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Il viaggio del settembre prossimo in Georgia e in Azerbaijan è strettamente connesso a quello svoltosi poche settimane fa in Armenia e rientra nel progetto di pace di papa Francesco per l’intera regione caucasica. Lo ha detto il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, in un’intervista all’Osservatore Romano, in cui ha anche espresso il suo punto di vista sulla Brexit.

Il Santo Padre, ha spiegato il porporato, “si reca nei Paesi caucasici con grande umiltà, cercando innanzitutto di ascoltare, di capire e, conseguentemente, di incoraggiare ogni iniziativa di dialogo e di apertura verso l’altro”.

Quanto alla situazione nel Nagorno Karabakh, cui il Pontefice ha accennato durante il viaggio di ritorno dall’Armenia, il cardinale Parolin ha ricordato che “esiste già uno strumento internazionale creato dall’Osce e chiamato il Gruppo di Minsk”, auspicando un rilancio delle iniziative diplomatiche.

Commentando la firma congiunta del documento programmatico da parte di Francesco e del Catholicos Karekin II, il Segretario di Stato ha osservato che, in tal modo, “si conferma che, nonostante le persistenti divisioni tra cristiani, ciò che unisce è molto più di quello che divide e si ribadisce l’importanza di sviluppare una profonda e più incisiva collaborazione non solo in campo teologico, ma anche nella preghiera e in un’attiva cooperazione a livello locale”.

La definizione di “genocidio”, ribadita dal Papa, durante il viaggio in Armenia, ha detto ancora Parolin, è stata espressa “per esprimere la propria vicinanza” a un popolo ferito ma, soprattutto, dal “profondo desiderio che da tutte le Parti, e quindi anche dal lato di chi ha subito grandi ingiustizie nel passato, ci si incammini verso una sincera apertura e ci sia volontà di cercare, almeno gradualmente, perdono e riconciliazione”.

In merito allo scacchiere mediorientale, il porporato ha rilanciato l’appello ad uno sforzo per la convivenza pacifica tra le comunità religiose, mentre, in presenza della persecuzione anticristiana nella regione, “occorreranno grandi gesti di generosità da parte della comunità internazionale, in ordine a ristabilire il prima possibile la vita ordinaria in quelle terre martoriate”.

In conclusione, con rifermento all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, Parolin ha definito il voto referendario britannico, uno “scossone, che ha posto in evidenza come nel continente ci sia una pluralità di istanze che necessitano di confrontarsi” per una “riflessione più profonda”, in un contesto in cui le Chiese e le Comunità cristiane possono avere “un ruolo importante” anche per “superare le diffidenze e costruire quei ponti di cui non solo l’Europa, ma tutto il mondo ha immenso bisogno”.

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