MichelaDi Carlo Gentili, leggi le precedenti interviste, clicca qui

DIOCESI – Proseguono le interviste curate da Carlo Gentili agli artisti del territorio. Quella che vi presentiamo oggi è stata realizzata a Michela D’Alessandro.

Michela D’Alessandro nasce a San Benedetto del Tronto, nel 1981.  Dopo il diploma di liceo socio-psico-pedagogico, consegue con lode la laurea specialistica in “Filosofia Teoretica, Morale e Politica” presso l’Università degli Studi di Macerata. Interessandosi alle etiche applicate, discute una tesi di laurea triennale in Etica ambientale e una tesi specialistica in Etica e Antropologia. Si dedica, in qualità di PhD student, all’etica sociale ed economica, partecipando attivamente a convegni internazionali e a scuole di Alta Formazione Filosofica. Nel 2009 vince una borsa di studio per un periodo di studio/ricerca sulle teorie della giustizia sociale presso la Radboud Universiteit (Paesi Bassi) e nel 2010 una borsa di lavoro/ricerca per un progetto inerente le politiche per lo sviluppo presso un ente locale. Svolge, poi, ulteriori progetti nell’ambito della facilitazione linguistica (CEFILS) e delle politiche per la coesione sociale, e si dedica al volontariato. Attualmente coltiva il suo interesse per la scrittura e per l’arte, partecipando a rassegne e manifestazioni culturali.

Perché si avverte il bisogno di esprimersi attraverso l’arte e la fantasia? Come nasce in te la passione per l’arte?

L’arte accade perchè è desiderio di apertura dell’essere. Creare, per me, è ricerca del senso e ricongiunzione con il tutto. Si crea per una pienezza d’essere, quindi per amore. A mio parere, infatti, si tratta più di un desiderio che di un bisogno. E’ una donazione, non determinata dalla mancanza di qualcosa o dall’interesse a perseguire un determinato obiettivo. Affinchè questa pienezza possa “incarnarsi” a livello sensibile, interviene una libertà creatrice. L’immaginazione, senza negare la ragione, produce spontaneamente immagini e simboli, capaci di esprimere quel “di più”.

La mia passione per l’arte nasce con me, come inclinazione naturale. Ero nei Paesi Bassi, nel 2009, quando sono stata rapita da un’illuminazione. La spatola! Questo desiderio mi accompagnò per un paio di mesi e si realizzò al ritorno in Italia. L’espressività non si comanda, si è dominati dall’ispirazione e, affinchè questa possa manifestarsi, occorre almeno una particolare disposizione d’animo, libertà di e per fare, tempo e spazio.

La tua espressività creativa è molto originale. Come spiegheresti la tua arte ad un ragazzino oppure ad una persona “digiuna” d’arte?

La mia è un’arte informale materica, che non rinuncia del tutto alla forma. Mi esprimo attraverso la materia e i materiali con rilievi e installazioni, riservando molta importanza all’immediatezza del gesto che esprime l’idea.

Non riproduco la realtà sensibile in quanto tale, perchè non avverto il desiderio di rappresentare o imitare il mondo visibile. Non considero la materia autonoma, già informata. Se è vero che questa possiede già in sè un suo portato espressivo, è anche vero che è il concetto che la intenziona ad informarla, attraverso il sentire, il sapere, il volere. Ne consegue che è il tutto ad avere valore, e non le singole parti che caratterizzano l’opera.

Faccio spesso riferimento ad uno dei miei Maestri, il filosofo Martin Heidegger, interpretando così le sue parole. Quando “mi metto all’opera”, “mi metto in opera”. E’ questo, a mio avviso, il solo motore dell’originalità: l’autenticità.

Ci sono segni e simboli particolari, specifici o ricorrenti che caratterizzano i tuoi lavori? Oppure, spazi utilizzando sempre nuovi percorsi e nuove modalità operative?

Sono in itinere, come artista, come “pensatrice”, come persona.  La mia opera è, pertanto, continuamente in farsi perchè orientata ad arricchimenti personali e sviluppi. L’apertura a nuovi spazi concettuali e a modalità operative è alla base di questo fare e crescere. Vivo l’esperienza artistica in armonia con la mia individualità: un “da compiersi”, per il quale i risultati raggiunti sono momenti di un discorso artistico.

