Premessa SOS Missionario dagli scritti di Padre Antonio Monieri: “Nel 1964 fui destinato, come sacerdote sacramentino, a svolgere la mia attività apostolica in Senegal. Dopo appena un mese di permanenza in Africa fui colpito dalla malaria e per ordine medico dovetti ripartire. Quel breve soggiorno fece crescere in me il desiderio di prodigarmi in tutti i modi per aiutare le popolazioni africane colpite dalle malattie , dalla fame e dalla denutrizione ……. Una categoria di malati mi colpì in modo particolare: i lebbrosi.
Rientrato in Italia, nella parrocchia dei Padri Sacramentini di San Benedetto del Tronto, diedi subito vita ad un gruppo che si impegnasse ad aiutare queste popolazioni sofferenti. Al gruppo demmo il nome di: S.O.S. MISSIONARIO”.

Pierluigi Addarii

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Durante la Marcia della pace “Pegugia-Assisi”, stavo facendo un volantinaggio per far conoscere un progetto di aiuto del SOS Missionario per Aleppo e proporre la sottoscrizione di un appello dei francescani per “fare di Aleppo una Zona di Sicurezza da porre sotto il controllo diretto delle Forze di pace dell’Onu”.

Una persona, dopo aver preso il volantino che gli avevo dato, mi chiede a brutto muso: ”Aleppo Est o Aleppo Ovest?”, iniziando poi un ragionamento sulla responsabilità del regime di Assad e dei suoi alleati russi, che continuano a bombardare la zona orientale, colpendo obiettivi civili e affamando la popolazione. A questo punto si inseriscono nella discussione altre persone che sottolineano invece la responsabilità dell’imperialismo americano che, a partire dall’invasione dell’Afganistan, con i suoi interventi, ha provocato la destabilizzazione dell’area mediorientale. C’è chi evidenzia le colpe del fondamentalismo islamico, che in nome della religione, seminando il terrore, vuole egemonizzare e conquistare un suo territorio.

Ma i tempi della “marcia” non consentono lunghe discussioni: si deve camminare e quindi tutti si rimettono in cammino, credo ognuno rimanendo con le proprie convinzioni.

La situazione in Siria e, più in generale, in Medio Oriente è molto complessa e non ci sono soluzioni semplici; la comunità internazionale deve farsi carico della situazione e la diplomazia dovrà cercare una mediazione che appare sempre più urgente.

Il genocidio della popolazione, che ricorda gli scenari della ex Jugoslavia e dell’Afganistan, si consuma per i veti incrociati delle grandi potenze, a causa del ruolo ambiguo dei paesi arabi, perché si combatte in Siria una guerra che ha radici lontane – sia geograficamente che storicamente-. E con il massacro della popolazione si sta distruggendo anche quel tessuto sociale che ha consentito la pacifica convivenza di uomini di religioni diverse.

Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”: ben si applica l’amaro commento di Livio alla attuale situazione siriana. Mentre l’ONU, la Russia, gli Usa, Assad, l’ISIS, e i tanti attori dell’area  mediorientale fanno accordi che durano lo spazio di un giorno, Aleppo muore.

Penso a Elias, uno dei responsabili di MJO Social Service (un movimento della gioventù ortodossa composta essenzialmente da studenti univesitari), che si trova ad Aleppo sotto le bombe, che ogni giorno con la sua associazione cerca di aiutare chi rimane, senza distinzioni di razze e di fedi, facendo quello che può con quello che ha. Anche se non siamo sempre d’accordo con le sue idee, gli siamo vicini – anche con qualche supporto economico – perché lui e la sua associazione sono un segnale di speranza, un invito a rimanere “nonostante tutto”…, sia a Est che a Ovest.

Gran Pavese, Padre Monieri con SOS Missionario

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