CameraGiovanna Pasqualin Traversa

ùìÈ la “pianificazione terapeutica condivisa” la via alternativa ad eutanasia e accanimento terapeutico. A sostenerlo è l’associazione Scienza & Vita nel documento “Con dignità, fino alla fine. Paziente e medico alleati per la vita”, presentato ieri a Roma presso la sala stampa della Camera dei deputati. Un contributo all’attuale dibattito sui delicati e complessi temi del fine vita “in questo tempo di elaborazione legislativa da parte delle Commissioni parlamentari deputate”. Nei mesi scorsi è infatti iniziato in Commissione Affari sociali alla Camera, con la relazione di Donata Lenzi (Pd), presente alla conferenza stampa odierna, l’iter delle proposte di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), mentre l’iter delle proposte di legge sull’eutanasia (che toccano ovviamente anch’esse il tema del testamento biologico) è stato assegnato alle Commissioni congiunte Affari sociali e Giustizia. Due binari diversi, ma in parte “paralleli”, per tentare di arrivare alla redazione di un testo unico per ciascuno dei due ambiti.

Tra i provvedimenti in materia di eutanasia la proposta di legge d’iniziativa popolare n. 1582, “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia” (radicali e associazione “Luca Coscioni”), sottoscritta da oltre 100mila cittadini. Quattro articoli che prevedono, in estrema sintesi, la possibilità per il paziente di rifiutare l’attivazione o la prosecuzione di trattamenti sanitari, di sostegno vitale o nutrizionale. Una volontà che, in base a precise condizioni fissate nel testo, “il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare” senza possibilità di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza. Prevista la depenalizzazione dei trattamenti eutanasici.

Di qui la proposta di Scienza & Vita di “alcune linee di riflessione e di possibile prassi per una gestione corretta ed appropriata del rapporto paziente-medico, finalizzata al miglior percorso di cura possibile

nel pieno rispetto della coscienza sia del paziente che del medico, entrambi co-protagonisti ed alleati a servizio della salute e del benessere della persona”,

spiega Maurizio Calipari, bioeticista e responsabile dell’ufficio stampa dell’associazione. Di fronte ad un tema così sensibile è necessario un confronto pubblico “serio e costruttivo”, ed è importante “trovare convergenze” e pervenire a soluzioni normative il più possibile condivise, aggiunge il deputato Pd Edoardo Patriarca.

Ma perché “l’adozione di una prassi di pianificazione terapeutica condivisa” possa essere “concretamente applicabile nella pratica clinica quotidiana”,

è necessario che essa faccia riferimento ad un “coerente quadro valoriale e antropologico,

con cui possano armonizzarsi, passo dopo passo, le singole scelte terapeutiche” operate di comune accordo da paziente e medico, si legge nel documento.

Punto fermo la dignità della vita umana “indipendentemente dalle condizioni concrete in cui essa si svolge. Essa costituisce un bene primario della persona”.

“Fare convergenza su ciò che può essere condiviso e può costituire occasione per uno stile diverso in cui la biogiuridica anziché terreno di contrapposizione diventi terreno di dialogo” è l’auspicio di Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale all’Università cattolica di Milano. “L’attenzione verso il debole non deve rimanere solo retorica. Nel nostro paese milioni di persone non si curano più e per la prima volta è diminuita l’aspettativa di vita, ma le famiglie vogliono poter continuare a seguire i propri malati”. Quello di Eusebi è

un sì convinto alla medicina palliativa, e un no deciso alla “rottamazione dei soggetti deboli”.

Occorre evitare che “considerazioni di carattere economico vengano ad inquinare interrogativi centrali per la tutela della dignità della persona.

L’eutanasia – conclude facendo suo un recente monito di Luciano Violante – non diventi la morte dei poveri”.

Sulla “conflittualità fra decisioni della giurisprudenza, sentire comune, provvedimenti che avrebbero dovuto vedere la luce da parte del legislatore”, si sofferma il giurista Alberto Gambino, prorettore dell’Università europea di Roma, che avverte: “Nel momento in cui si sta scrivendo un disegno di legge è importante capirne i contorni.

Non tutto si risolve all’interno di un testo normativo se accanto c’è un altro percorso, giurisprudenziale, anch’esso di fatto normativo”.

“Nel caso Englaro, la sentenza del Consiglio di Stato è stata un punto di non ritorno”, ma sono significativi anche alcuni “scivolamenti” in materia di amministrazione di sostegno. Per Gambino, nell’ambito alleanza medico paziente “la stella polare non può essere la libertà individuale: ‘giuridificata’ all’interno di un sistema normativo si sclerotizza e non è più tale. Al di là di un documento di principio condivisibile occorrerà affrontare questi nodi cruciali altrimenti si corre il rischio che le normative facciano pensare che si stia andando in una direzione, ma poi basta una sentenza ad inceppare il percorso”. Di qui l’auspicio che l’iter parlamentare sia accompagnato da “un dialogo importante e da una riflessione analitica e pragmatica con il mondo delle associazioni, dei giuristi e dei magistrati”.

Insomma, quando si scrivono delle leggi occorre valutare le possibili interpretazioni e applicazioni giurisprudenziali delle norme e “Scienza&Vita può fare la sua parte”.

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