LucaDi Carlo Gentili, leggi le precedenti interviste, clicca qui

DIOCESI – Proseguono le interviste curate da Carlo Gentili agli artisti del territorio. Quella che vi presentiamo oggi è stata realizzata a Luca Lupi

Luca Lupi ha mostrato fin dalla più tenera età attitudini artistiche, estetiche ed espressive in senso lato ma il suo primo incontro con il pianoforte avviene a  10 anni. Il suo entusiasmo lo spinge a tentare l’ammissione al Conservatorio G.B. Pergolesi di Fermo, dove si diplomerà in pianoforte   dodici anni più tardi sotto la guida del M° Fabrizio Viti. Il motivo principale di questo prolungamento eccessivo risiede nella mole di interessi che egli inizia a coltivare durante il suo percorso di studi: dall’amore per la filosofia, all’infatuazione per le arti figurative, dalla breve parentesi Jazz, all’improvvisa virata verso la composizione. Più profondo e significativo rimane però il suo interesse per la didattica. Avviato più per questioni di convenienza che per reale motivazione, il Biennio di II livello per la formazione dei docenti della scuola media ad indirizzo musicale, lo sensibilizza ben presto all’importanza della musica nello sviluppo della persona umana e lo pone di fronte al problema dell’insegnamento di una disciplina così importante. Contestualmente ha modo di mettere in pratica le nozioni apprese, nell’ambito della sua attività di insegnante di pianoforte presso la Scuola “Pro Musica” di Fermo. Conseguito il titolo di cui sopra, si dedica all’insegnamento nella scuola media statale. Attualmente vive e lavora a Bologna dove si occupa di formazione musicale nella scuola primaria e collabora con due importanti associazioni musicali del territorio. Fra i suoi progetti futuri ci sono: la composizione e la pubblicazione di un manuale di didattica pianistica, l’organizzazione di scambi culturali con alcune scuole ad indirizzo musicale di Germania e Polonia e si spera, il compimento di almeno uno dei mille corsi avviati da ragazzo.

Perche si crea? Perché si avverte il bisogno di esprimersi attraverso l’arte e la fantasia? Come nasce in te la passione per  il pianoforte?
Si crea perché siamo vivi, ma anche per denaro.
L’arte risponde al bisogno atavico di esprimere il proprio vissuto (si pensi alle pitture rupestri), di fissare in maniera indelebile passaggi cruciali della vita, come se l’arte fosse in qualche modo una prova tangibile che si è in vita. È ovvio che si tratta di un bisogno tutto umano giacché gli animali non sono coscienti di essere in vita. L’arte è espressione dell’essere che vive e la musica lo è al massimo grado: non è un caso che i libri sacri di molte religioni inizino con la Creazione del Mondo da parte della Divinità e che questa creazione avvenga attraverso un canto, un suono, una parola. Non è nemmeno un caso che quasi tutti i giovani delle nuove generazioni amino la musica “da discoteca”, una musica in cui un tamburo scandisce incessantemente il tempo, una musica che funge da tonico del movimento e del morale, che li rende più sicuri di se stessi, che offre loro la stessa protezione rassicurante del battito cardiaco del grembo materno. L’arte risponde al bisogno atavico di esprimere se stessi quindi, senza alcun risvolto psicologico e senza fantasia, almeno in origine. La fantasia e la creatività interverranno molto più tardi, quando la pratica artistica aveva già raggiunto un alto grado di sofisticazione ed al bisogno di esprimere si aggiunge anche la voglia di farlo secondo la propria personalità, di “dire la propria” attraverso l’arte, come a volersi auto affermare … (che poi è una sfumatura del desiderio atavico di cui si parlava sopra). A questo punto potrebbe partire una lunga discussione sulla differenza fra una semplice opera d’arte ed un capolavoro, fra genio e mediocrità e ancora, cosa spinge il genio ad esprimersi in maniera così sublime mentre il mediocre in maniera così insignificante? Oppure, quale bisogno interiore spinse Michelangelo a lavorare fino alla morte? Dubito che l’abbia fatto solo per denaro! E qui arrivo alla seconda parte della mia risposta: si crea anche per denaro. Ogni artista infatti, si dedica al duro esercizio per affinare la tecnica e imparare tutti i segreti del mestiere, poiché un giorno dovrà vivere di quel mestiere e tanto più grande è il suo impegno da apprendista oggi, tanto più eccelso il frutto del suo lavoro domani, tanto più generosa la ricompensa. I musicisti sono generalmente persone di un pragmatismo spaventoso, quasi meccanico! È il tipo di formazione a cui ci siamo lungamente sottoposti ad averci reso tali, credo, il fatto cioè di dover imparare tanta musica in poco tempo ed il fatto di dover fare in modo che funzioni davanti ad una commissione, ad una giuria o ad un pubblico oppure non si passa l’esame, non si vince il concorso, non si ricevono ingaggi.

