EquitaliaDi Luigi Crimella

Qualcuno certamente ricorda la famosa “battuta” del ministro Tommaso Padoa-Schioppa sulle tasse che “sono una cosa bellissima e civilissima”. Sono passati dieci anni da quando venne pronunciata, eravamo nel 2007, e letta per intero la frase fu la seguente: “La polemica anti tasse è irresponsabile. Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente”. All’epoca, l’ex-ministro (nel frattempo scomparso) fu inondato di insulti e ironie, ma la sostanza del suo discorso rimane valida ancora oggi. Purtroppo solo un anno dopo, nel 2008, scoppiò la crisi della Lehman Brothers e le economie occidentali ebbero uno scossone così forte che, salvo alcune, non si sono ancora riprese. E l’Italia, purtroppo, è fra queste. Così le imposte e tasse in Italia sono diventate, nel frattempo, la bestia nera non solo degli imprenditori piccoli, medi e grandi, schiacciati da un prelievo che sfiora il 60% del reddito, ma anche del “ceto medio” impiegatizio travolto da imposte crescenti e che oggi si trova in una situazione di povertà relativa molto preoccupante. Si spiega quindi l’ostilità molto diffusa a livello di opinione pubblica nei confronti dei simboli dello Stato esattore, primo dei quali (e più odiato) è Equitalia. Consapevole della gravità della situazione finanziaria, alle prese con un debito pubblico che continua a salire e con una occupazione che cresce ma a piccole cifre, il governo in carica da tempo sta cercando di modificare la percezione negativa verso il nostro sistema fiscale che è tra i più pesanti d’Europa. Due mesi fa, in maggio, il premier Renzi dichiarò pubblicamente che era giunto il momento di “dare una mano al ceto medio e alle famiglie”. E aggiunse: “Stiamo discutendo come, se attraverso le aliquote Irpef o un sistema fiscale diverso. Andrà nella legge di stabilità del 2017: è un’assoluta priorità”. E, a proposito della società di riscossione – queste le parole-chiave – aggiunse: “Equitalia al 2018 non ci arriva”.

Sarà vero, sarà possibile? Vediamo come stanno le cose ad oggi.

Prima novità: nasce Equitalia Servizi di Riscossione. La promessa è importante e impegnativa. Cancellare Equitalia significherebbe per il governo compiere un atto da molti ritenuto “riparatore”, a seguito dei danni compiuti da questa agenzia di riscossione a cui molti attribuiscono la responsabilità di avere addirittura indotto al suicidio alcune centinaia di piccoli e medi imprenditori, specie nelle regioni del nord-est del Paese. Tutti ricordiamo le notizie martellanti di centinaia, migliaia di “cartelle pazze”, emesse nei confronti di persone e società che si vedevano moltiplicare per il doppio, triplo e anche di più debiti iniziali contenuti, se non addirittura già saldati in precedenza e non opportunamente registrati. Visto il malessere crescente tra la popolazione, qualche passo verso una normalizzazione della situazione è stato fatto. E’ dei giorni scorsi la notizia che Equitalia inizia una ristrutturazione interna. Le tre società Equitalia Nord, Centro e Sud verranno soppresse e i rispettivi organici confluiranno nella nuova Equitalia Servizi di Riscossione Spa, chiamata ad operare su tutto il territorio nazionale ad eccezione della Sicilia dove continuerà il lavoro di Riscossioni Sicilia Spa. Non si tratta di una operazione di “lifting”, assicurano alla Agenzia delle Entrate, che possiede Equitalia al 51% insieme all’Inps che ne controlla il restante 49%. In gioco c’è la volontà di cambiare il modo di operare, attuando risparmi importanti (spariscono tre consigli di amministrazione sostituiti da uno solo, spariscono le varie direzioni ecc.).

Soprattutto c’è l’impegno a fare di Equitalia così rinnovata e “dimagrita”, una realtà al servizio del cittadino contribuente, con una immagine più amichevole, collaborativa, capace di generare fiducia e di favorire il pagamento di quanto dovuto senza dare l’impressione di essere degli sciacalli che si gettano sulla preda sfinita e la fanno a pezzi.

Presto al via l’operazione “Cartella amica”. La prova di questa nuova impostazione, più “friendly” come dicono gli anglosassoni, sarebbe il lancio imminente dell’operazione “Cartella amica”. Alcune province italiane già hanno sperimentato la nuova modalità nei mesi scorsi: si tratta di Lecce, Varese, Firenze. In sostanza, di fronte a contestazioni di maggiori tasse da corrispondere per errori, inesattezze, elusioni o evasione fiscale vera e propria, Equitalia propone un piano di rateizzazione con varie gradazioni e pesature, così da offrire al contribuente “pentito” la possibilità di mettersi in regola senza essere oberato da rimborsi troppo pesanti. L’operazione riguarda, al momento soltanto i debiti fiscali tra i 600 e i 50 mila euro. Ma l’intenzione pare sia quella di creare analoghi strumenti di alleggerimento finanziario anche per le aziende e società, su importi maggiori. Le rate previste variano da un minimo di 12 a un massimo di 72 mesi e quindi – a titolo di esempio – un debito fiscale di 3600 euro potrà essere rimborsato in 6 anni con mini-rate da 50 euro, decisamente “sopportabili” e non invasive, come invece avveniva in passato quando addirittura si arrivava a pignorare le case di proprietà a fronte di debiti di poche decine di migliaia di euro.

In attesa della riforma del sistema delle aliquote. Che dire di queste “Cartelle amiche”, di questa Equitalia “amica” dei contribuenti? Senza cadere in ingenui attese di un clima fiscale idilliaco, occorre riconoscere che la percezione del malessere sociale è stata precisa e che, anche in vista di appuntamenti elettorali e referendari vari, al governo convenga farsi percepire come più comprensivo nei confronti dei cittadini. Del resto, in passato, Equitalia è stata certamente non proprio un esempio di realtà inappuntabile. A parte il fatto che la sua capacità di riscuotere quanto dovuto rimane molto bassa (mediamente tra il 10 e il 15% del totale negli ultimi 15 anni), la sua “faccia feroce”

non è riuscita in ogni caso a ridurre l’evasione fiscale che rimane piuttosto consistente: si stima nella misura di circa 90 miliardi di euro l’anno (40 di Iva, 44 di Irpef e Ires e 6-7 di Irap).

Ecco allora che da qualche anno a questa parte è stato un susseguirsi di buone intenzioni e di qualche legge innovativa: nel 2013 il “Decreto del fare” aveva già introdotto la rateizzazione fino a 10 anni e impostato lo stop ai pignoramenti della prima casa. Nello stesso periodo erano partiti anche lo “Sportello amico” per i cittadini e poi lo “Sportello amico imprese” per le società, rivolto soprattutto a artigiani, commerciani e piccole e medie industrie. La “riforma” annunciata dal premier sembra che preveda l’abbandono pressoché totale di ogni forma di intimidazione e di vessazione. L’attesa principale, tuttavia, riguarda il sistema delle aliquote che, nonostante la progressività, presenta a dire di molti pesanti lacune e genera ingiustizie redistributive molto rilevanti.

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