AmbraDi Lara Facchini

Le testimonianze:
Prima Riflessione di Gianfilippo Di Benedetto sui ragazzi autistici esclusi dalla gita
Seconda la testimonianza di Tiziana e Mirko genitori di Manuel
Terza Chiara: “non è facile essere la mamma di un bambino disabile”

DIOCESI – Girano tante figure intorno ad una persona disabile. I genitori, i fratelli, le sorelle e i familiari tutti sono quelli che certamente vivono di più le gioie e i problemi della persona meno fortunata, ma tanti altri ruoli girano attorno a lei. Conosciamo oggi la figura della logopedista grazie alla dottoressa Ambra Guidotti, che con una serie di articoli ci racconterà la sua esperienza personale, ma soprattutto cosa significa lavorare con persone che hanno problematiche gravi, e i passi in avanti che la ricerca fa per le diverse patologie:

«La mia strada ha inizio all’ultimo anno di superiori quando decisi di intraprendere la carriera di medico, sotto consiglio dei miei genitori feci anche il test per le professioni sanitarie, mettendo come prima scelta LOGOPEDIA. Ricordo ancora, prima di partire alla volta della Capitale dove avrei affrontato le prove di ingresso, la frase di mia nonna: “Pregherò non per medicina, ma affinché tu intraprenda la strada per te più giusta”. Non capii l’altezza del suo augurio, oggi non potrei che darle piena ragione.

Se dovessi indicare, oltre a tutte le nozioni e conoscenze apprese dai libri, dall’esperienza nota e ricca dei miei professori e dalla massima qualità dell’osservazione pratica durante le centinaia di ore di tirocinio, gli insegnamenti che ad oggi, più che arricchire la mia cultura, hanno arricchito la mia persona, questi sono due in particolare: innanzi tutto la volontà espressa della direttrice di corso di farci visionare, la prima settimana di lezione, dei video di quelli che sarebbero potuti essere nostri futuri pazienti, adulti e bambini. Ricordo che ogni giorno tornavo a casa rattristata, spaesata e soprattutto impaurita.

Perchè quando non si conosce, si ha paura, davanti alla sofferenza si è sofferenti, e davanti al nuovo, al meno comune, si è spaesati.

Lei voleva farci spaventare, ma per farci superare una prova che sapeva saremmo stati in grado di superare, anzi, più tardi, capii anche la mole di sentimenti opposti che lavorare con persone apparentemente “diverse” dal comune avrebbe apportato; la loro gioia, i loro sorrisi, la loro determinazione e la loro soddisfazione sarebbero diventate per me la mia soddisfazione e la mia determinazione nell’essere, quanto più possibile, la loro “spalla” d’appoggio, nuovi occhi con cui guardare, nuove conoscenze da sapere e tutto ciò, inevitabilmente, avrebbe ridotto anche la loro di paura, allo stesso modo in cui si era appianata quella suscitata anni orsono da quei video.

Il secondo insegnamento furono le parole di un insegnante che ci disse: “Per essere validi operatori sanitari vi sono tre regole fondamentali che devono rafforzarsi e sostenersi a vicenda: sapere, saper essere e saper fare” e ci sottolineavano quanto il saper essere, l’unica da noi non dipesa, facesse poi la differenza soprattutto nell’instaurarsi del legame relazionale e di fiducia con i caregivers (colui che si prende cura del disabile NdG) e con i bambini, che poi costituisce le fondamenta di quanto si andrà a costruire o ricostruire, insieme.

Non di meno vi è l’importanza, in tutti i campi, ma in questo in particolare, di continuare la propria formazione, di aver costante fame di sapere e di sapersi mettere alla prova con rispetto e professionalità per i nostri piccoli o grandi compagni di viaggio.

L’importanza di mantenersi costantemente e doverosamente aggiornati nasce, inoltre, dai giganteschi passi avanti che l’ambito medico sta apportando, per approfondimenti, comorbidità e/o necessità sociali.

Per fare degli esempi citiamo la differenza della terapia per la deglutizione scorretta, che in questi anni, sempre più si è avvicinata a diverse branche della medicina: odontoiatrica, oculistica, fisiatrica, permettendo una visione olistica del soggetto e garantendo ad oggi risultati generalizzati e duraturi nel tempo, cosa che soltanto dieci anni fa era assai rara.

Riflettiamo sui passi avanti apportati alla vita di un soggetto con tisomia 21 (sindrome di Down): recentemente le conoscenze sulla Sindrome Down hanno subito una significativa accelerazione, soprattutto per quanto concerne gli aspetti clinici e, di conseguenza, la qualità dell’assistenza medico- riabilitativa è nettamente migliorata, innalzando, in generale, l’aumento dell’età media.

Impossibile non far riferimento all’autismo, disturbo oltre che raddoppiato nei soli ultimi 10 anni; anche in questo ambito la ricerca sta permettendo, non ancora di conoscere le cause (working in progress), ma certamente di capire il funzionamento cerebrale dei soggetti interessati; ciò ha significato conoscere i campanelli di allarme e quindi di intervenire tempestivamente, di accettare l’enorme diversità tra un soggetto e l’altro, di sapere le aree di forza e debolezza così da stipulare interventi che siano quanto più possibili cuciti sul bambino, sui suoi bisogni e non per ultimi sui bisogni dell’intera famiglia. Le ricerche in questo campo sono esponenziali, basti pensare che le novità apportate sui criteri diagnostici dei più famosi manuali di certificazione diagnostica (ICF o DSM), sono mutate più volte negli ultimi 5 anni così come si sono aggiunti approcci terapeutici, di maggior stampo psico-educativo, integrati nell’autunno 2015 alle ormai datate linee guida del 2011.

Ho fatto riferimento alla tempestività per evidenziare il valore aggiunto che hanno le nuove diagnosi e la nuova e precoce presa di coscienza da parte di un genitore o insegnante.

Qualunque sia la difficoltà di ciascun bambino e quindi l’obiettivo del lavoro da svolgere insieme, la tempestività è uno dei parametri prognostici di fondamentale importanza, troppo spesso vien citata la famosa “attesa”, quest’ultima ha anche un suo valore, ma ovviamente è un discorso specie-specifico. In generale, nella maggioranza dei trattamenti, intervenire precocemente permette alla famiglia di ridurre il disagio, al bambino di non strutturare una propria difficoltà sia essa una semplice sostituzione fonologica (tasa al posto di casa), un disturbo dell’apprendimento (dislessia, disclaculia, disortografia, disgrafia) o un disturbo comunicativo-relazionale (disturbi dello spettro, disprassie, etc), e fornire invece, anzi tempo, strumenti e strategie di riuscita per mantenere sempre viva e rigorosa la propria autostima e poter arricchire le proprie esperienze di apprendimento».

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