unione europea

di Gianni Borsa

Il benessere è un concetto, uno stile, un modo – cosciente e coerente – di concepire la propria vita. Ma alla base di tutto ciò si colloca anche un sentimento di responsabilità collettiva, riguardante la stessa salute, le relazioni interpersonali, l’ambiente circostante, il lavoro…
Parola più, parola meno, l’Unione europea esprime così la preoccupazione relativa al benessere dei cittadini, che si orienta in varie direzioni: dalla promozione della salute alla difesa dei consumatori, dalla diffusione dello sport alla tutela della natura. All’interno di questo ampio settore, si colloca l’impegno per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, che riveste grande importanza a livello comunitario sin dal Trattato Ceca del 1951, su su fino agli sviluppi del Trattato di Amsterdam del 1999 e quello di Lisbona, in vigore dal 2009.
Il benessere, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro hanno quindi una “base giuridica” (articoli 91, 114, 115, 151, 153 e 352 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Tfue) e, pertanto, una tutela legislativa. L’Ue stabilisce i requisiti minimi “in base ai quali gli Stati membri hanno la facoltà di introdurre internamente un livello di protezione maggiore”. Negli anni si sono moltiplicate le “leggi” europee (direttive) inerenti, per fare alcuni esempi, l’uso di attrezzature di lavoro, la segnaletica per la sicurezza in fabbriche e uffici, le misure per i cantieri e le imbarcazioni; e, inoltre, le norme per le lavoratrici in gravidanza, quelle specifiche per i giovani, quelle relative alla esposizione agli agenti cancerogeni o alle radiazioni ionizzanti. Nel 1996 è stata creata l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Osha) con sede a Bilbao, in Spagna.
In ottemperanza a tali orientamenti, è facile trovare nelle sedi delle istituzioni europee, fra Bruxelles e Strasburgo, alcuni simpatici depliant, che provano a “tradurre” concretamente l’imperativo del “bien-être” (nella lingua di Baudelaire) o del “well-being” (in quella di Shakespeare). Così si spazia dalla guida ergonomica “per l’organizzazione del proprio posto di lavoro” (scrivania, sedie e poltrone, illuminazione…) alla brochure per lo smaltimento dei toner. Non può certo sfuggire – tra le altre – la pubblicazione per la scelta delle “Piante da ufficio”, tenuto conto che una Crassula arborescens può essere più bella e salutare di una Sansevieria trifasciata, benché taluni possano preferisce una comune azalea, un ficus o un mazzettino di margherite colte nel giardino di casa.
Non mancano i pieghevoli sui vantaggi di una sana mobilità (camminare, fare le scale, usare la bicicletta), mentre sono allo studio – voci di corridoio – i manuali per sopportare i capufficio tignosi, i colleghi bisbetici, le colleghe stressate. Uno scaffale a sé viene riempito dai depliant che vanno sotto il titolo generale di “Nutrition & Work”: perché, giustamente, il funzionario o l’impiegato, l’eurodeputato o il suo assistente che mangiano sano poi lavorano meglio e di più. Dunque ben vengano quesiti e risposte sulle etichette degli alimenti, sul consumo di cibi ricchi o meno di vitamine o di minerali. Il pieghevole che, però, va letteralmente a ruba è quello della “Piramide nutrizionale”, il quale indica cosa è bene mangiare e in quali quantità: si va dalla base, con bevande sugar-free (consumo unlimited) al suggerimento relativo a frutta e verdure di ogni tipo (arance, uva, pere, zucchine, insalata, porri ecc.). A metà piramide si collocano i carboidrati (a ogni pasto, ma senza strafare). Poi la piramide si restringe: derivati del latte, carni rosse e bianche, pesce tutti ok, una o due volte al dì alternativamente; olio, burro, frutta secca con grande moderazione; infine – quasi poste al bando – bevande zuccherate e gassate, caramelle, merendine, dolci vari.
Ovviamente i buoni consigli di Bruxelles non vanno banalizzati e meritano una positiva sottolineatura. Anche se il pensiero corre subito a tutti quegli europei che un luogo di lavoro non l’hanno affatto (e tanto meno le piantine da ufficio) o ai quali risulta difficile mettere insieme il pranzo con la cena (altro che valori nutrizionali!). Per questi milioni di cittadini Ue si attendono convincenti risposte comunitarie.

 

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