cattolici e luteraniZenit, di Salvatore Cernuzio

Con buona pace delle eminenze secondo cui “non c’è nulla da festeggiare”, è indubbiamente un traguardo la commemorazione del 500° della Riforma che cattolici e luterani celebreranno a Lund, il 31 ottobre prossimo, alla presenza di Papa Francesco. Un traguardo perché il risultato concreto di circa 50 anni di dialogo, condotti scrupolosamente tenendo conto delle differenze, ma cercando di superare trionfalismi e polemiche che hanno finora rappresentato un pantano per la realizzazione di una vera comunione. 

Un traguardo che anche Benedetto XVI avrebbe voluto realizzare, magari nella sua Germania (cosa quasi impossibile), come confermato dal portavoce vaticano Greg Burke nel briefing di oggi illustrativo del viaggio del Pontefice in Svezia del 31 ottobre – 1° novembre. E un traguardo perché fino a qualche anno fa era “impossibile” anche solo pensare ad un evento congiunto cattolico-luterano per i 500 anni della Riforma di Lutero, come ha detto il pastore Martin Junge, segretario generale della Federazione Luterana Mondiale, seduto al banco dei relatori insieme al card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani.

“Negli anni ‘80 nessuno avrebbe creduto che luterani e cattolici sarebbero stati capaci di raggiungere un accordo sulla questione della giustificazione, come è avvenuto nel 1999”, ha detto il pastore, “e solo pochi anni fa se si fosse parlato di una commemorazione comune dei 500 anni della Riforma di Martin Lutero molti avrebbero detto: impossibile”.

Il viaggio che il Papa si appresta a compiere lunedì prossimo è dunque la dimostrazione “che le cose impossibili a volte diventano possibili”. E anche che si è “sulla buona strada” per ricucire quegli strappi dati nel passato da conflitti e controversie. “La nostra speranza è di dare un segno ecumenico forte che dice che il nostro dialogo in questi anni è andato avanti e che la fiducia reciproca è cresciuta”, ha detto Jung, “i tempi sono maturi per muoversi dal conflitto alla comunione, anche se ci sono sul terreno ancora molti ostacoli da rimuovere”.

Il tema della giustificazione, ad esempio, che rimane una questione pendente seppur con il documento del ’99 sia stata giudicata teologicamente matura da poter passare dalla fase del confronto a quella della ricezione ufficiale da parte delle due Chiese. Poi ci sono le questioni relative a eucaristia, Chiesa e ministero, sulle quali – ha informato il card. Koch – si sta attualmente lavorando in Finlandia per una seconda dichiarazione congiunta.

“Su questi temi c’è, a livello regionale, un dialogo avviato che procede bene. Siamo sulla buona strada per risolvere questi tre punti, e possiamo andare sulla via di una nuova dichiarazione su questi temi”, sono state le parole del cardinale svizzero. Il quale ha scansato interrogativi del tipo “cosa ci sarà di nuovo” nel viaggio del Papa: “La novità consiste nel fatto stesso che abbiamo una commemorazione comune”, considerando che le varie celebrazioni e centenari del passato erano condotte non di rado con “toni trionfalistici o polemici”.

Non c’è tuttavia da aspettarsi stravolgimenti, tantomeno passi avanti sull’altro spinoso tema dell’intercomunione, come precisato da Greg Burke. Certo è che, ha evidenziato Koch, “il Papa è pronto a fare sorprese, ma se si raccontassero in anticipo le sorprese non sarebbero più sorprese”.

Sempre il porporato ha poi risposto a chi domandava se il Papa approfitterà della visita per togliere la scomunica a Martin Lutero: “Non può toglierla, la scomunica è finita con la sua morte” ha affermato, parafrasando la nota risposta di Giovanni Paolo II ad un simile quesito. “Una scomunica termina con la morte di una persona e un Papa non ha il potere di cambiare le cose nell’eternità”.

Ben altro “è quello che possiamo dire su Lutero e quello che possiamo anche imparare da Lutero”; ad esempio, ha ricordato il presidente del Dicastero per l’Unità dei cristiani, “il bel discorso pronunciato da Giovanni Paolo II a Mainz” o quello di Benedetto XVI a Erfurt, in cui sottolineò “che la maggiore preoccupazione di Lutero era la centralità di Dio e di Cristo”. O, ancora, le parole di Papa Francesco sul volo di ritorno dall’Armenia: “Lutero aveva buone intenzioni”.

Questa ‘riabilitazione’ della figura del monaco tedesco – ha spiegato Koch – fa parte di quei tre punti fondamentali evidenziati dal Documento congiunto del 2013 sul rapporto cattolico-luterano, dal titolo Dal conflitto alla comunione (ora scelto per il motto del viaggio del Papa). In esso era evidente  la considerazione che “Lutero non ha voluto creare frazioni o nuove chiese, ma rinnovare la Chiesa cattolica. Al suo tempo non era però possibile, quindi è arrivata la divisione e le guerre confessionali terribili, come quella dei 30 anni che ha trasformato l’Europa in un fango rosso sangue”.

Gli altri due punti evidenziati nel documento sono la gratitudine per i passi avanti compiuti e la speranza per i “buoni frutti” del futuro. “E per questo possiamo festeggiare” ha detto il cardinale, in risposta a un giornalista che ricordava le parole del card. Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, secondo il quale “i cattolici non hanno nulla da festeggiare per la data del 31 ottobre del 1517 che segna l’inizio della divisione nella Chiesa”. È vero pure, ha spiegato Koch con ironia, che “festeggiare in italiano e in tedesco non significa la stessa cosa… In italiano si può festeggiare tutto!”.

In ogni caso, “non dobbiamo fare opposizione tra diversi cammini ecumenici, spirituale, quello culturale, quello pratico” ha rimarcato Koch, “tutto deve andare insieme, i teologi e tutti gli altri”.

Anche perché oggi ci sono urgenze pratiche e sociali che devono affrontare i cattolici quanto i luterani. “Viviamo in un tempo di frammentazione, in un mondo ferito dalle guerre”, ha osservato Jung, “camminare insieme è una potente testimonianza che diamo e un grande contributo non solo sul piano pratico ma anche per crescere insieme nella fiducia reciproca”.

Il pastore ha voluto infine evidenziare “il grande interesse dell’opinione pubblica” per la visita del Papa, una figura stimata in Svezia e nei paesi nordici perché “affronta temi forti che preoccupano la comunità umana oggi”. Come ad esempio quello dei rifugiati, per cui il Pontefice ha pronunciato “parole chiare e profetiche”. Al medesimo tempo, in un Paese green come la Svezia “la voce del Papa sul tema ecologico è stata ascoltata ampiamente e ha contribuito significativamente all’esito della Cop21 di Parigi”. Dunque Jorge Mario Bergoglio, ha concluso Jung, “può dare un notevole contributo alle difficili situazioni che come famiglia umana ci troviamo davanti”.

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