La passione per il pianoforte in me nasce solo in un secondo momento; prima di tutti è nata la passione per la Musica, ascoltando mio padre strimpellare la tromba in casa, le bande suonare alle feste di paese, il concerto di Capodanno, la collezione di dischi di musica classica a casa degli zii ecc … non mi è successo come a tanti che da piccoli si innamorano dello strumento, io da piccolo sognavo di essere un grande compositore e giocavo a fare il direttore d’orchestra, ma non avevo il desiderio di imparare a suonare uno strumento in particolare. I miei genitori, visto il fortissimo richiamo che la musica esercitava su di me, mi proposero di prendere lezioni di musica. Io non ero affatto convinto, anche perché non avrei saputo scegliere quale strumento praticare. E loro che spingevano per il sax! “No no, il sax non mi sembra uno strumento serio!” rispondevo io. Destino volle che a Monteleone di Fermo, si tenessero lezioni di pianoforte ed il maestro di musica era un vecchio compagno di scuola di mio padre. E così iniziai a prendere lezioni da lui e vedendo che me la cavavo benino, iniziai a prenderci gusto e ad appassionarmi.

Dal Conservatorio alla musica jazz al corso per diventare docente: La tua espressività creativa è molto originale e variegata. Nello specifico, cosa ci puoi dire?
In realtà la mia creatività si esprime anche attraverso altre forme. Ricordo che da bambino preferivo giocare con giocattoli costruiti da me, archi, frecce, spade, fionde, improbabili mitragliatori di canna di bambù oppure perdevo pomeriggi interi a costruire macchine spaziali con i mattoncini colorati. Insomma ricordo chiaramente che il divertimento consisteva nel progettare e poi costruire, nel fare, nel creare con le mie mani. Come accennavo nella breve presentazione sopra, adoro disegnare e dipingere e appena ho del tempo libero mi cimento con soggetti più o meno complessi. Altra passione è la cucina, soprattutto la realizzazione di piatti molto strutturati, di dolci che hanno bisogno di 5 o 6 preparazioni e di lunghi tempi d’attesa: mi piace qui la lentezza e la gradualità con cui si sviluppa un’opera, sia pure frivola come un piatto. Insomma non so perché ma mi piace fare, realizzare cose usando le mani. Questa mia inclinazione si sposa benissimo con la composizione: un pezzo di musica non nasce dal nulla ma si sviluppa intorno ad uno o più motivi (ed anche questi non cadono dal Cielo ma dal nostro bagaglio di melodie già ascoltate) attraverso una serie di sfumature, variazioni e commenti dei motivi iniziali.

Una persona come me che avverte un fortissimo bisogno di esprimere se stesso attraverso la creazione artistica, non poteva rimanere indifferente al Jazz. Qui devo però fare una precisazione: il mio interesse per il Jazz mi ha portato a studiare l’armonia di questo genere così affascinante, ma non ho avuto mai modo di approfondire il discorso dell’improvvisazione, fondamentale per comprendere fino in fondo questo genere. Il Jazz è un linguaggio musicale particolare e per imparare a parlare in Jazz bisogna esercitarsi a farlo. Pressato dalla necessità degli esami e da una maggiore affinità, ho deciso di dedicare più tempo alla musica colta e così sono rimasto indietro col Jazz. Ma, come dico sempre, la prossima estate “mi ci metto”!

