ComeceDi Sarah Numico

Primi giorni di lavoro al segretariato della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) per il domenicano francese Olivier Poquillon, eletto nel marzo scorso dai vescovi delegati dei Paesi che appartengono all’Ue come segretario generale di questo organismo della Chiesa cattolica che segue da vicino il lavoro delle istituzioni comunitarie. La Comece esiste dal 1980 ed è cresciuta in termini “geografici” con il crescere dell’Ue e vanta oggi competenze, autorevolezza e visibilità costruite negli anni e con il passaggio del testimone tra i presidenti (l’attuale è il cardinale tedesco Reinhard Marx) e i 4 segretari che prima di padre Poquillon si sono succeduti nell’incarico.

Curriculum internazionale. Classe 1966, parigino nato in una famiglia molto cattolica, padre Poquillon ha un curriculum che sembra essere fatto apposta per l’Europa in questo momento: dopo gli studi di diritto pubblico internazionale, è entrato nei domenicani ed è stato ordinato sacerdote nel 2001, ma ha continuato a seguire la sua passione giuridica unendo l’impegno nell’ordine domenicano a quello in diverse istituzioni internazionali, prima all’Onu a Ginevra, poi dal 2013 a Strasburgo e ora a Bruxelles. Così spiega lui stesso la contiguità tra questi ambiti in un’intervista pubblicata su Europeinfos, mensile on line della Comece:“Il diritto e la teologia non sono fini in sé, ma sono strumenti complementari al servizio di una medesima missione: mettere l’uomo, creato a immagine di Dio, al cuore delle politiche pubbliche”.Nella sua biografia ci sono anche missioni quale cappellano militare in zone martoriate dai conflitti come i Balcani, l’Africa e il Medio oriente e un periodo di insegnamento all’università di Mossoul (Iraq). “Non si tratta di servizi originali per i domenicani”, puntualizza padre Poquillon dal nuovo ufficio dove si è insediato il 1° settembre, nella sede Comece di Square de Meeûs, a pochissimi passi dal “quartiere europeo” di Bruxelles. “Essere esposti ai conflitti armati – sottolinea – non lascia nessuno indenne”. Anche in quelle situazioni è però possibile fare incontri “molto concreti, a volte sanguinanti” e sentire “gli effetti diretti e indiretti delle decisioni prese in contesti molto più sicuri”.

Un mondo interdipendente. Il religioso ha toccato con mano nelle aree di guerra che “qualsiasi sia l’origine etnica, culturale o religiosa, il livello di studi o la situazione di vita di coloro che sono coinvolti, condividiamo le stesse paure, sofferenze e speranze” e che quando “il sangue di un ferito cola, da ovunque egli venga, quel sangue è rosso”. Quel legame esiste nelle zone di guerra così come nell’attualità della crisi migratoria: c’è una “comunità di destini” che ci accomuna, una “interdipendenza di fondo che supera gli interessi a breve termine delle persone e delle società”, al punto che, lo si voglia o meno, quello che oggi è crisi per una parte del mondo diventerà domani crisi per gli altri.

Quindi la pace è l’unico obiettivo strategico che ha un senso per il militare, il diplomatico o l’uomo politico.

“Crisi di fiducia”. Padre Poquillon mostra comunque uno sguardo positivo: le crisi sono anche buone occasioni per rimetterci in discussione. Questo vale in particolare per l’Europa oggi, che deve affrontare la domanda: “Che cosa vogliamo fare insieme su questo continente?”. È un interrogativo su cui il segretario Comece torna ripetutamente perché cruciale per affrontare la “crisi di fiducia” che oggi investe le istituzioni in generale e le istituzioni europee in particolare. Su questo terreno “la Chiesa, fondata sulla fede, cioè sulla fiducia” ha un compito fondamentale che si è manifestato dopo i recenti attentati in Europa:“permettere alle persone di riacquisire fiducia e rifare la scelta di vivere insieme”.Sul fronte politico, invece, le Chiese possono cercare di “accompagnare gli attori politici nella loro ricerca di come meglio servire i propri cittadini”, perché è sul quel piano che secondo Poquillon si gioca la credibilità delle istituzioni.

Rimettere al centro la persona. Altra parola importante per Oliver Poquillon, guardando anche oltre i confini dell’Ue, è il dialogo: “L’Europa dei 28 avrà tutto da guadagnare se estenderà la sua forma di dialogo costruttivo agli altri 165 membri dell’Onu”. Il nuovo segretario generale della Comece è molto deciso: “L’Europa può essere fiera di aver garantito alla sua popolazione decenni di pace. Se però vuole liberarsi dalla sua fredda immagine di ‘dispensatrice di fondi e di consigli’, dovrà certo spiegarsi meglio e correre il rischio di stringere nuove partnership più eque per il beneficio di tutti”. Ciò potrà avvenire solo se “si rimette la persona umana al centro delle politiche pubbliche”. Le priorità che padre Poquillon si dà nel suo lavoro ecclesiale per la costruzione del bene comune in Europa sono:“ritessere il legame sociale, condividere le esperienze sul campo, ridonare senso e costruire ponti con le persone di buona volontà”.

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