++ CHIESA: CORTE STRASBURGO, NO A CROCEFISSI NELLE CLASSIDi Maria Chiara Biagioni

Via i corsi di religione dalla scuola. Al loro posto lezione di filosofia e cittadinanza. Colpito a morte il 22 marzo scorso dagli attentati compiuti al grido di “Allah Akbar”, il Belgio ha deciso di prendere le distanze dalle religioni e il 21 ottobre del 2015 il governo della Federazione Vallonia-Bruxelles ha deciso con un decreto di introdurre e proporre agli studenti delle scuole pubbliche obbligatorie  (dal 2016, agli alunni delle primarie, nel 2017 a quelli delle secondarie) un corso di “educazione alla filosofia e alla cittadinanza”, alternativo al corso di religione.

Con l’inizio dell’anno scolastico, il decreto sta cominciando ad avere nelle scuole i primi effetti. Per questo, è  stata convocata una riunione di urgenza il 6 settembre a Bruxelles alla quale hanno partecipato tutti i rappresentanti dei culti presenti in Belgio.Scopo della riunione, dare voce ad inizio di anno scolastico alla preoccupazione di vedere i corsi di religione ostacolati e talvolta addirittura soppressi nelle scuole primarie del Belgio francofono.Ci sono tutti: monsignor Jozef  De Kesel, arcivescovo di Malines-Bruxelles; il metropolita ortodosso Athenagoras; Ph. Markiewicz, presidente del Concistoro israelitico del Belgio;  Salah Echallaoui, presidente dell’Esecutivo musulmano; i presidenti delle Chiese protestanti ed evangeliche del Paese. Condividono la stessa “preoccupazione dei genitori quando sono venuti a sapere che in alcune scuole il corso di religione era saltato o che i professori di religione erano stati confinati ad incontrare i loro studenti in sale di studio”, e quindi non nella loro classe.

Nel corso dell’incontro i leader religiosi denunciano anche la pressione fatta dalla Fapeo (la Federazione che riunisce le associazioni dei genitori) che ad inizio anno ha distribuito nelle scuole un volantino per invitare le famiglie a dispensare i ragazzi dai corsi di religione e morale e iscriverli a quelli di educazione alla filosofia e alla cittadinanza. Iniziativa per la quale i genitori dei ragazzi cattolici musulmani, ebrei, ortodossi protestanti ed evangelici non sono stati informati.

Al termine della riunione, i responsabili dei culti hanno sottoscritto un comunicato-appello per dire al Belgio che:“I valori della fede, della giustizia, del dialogo e della pace che si ritrovano in tutte le convinzioni, permettono non solo di approfondire le radici della loro cultura religiosa, ma sono anche un lievito potente per costruire il vivere insieme”.Per questo chiedono che a fianco dei corsi di educazione alla filosofia e alla cittadinanza, “venga mantenuto il corso di religione, in conformità con la Costituzione e le leggi in materia”. Ed aggiungono: “Nella nostra società, la libertà religiosa e la libertà di espressione sono libertà fondamentali. Un corso di religione permette agli studenti di conoscere meglio il contenuto della fede e di interrogarsi su quel contenuto. Fornisce criteri e griglie di lettura per esprimere le proprie credenze in una società multiculturale e multivaloriale”.

E’ da più di un anno che in Belgio va avanti il dibattito. Dietro c’è una popolazione di 4mila insegnanti, molti dei quali impiegati a tempo parziale. Si teme anche che l’introduzione dei corsi di filosofia e cittadinanza possa mettere a rischio mille posti di lavoro, sebbene a più riprese la ministra dell’insegnamento obbligatorio della Federazione Jöelle Milquet ha sempre garantito che il nuovo decreto del governo non avrebbe toccato i posti di lavoro esistenti.

Sulla questione era intervenuto anche il vescovo monsignor Guy Harpigny, vescovo di Tournai, responsabile dei corsi di religione cattolica: “Come vescovo non oso dire al governo e ad altre istituzioni ciò che deve privilegiare. Ma oserei dire questo. In una democrazia, è sano che ci siano diversi partiti politici. Ma il pluralismo non si limita alla diversità dei partiti. Il pluralismo si esprime anche nelle diverse convinzioni religiose e filosofiche che accompagnano l’evoluzione della mentalità dei popoli, delle nazioni e delle culture”. Il vescovo invita quindi tutti ad interpretare le sfide che il Belgio e l’Europa stanno vivendo alla luce del compito più che mai urgente di “costruire una cultura del vivere” e questo chiama in causa giovani e la scuola. “Offerti da docenti ben formati”, i corsi di religione non devono pertanto essere temuti. Al contrario, dice il vescovo,“aiutano a sviluppare in maniera essenziale domande di senso a partire dalla diverse tradizioni religiose; contribuiscono a decostruire i discorsi radicali; accompagnano gli  studenti ad aprirsi alla dimensione spirituale dell’esistenza e quindi a lavorare attivamente all’incontro dell’altro”.

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