udienza papa

ZENIT / di Luca Marcolivio

Foto Osservatore romano

VATICANO – La figura evangelica del cieco di Gerico è emblematica per comprendere molte delle problematiche del nostro tempo. Lo ha sottolineato, durante l’Udienza Generale di ieri mattina, papa Francesco, secondo il quale la guarigione compiuta da Gesù in questo episodio è un “segno” che “tocca anche noi direttamente”.

A quei tempi, infatti, ha ricordato il Santo Padre, un cieco “non poteva che vivere di elemosina”, vivendo “separato dalla folla” e rimanendo “lì seduto mentre la gente passa indaffarata”. In fondo, ha osservato il Pontefice, si tratta della stessa condizione in cui, “anche oggi” si trovano molte persone, “emarginate a causa di uno svantaggio fisico o di altro genere”.

E così, il cieco di Gerico si ritrova lungo una strada che “può essere un luogo di incontro” ma per lui, al contrario, “è il luogo della solitudine”. Per il Papa “è triste l’immagine di un emarginato, soprattutto sullo sfondo della città di Gerico, la splendida e rigogliosa oasi nel deserto”, dove il popolo di Israele giunge al termine dalla fuga dalla schiavitù d’Egitto.

Proprio in quella circostanza, Mosè aveva detto: “Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nella terra, allora io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra”.

Al momento dell’incontro tra Gesù e il cieco di Gerico, si avverte “stridente il contrasto tra questa raccomandazione della Legge di Dio e la situazione descritta dal Vangelo: mentre il cieco grida – aveva buona voce questo – invocando Gesù, la gente lo rimprovera per farlo tacere come se non avesse diritto di parlare”, ha affermato Francesco.

Le persone intorno al cieco “non hanno compassione di lui, anzi, provano fastidio per le sue grida”, lo stesso fastidio che molti di noi provano di fronte a “tanta gente nella strada, bisognosa, malata che non ha da mangiare” o dinnanzi ai “profughi” e ai “rifugiati”. La “tentazione” del fastidio la “abbiamo tutti noi”, ha ammonito Bergoglio.

“L’indifferenza e l’ostilità – ha proseguito – rendono ciechi e sordi, impediscono di vedere i fratelli e non permettono di riconoscere in essi il Signore”. Talora l’indifferenza diventa “aggressione” e “insulto”, come avviene con la gente di Gerico che, ad un certo punto caccia il cieco.

In mezzo a tanta crudeltà, emerge però un “particolare interessante”: qualcuno tra la folla grida: “Passa Gesù il Nazareno!”. È il “passaggio” della pasqua, “l’inizio della liberazione”. È come se al cieco “venisse annunciata la sua pasqua”. E lui, senza lasciarsi intimorire, “grida più volte verso Gesù riconoscendolo come il Figlio di Davide, il Messia atteso che, secondo il profeta Isaia, avrebbe aperto gli occhi ai ciechi”.

Quel cieco, ha affermato il Papa, “vede con gli occhi della fede”; Gesù se ne accorge, si ferma da lui, “lo toglie dal margine della strada e lo pone al centro dell’attenzione dei suoi discepoli e della folla”.

Accadono, dunque, due passaggi significativi: in primo luogo, “la gente aveva annunciato una buona novella al cieco, ma non voleva avere niente a che fare con lui; ora Gesù obbliga tutti a prendere coscienza che il buon annuncio implica porre al centro della propria strada colui che ne era escluso”. In secondo luogo, “il cieco non vedeva, ma la sua fede gli apre la via della salvezza, ed egli si ritrova in mezzo a quanti sono scesi in strada per vedere Gesù”. Il passaggio del Signore, quindi, porta “misericordia”, “aiuto” e “consolazione” e sprona tutti a seguirlo e ad essere migliori.

Quando Gesù, ponendosi come un “umile servo”, gli domanda cosa vuole che faccia per lui, il cieco gli risponde chiamandolo non più “Figlio di Davide” ma “Signore”, l’appellativo che la Chiesa attribuisce a Gesù risorto. Gli chiede, quindi, di riavere la vista e viene esaudito: “la tua fede ti ha salvato”, gli dice Gesù.

Il cieco di Gerico è stato guarito, innanzitutto perché “si sente amato da Gesù”: di conseguenza, da “mendicante” diventa “discepolo”. Poiché “tutti abbiamo bisogno di salvezza”, ha commentato il Papa, anche noi “abbiamo bisogno di fare questo passo: da mendicanti a discepoli”.

In altre parole, Gesù fa in modo che “la gente finalmente veda” ed “effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra: li chiama, li raduna, li guarisce e li illumina, creando un nuovo popolo che celebra le meraviglie del suo amore misericordioso”, ha poi concluso il Santo Padre.

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