SacerdotiDi Vincenzo Rini

Una vera e propria maratona di spiritualità sacerdotale, quella offerta da Papa Francesco in occasione del Giubileo dei sacerdoti (1-3 giugno). Il Pontefice, nelle meditazionitenute il 2 giugno nelle basiliche di Roma e nell’omeliadella Messa del 3 giugno (Solennità del Sacro Cuore di Gesù) ha presentato una vera e propria “summa”, una visione globale della ricchezza di fede e di esperienza che deve guidare ed esprimere la vita del prete e la sua missione pastorale, alla luce di quello che può e deve essere ormai considerato il leit-motiv del suo insegnamento: la misericordia di Dio, guida fondante dell’esperienza cristiana ed ecclesiale.

Ma talmente ricco è stato l’insegnamento del Papa che viene spontaneo domandarsi: qual è il suo punto di partenza, unificante? Francesco ha offerto meditazioni, ricordi personali, racconti, riferimenti alla vita dei santi, suggestioni storiche: dove trovare il bandolo di questa matassa per svolgerlo adeguatamente nella mente e nel cuore, onde poterlo poi riavvolgere concretamente nella vita del presbitero? Come unificare le tante indicazioni in un qualcosa che ne sia sintesi da cui partire per rinnovare la vita dei sacerdoti, oggi segnata da tante contraddizioni e difficoltà?

Dopo aver letto e riletto con attenzione i testi, mi pare di avere trovato un punto di partenza, attorno al quale riannodare la ricchezza del magistero in essi contenuta, in una delle indicazioni della terza meditazione – tenuta nella Basilica di San Paolo fuori le Mura -, là dove Francesco parla dello

“sguardo sacerdotale”,

che è lo “sguardo di un padre”, quello con cui il padre misericordioso della parabola (Lc 15,11-32) ha guardato con amore misericordioso il figlio che tornava dalla lunga fuga peccatrice.

Mi pare che proprio questo sguardo sacerdotale possa e debba essere considerato il cuore dell’insegnamento del Papa.

Uno sguardo misurato sullo sguardo di Dio, che sta ad osservare tutti i suoi figli, a partire da quelli che da lui si sono allontanati, con amore indissolubile.

È lo sguardo del Padre celeste, che nessun tradimento, nessuna cattiveria umana può cancellare o deviare, l’espressione piena della sua misericordia, l’indicazione verace della misericordia che deve impregnare tutta la vita della comunità cristiana; l’immagine che deve imprimersi nel cuore di ogni prete affinché possa imparare dallo sguardo misericordioso di Dio a esserne, con il proprio sguardo, testimone e annunciatore.

Lo sguardo del prete, in comunione con il grande “Pastore” di ogni anima, deve essere fatto di misericordia; uno sguardo che mai ha fretta di condannare: certo, quello sguardo sacerdotale, come quello di Cristo, condanna il male, senza rinunciare mai ad amare i peccatori.

Il prete porta nel suo sguardo d’amore ai fedeli – ai santi come ai peccatori, a chi vive nella ricchezza dei sacramenti come a chi li rifiuta in una vita lontana da Dio – lo stesso sguardo d’amore misericordioso del Padre.
Ma il sacerdote può fare questo nella misura in cui si lascia guardare dall’amore di Dio, che lo segue, anzi, lo insegue, nelle sue peregrinazioni tra bene e male, tra fedeltà e tradimenti, tra bellezza del ministero e fatica del servizio.

Solo il prete che si lascia guardare così da Dio, scoprendosi peccatore salvato, sentendosi oggetto della misericordia di Dio, scoprendosi “misericordiato”, può giungere a quella “vergognata dignità” che, a dispetto delle sue debolezze e fragilità, lo rende testimone della “nostalgia” di Dio; per questo può trasformarsi in colui che osserva tutti i suoi fedeli con lo sguardo di misericordia, che è lo sguardo di Dio.

Trasformandosi quindi in colui che sa, come Dio,

“misericordiare” l’umanità intera.

È con questo sguardo di misericordia, sguardo proprio di Dio e di chi è uomo di Dio, che il prete impara a guardare tutto il mondo, tutta la storia, ogni uomo e ogni donna.

È questo lo stile pastorale che Francesco ha indicato a noi preti.

In questo spirito il prete guarderà anche ai fratelli peccatori non come a dei “casi” ma come a persone bisognose di amore e di perdono. È questo il fondamento di ogni piano pastorale; anzi è questo il piano pastorale indicato dal Papa; ed è, allo stesso tempo, questo il vero progetto di vita sacerdotale: guardare Cristo e, con il suo sguardo, con il suo cuore, guardare l’umanità. Il fondamento della pastorale sacerdotale sta in quello sguardo: come guardare Dio e l’uomo, con quale spirito, con quale atteggiamento, con quale cuore.

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