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Il Papa ai diaconi: “Non è grande chi comanda ma chi serve”

PapaZenit, di Antonio Gaspari

Il servizio cristiano consiste nell’imitare Dio servendo gli altri, “accogliendoli con amore paziente, comprendendoli senza stancarci, facendoli sentire accolti, a casa, nella comunità ecclesiale, dove non è grande chi comanda, ma chi serve”

Con queste parole, Papa Francesco si è rivolto ieri ai diaconi che riempivano piazza san Pietro a Roma per il Giubileo a loro dedicato. Nella sua omelia, il Pontefice ha ricordato che nella pratica cristiana i due termini “apostolo e servitore” stanno sempre insieme, “non possono mai essere separati; sono come due facce di una stessa medaglia”. Per questo “chi annuncia Gesù è chiamato a servire e chi serve annuncia Gesù”.

Come chiaramente scritto nel Vangelo, ha ricordato il Papa, “il Signore è lieto annuncio si è fatto nostro servo”. Egli “non è venuto per farsi servire, ma per servire” e “si è fatto diacono di tutti», come scriveva il Padre della Chiesa Policarpo. Così San Paolo ha ribadito che chi vuole annunciare il Gesù “non può andare su una strada diversa da quella del Maestro”, e per questo bisogna “imitarlo” e “ambire a diventare servitore”.

In tale ottica, ha sottolineato il Papa, “servire è lo stile con cui vivere la missione, l’unico modo di essere discepolo di Gesù”. La strada indicata è chiara vivere nella disponibilità e diventare “servi buoni e fedeli”. Francesco ha quindi spiegato che il servitore ogni giorno impara a distaccarsi dal disporre tutto per sé e dal disporre di sé come vuole: “Si allena ogni mattina a donare la vita, a pensare che ogni giorno non sarà suo, ma sarà da vivere come una consegna di sé.”

“Chi serve, – ha precisato – non è un custode geloso del proprio tempo, anzi rinuncia ad essere il padrone della propria giornata. Sa che il tempo che vive non gli appartiene, ma è un dono che riceve da Dio per offrirlo a sua volta: solo così porterà veramente frutto”. “Chi serve – ha proseguito il Santo Padre – non è schiavo dell’agenda che stabilisce, ma, docile di cuore, è disponibile al non programmato: pronto per il fratello e aperto all’imprevisto, che non manca mai e spesso è la sorpresa quotidiana di Dio”.

“Il servitore è aperto alle sorprese quotidiane di Dio. Il servitore sa aprire le porte del suo tempo e dei suoi spazi a chi gli sta vicino e anche a chi bussa fuori orario, a costo di interrompere qualcosa che gli piace o il riposo che si merita”. “Il servitore trascura gli orari”, ha aggiunto il Papa a braccio – A me fa male al cuore quando vedo orario, nelle parrocchie, da tal ora a tal ora. Poi? Non c’è porta aperta, non c’è prete, non c’è diacono, non c’è laico che riceva la gente … Questo fa male. Trascurare gli orari: avere questo coraggio, di trascurare gli orari”. Allora solo vivendo nella disponibilità – ha raccomandato Bergoglio ai diaconi – “il vostro servizio sarà privo di ogni tornaconto ed evangelicamente fecondo”.

Facendo riferimento al Vangelo odierno, il Pontefice ha poi rammentato due figure bibliche che proprio nel servizio si sono convertiti: il centurione e il suo servo. Dice il centurione a Gesù: “Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto” e soggiunge: “non mi sono ritenuto degno di venire da te” perché “anch’io infatti sono nella condizione di subalterno”. Il centurione serviva infatti l’Imperatore.

Osserva Papa Francesco: “Davanti a queste parole Gesù rimane ammirato. Lo colpisce la grande umiltà del centurione, la sua mitezza”, perché il centurione avrebbe potuto obbligare Gesù a visitare la sua casa, invece “si fa piccolo, discreto, mite, non alza la voce e non vuole disturbare. Si comporta, forse senza saperlo, secondo lo stile di Dio, che è «mite e umile di cuore”.

Dio è amore – ha affermato il Pontefice – e “per amore si spinge persino a servirci: con noi è paziente, benevolo, sempre pronto e ben disposto, soffre per i nostri sbagli e cerca la via per aiutarci e renderci migliori”. Ancora rivolto ai diaconi, il Papa ha sostenuto che non bisogna “mai sgridare” perché “nella mitezza, maturerà la vostra vocazione di ministri della carità”.

Nell’ultima parte dell’omelia, il Vescovo di Roma ha fatto riferimento al servo che viene guarito da Gesù. Ognuno di noi può riconoscersi in quel servo che viene guarito nel corpo e nel cuore. “Per essere abili al servizio, – ha detto – ci occorre la salute del cuore: un cuore risanato da Dio, che si senta perdonato e non sia né chiuso né duro”.

Di qui l’invito a pregare con fiducia ogni giorno per chiedere di “essere guariti da Gesù, di assomigliare a Lui, che “non ci chiama più servi, ma amici”. “Così -ha concluso Francesco – disponibili nella vita, miti di cuore e in costante dialogo con Gesù, non avrete paura di essere servitori di Cristo, di incontrare e accarezzare la carne del Signore nei poveri di oggi”.