Alcuni lavori presentano forme e installazioni che tendono ad essere segni e simboli ricorrenti, come la sfera, gli occhi, i pezzi di materiale. Sono sì elementi importanti e caratterizzanti, ma non li ritengo esclusivi e esclusivisti rispetto a elementi ulteriori che possano esprimere il mio vedere.

E’ l’arte o la conoscenza che “educa” alla Bellezza? La tua competenza nel ramo filosofico quanto incide nel tuo percorso artistico? Legami tra arte e filosofia, nelle tue opere?

Non credo che la Bellezza scaturisca, alternativamente, o dall’arte o dalla conoscenza. L’arte è conoscenza nel dominio dell’espressione immediata, dell’intuizione; la filosofia è conoscenza nel dominio del logos, del discorso concettuale e logico. Nell’arte l’essere è intuito, nella filosofia è pensato con categorie universali o universalizzabili. Si potrebbe dire che, se la Bellezza risiede in ciò che perfeziona e eleva l’umano “al di più”, l’arte educa al sentimento della bellezza mentre la filosofia allo sviluppo del giudizio critico.

Quando mi calo nella prassi dell’arte, non sono che un’artista. L’opera è il mio portato, i miei “luoghi” e “non-luoghi”. Vivo l’arte e la filosofia come due ambiti di realizzazione non contrastanti e non competitivi perchè caratterizzano la mia individualità e il mio modo di esprimermi, senza parcellizzazioni. Entrambe, infatti, concorrono alla ricerca sul senso.

 

Lo studio dell’arte nelle scuole….? Come affascinare ragazzini disattenti? Con quali modalità? Con quali mezzi? Tu come faresti…?

La scuola ha il compito di formare in maniera integrale l’essere umano. Credo che sia doveroso, verso le generazioni future, un ripensamento delle ore di studio/lavoro da dedicare alle attività pratiche e manuali. Non ci si può appassionare a ciò che non si esperisce. Per questo ritengo che l’insegnante debba sempre conciliare lo studio teorico con la pratica, prestando attenzione alle particolari inclinazioni, motivazioni, interessi dei singoli studenti. L’arte appassiona quando produce sentimento, ed è questo il compito più difficile dell’insegnante: educare al sentimento.

Il tuo ricordo piu’ bello, piu’ affascinante, piu’ emozionante legato al tuo modo di fare arte….

Il ricordo più emozionante, ad oggi, è quello di una piccola me che cerca “quella precisa cosa” per fare quello che intende realizzare, a modo suo. Una statuetta. Avrò avuto quattro o cinque anni. Ero a casa, nell’orticello, nei pressi degli albicocchi. La sensazione che provai nel modellare la terra morbida è viva ancora oggi. Un sentimento di estensione.

Il tuo mondo di fantasia è popolato da… Quali imput ti piace dare alla gente? Quali i tuoi sogni?

Ciò che è sulla tela è ciò che è scolpito nella coscienza. Scelgo con cura le titolazioni dei miei lavori, facendo attenzione all’idea da cui ha origine l’opera. Lo ritengo un momento intrinseco della mia attività creativa. I miei sogni sono quelli che sto realizzando, non senza sacrifici e rinunce: coltivare le mie passioni studiando e impiegando le acquisizioni maturate in esperienze e attività diverse, anche condividendole con gli altri.

Arte come sogno, come fuga, come impegno o come denuncia?

L’arte è impegno, individuale e collettivo, allo sviluppo umano perchè ha il potere di contribuire al miglioramento morale della persona. E’ anche punto d’incontro e di confronto tra diversità personali, culturali, religiose e, quindi, motore di coesione sociale. In questo senso l’arte è anche denuncia. Siamo figli del nostro tempo e, nell’era globale in cui viviamo, la preservazione dell’identità personale e sociale, insieme al riconoscimento del valore insostituibile del prodotto umano, costituiscono le sfide più cogenti.

Arte e spiritualità: come la vedi?

Come già anticipato,  l’arte è, per me, ricongiungimento con il tutto. E’ un momento del processo di realizzazione etico-antropologica e spirituale, per questo è anche elevazione e dono.

Michela D’Alessandro
E-mail  micheladalessandro2@virgilio.it
Pagina Facebook  Michela D’Alessandro – Mica

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