazione e la competitività delle imprese europee. Una sfida che l’Europa e l’Italia non possono fallire.