SocialDi Davide Maggiore

“Gesù invitava a gridare il Vangelo sui tetti, oggi si tratta di usare altri mezzi: le antenne radio e i social media per arrivare a tutti”. Monsignor Giuseppe Franzelli è vescovo di Lira, in Uganda, e responsabile delle comunicazioni sociali per la Conferenza episcopale nazionale di uno dei Paesi più rappresentativi del cattolicesimo in Africa. Una fede, che sul territorio ugandese, è forte nei numeri (il 47% della popolazione si professa cattolico) come nei simboli: ancora vivissima è la devozione per i 22 martiri uccisi tra 1885 e 1887 e canonizzati da Paolo VI nel 1964. Quella della predicazione della Parola, andando oltre i canali tradizionali, resta però una sfida urgente.

Cambiamento di mentalità. “Bisogna credere di più nella necessità di una comunicazione che vada al di là di quel che diciamo dal pulpito: serve un uso più coraggioso e più coordinato dei mezzi che abbiamo a disposizione, anche se pochi”, esorta mons. Franzelli. Proprio a questa esigenza rispondono, da oltre 10 anni, gli incontri organizzati dal Consiglio per le comunicazioni sociali per gli operatori della comunicazione delle diverse diocesi. Quest’anno, spiega il vescovo di Lira, il tema scelto, sia per l’aggiornamento professionale sia per la riflessione pastorale, è stato quello delle nuove tecnologie e del loro uso per l’informazione e l’evangelizzazione. “Si impone un cambiamento di mentalità, per essere presenti dove è la gente, soprattutto i giovani – spiega il presule -. Per questo va data attenzione ai social media. Possono essere un modo per costruire ponti, che è la nostra vocazione”. I social network e gli altri servizi che possono essere usati anche solo tramite uno smartphone, secondo monsignor Franzelli, sono uno degli ambiti su cui è necessario puntare di più:

“Anche con la povertà attuale di mezzi e risorse, milioni di ugandesi hanno un cellulare: un’applicazione come Whatsapp permette di diffondere anche il messaggio biblico o, in tempo reale, le parole pronunciate dal Papa a Roma; le nuove tecnologie rendono possibile un contatto costante: è importante usare questi mezzi”.

Sono innanzitutto i numeri a spingere in questa direzione: secondo i dati più aggiornati dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu)

oltre la metà degli ugandesi possiede un telefonino.

Coordinamento necessario. Per andare incontro a questa realtà, ai coordinatori diocesani della comunicazione e ai giornalisti dei media cattolici locali sono state fornite, nel corso dell’ultimo incontro, le competenze di base su materie come la costruzione di siti web, la pubblicazione di contenuti online (anche multimediali) e l’informazione tramite i social media. Non si tratta però solo di diffondere notizie, ricorda Franzelli, ma anche di portare avanti il mandato della Chiesa. Raggiungere un pubblico sempre più vasto attraverso i nuovi media, chiarisce il vescovo “è continuare, oggi, la missione e l’evangelizzazione”. Applicare, cioè, l’invito che S. Giovanni Paolo II rivolgeva, già nel 1995 nella sua esortazione apostolica “Ecclesia in Africa”: quello alla Chiesa del continente, “Chiesa di missione” a diventare

“essa stessa missionaria”.

Un compito, anche questo, indicato dalla stessa realtà dei fatti: il continente africano, infatti, nei 10 anni compresi tra il 2005 e il 2014, ha visto aumentare sia in termini percentuali che in rapporto alla popolazione il numero dei fedeli (che ora sono 215 milioni) e anche le vocazioni. Nello stesso periodo, il numero di sacerdoti in Africa è infatti cresciuto del 32%, più che in ogni altra parte del mondo. Per l’evangelizzazione, l’uso di mezzi capaci di ridurre le distanze spaziali e temporali, oltre che di portata potenzialmente universale, come la Rete, è fondamentale, ma risultati importanti, conclude Franzelli, possono essere ottenuti anche con tecnologie meno innovative. Il concetto su cui il vescovo insiste è, di nuovo, quello di coordinamento: “È necessario – esorta – lavorare in collaborazione! In Uganda abbiamo una rete di nove radio cattoliche: bisogna trovare accordi sui temi, condividere i programmi di successo e avere un impatto, facendo sentire una voce concorde della Chiesa sui temi più importanti”.

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