PescatoriSAN BENEDETTO DEL TRONTO – Quando si pensa al mare viene subito in mente la sua maestosità e la sua bellezza, magari anche le vacanze estive, ma il mare parla anche di marinai obbligati a vivere lunghi periodi di lontananza dalle famiglie; di ritmi lavorativi stressanti ed oggi anche dei molti emigranti, in cerca di migliori condizioni di vita, che spesso vi trovano la morte.

Quello del mare è un mondo con dinamiche e caratteristiche proprie, un mondo spesso non conosciuto o addirittura ignorato, ma carico di una grande ricchezza umana. E’ un mondo che vede persone impegnate in un lavoro duro e che spesso vivono esclusi dai consueti circoli relazionali. La Chiesa, fin dalle origini ha familiarità col mare, lo stesso Gesù usava la barca per attraversare il lago di Tiberiade, spesso per le sue dimensioni definito “mare”; tra gli apostoli c’erano diversi pescatori, e dalla loro barca Gesù annuncia il Vangelo alla folla che si accalca sulla riva. La comunità cristiana da sempre si concepisce come la barca di Pietro, che, capo degli apostoli, guida attraverso il mare del mondo, e getta le reti della missione per raccogliere nel regno di Dio la maggiore quantità di uomini.

Anche da qui nasce la pastorale marittima che desidera accompagnare persone che fanno un lavoro carico di professionalità, ma duro, faticoso e persino logorante, con orari e ritmi quasi proibitivi, esposte alle intemperie e alla severità dell’inverno, all’irrequietezza e alla pericolosità del mare, spesso lontane dagli affetti familiari. Compito dell’apostolato del mare è quello di esprimere e testimoniare la vicinanza di Dio e della comunità cristiana ai marittimi e alle loro famiglie, e a quanti, per diverse necessità, sono a contatto con la realtà del mare o lo solcano in cerca di speranza e di un futuro migliore.

Tale presenza richiede il lavoro sinergico delle comunità cristiane, la cooperazione con le istituzioni civili, oltre la vicinanza di tutti nei momenti difficili. Ultimamente, causa la perdurante crisi, vi è anche una maggiore pressione del cosiddetto dumping sociale, che, tradotto in parole povere, per i marittimi equivale a prendere o lasciare. Purtroppo non è l’unico ambito lavorativo a presentare ferite ma, rispetto ad altri, esso è quello più isolato e, quindi, più vulnerabile. Certamente non è di aiuto la scarsa coesione che a volte si riscontra negli stessi marittimi. Un cambiamento avviene quando c’è coesione; quando si diventa un’unica voce e un unico cuore si riesce ad ottenere ciò che è giusto. Questo è il primo servizio che può offrire la Chiesa: provare a costruire quest’unità iniziando a porre segni reali e concreti di solidarietà.

Il giorno 28 ottobre 2016 a Roma è prevista una manifestazione di protesta del mondo della pesca organizzata da “Marinerie d’Italia” a seguito delle tante, troppe, normative che, a detta degli organizzatori, cadono dall’alto sulla testa degli armatori e pescatori, senza un minimo di concertazione con chi quotidianamente vive le problematiche connesse all’attività di pesca. Si tratta di far presente al governo ed alle istituzioni tutte lo stato di difficoltà che sta vivendo, ormai da troppi anni, il mondo della pesca e  sollecitare  un tavolo di concertazione per discutere e trovare  soluzioni comuni agli attuali problemi del settore.

La Chiesa auspica che si trovino soluzioni adeguate per chi chiede condizioni di lavoro più giuste e rispettose delle esigenze individuali e familiari.

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