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Monache Clarisse: Può una mano di madre inviare i propri figli in mezzo ai lupi?

personeDIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 3 giugno.

«La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi»: così conclude il brano del profeta Isaia che leggiamo come prima lettura in questa domenica.

Una mano potente? Una mano che punisce? Una mano vendicatrice? Una mano che allontana?

No…una mano di madre…con una mano di madre il Signore si fa vicino e si fa conoscere al suo popolo. Scrive, infatti, il profeta: «Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio così io vi consolerò».

Potrebbe sorgerci un dubbio leggendo, invece, il Vangelo di Luca: «Andate, ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada».

Può una mano di madre inviare i propri figli in mezzo ai lupi? Senza il minimo necessario per mettersi in viaggio?

Nessuna contraddizione: come il bambino ha bisogno di essere allattato, consolato, accarezzato e dipende in questo totalmente dalla madre, così il discepolo di Gesù è “fragile”, dipendente e abbandonato completamente alla volontà del Signore. Per questo decisive, nel viaggio, non diventano le cose, decisivi non sono i mezzi. Decisivo è l’essere mandati da Dio e fidarsi totalmente di Lui.

Di null’altro il discepolo ha necessità se non della relazione con il Signore, una relazione che si manifesta concretamente anche nel legame con il fratello: «…li inviò a due a due». Due a due perché “non è bene che l’essere umano sia solo”; due a due per sorreggersi a vicenda nelle tribolazioni; due a due perché “dove due o più saranno uniti nel mio nome, là ci sarò io”. Due a due: perché la fede si vive in comunità, perché siamo chiamati a vivere una interiorità che non si isola ma si arricchisce nella comunione con l’altro.

Ma perché di fretta? Perché è urgente, è prioritario, è vitale che a tutti, in ogni tempo e in ogni luogo, si possa dire e testimoniare «E’ vicino a voi il regno di Dio». E’ la testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore che ci offre la sua vicinanza, la sua Parola, la sua forza e dà senso alla nostra vita. E’ un annuncio di pace: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”». Non è una formula di cortesia, né un semplice saluto: la pace è quella pienezza di vita e di relazioni di cui il Signore ci ha inondato «come un torrente in piena» e che non possiamo fare a meno di ridonare.

E’ questo «l’essere nuova creatura» di cui ci parla San Paolo, creature per le quali «non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo», uomini e donne che scelgono, ogni giorno, di confidare non nei doni ricevuti o nei propri meriti ma nella conoscenza e nella esperienza del Signore.