Svolgi assidua collaborazione con due importanti associazioni  musicali di Bologna.  Ce ne parli?
Tutto è iniziato quando lavoravo nelle scuole medie della provincia di Ancona e sognavo di trasferirmi a Bologna dalla mia ragazza. Non potendo chiedere un trasferimento in una scuola della provincia di Bologna prima di tre lunghi anni e anche in quel caso, non avendo molte speranze di venir convocato per un incarico di insegnamento visto l’alto numero di insegnanti con più anni di servizio presenti in loco, iniziai a pensare di abbandonare la carriera nella scuola statale e di tentare la via delle associazioni musicali e del lavoro in proprio. Così scaricai da internet i contatti di tutte le scuole di musica e associazioni musicali riconosciute dalla regione Emilia Romagna, iniziai ad osservare il loro modo di lavorare e vedendo che altri insegnanti riuscivano a ricavarne un buono stipendio, iniziai mandare richiesta di collaborazione e curriculum a tutti i loro indirizzi e-mail. Quasi nessuno rispose, allora iniziai a telefonare, ma la formula era sempre la stessa: l’anno scolastico volge al termine, non ci sono nuove iscrizioni, riprovi a fine Agosto. Ma io feci di più. Un giorno mi trovavo a Bologna dalla mia ragazza e navigando in internet alla ricerca di qualcosa da fare nel fine settimana, mi imbattei in un saggio di una di queste scuole. Ci andai e lì capirono che non ero uno dei tanti che chiedeva di collaborare, io ero veramente determinato. Tuttavia dovetti dimostrare questa mia fedeltà e determinazione andando a molti di questi saggi ed incontri prima che si decidessero ad accettare la mia proposta di collaborazione. Poi accadde tutto all’improvviso: la riforma della scuola, la nomina in ruolo con sede di servizio a Granarolo (vicino Bologna), il trasferimento immediato a Bologna, l’incontro con due colleghi della scuola media a loro volta direttori di due delle scuola di musica a cui mi ero rivolto, la loro proposta di collaborazione sulla base del mio desiderio più volte manifestato. Ci sono voluti quasi quattro anni d’attesa e tanta pazienza ma alla fine ho raccolto i frutti.

Tra i tuoi progetti, la pubblicazione di un Manuale di Didattica strumentale ad uso delle scuole e l’organizzazione di progetti di scambio interculturale. Parlacene un po’.
L’idea di un manuale di didattica strumentale risponde ad esigenze di insegnamento: il metodo perfetto non esiste, così in questi anni ho accumulato mucchi di appunti e fotocopie presi un po’ qui e un po’ lì. Inoltre mi sono fatto un’idea abbastanza chiara di cosa insegnare prima, cosa insegnare dopo, come esercitare un determinato aspetto ecc … ho scritto anche esercizi tecnici e piccoli pezzi per i miei allievi. L’idea sarebbe di raccogliere, ordinare ed integrare tutto questo materiale in maniera da potersene servire nell’attività di insegnamento. Non nascondo che il mio sogno sarebbe che tale manuale venisse poi adottato da quante più scuole possibile e si diffondesse in tutto il paese … troppo ambizioso? Può darsi, ma io sono vivo, sono conscio di me stesso e voglio dire la mia nel vasto mondo dell’arte. Oltretutto ci credo e sono sicuro che una folta schiera di insegnanti condividerebbero le mie idee sulla didattica. Il mio primo incarico di insegnamento alla scuola media fu su un posto di sostegno; allora pensai che sarebbe bello e di sicuro successo scrivere un manuale di didattica strumentale dedicato ai ragazzi portatori di handicap che volessero imparare a suonare uno strumento, ma non mi presi sul serio e non lo feci. Qualche anno più tardi, frugando fra gli scaffali di una libreria musicale mi accorsi che qualcuno aveva avuto la mia stessa idea … ma ci aveva creduto ed ora il suo libro era in tutte le migliori librerie musicali d’Italia. Da lì ho imparato che quando uno è convinto di avere una buona idea, deve crederci, crederci fino in fondo.

I progetti di scambio culturale sono invece un’idea che mi è stata suggerita dal fatto che la scuola in cui mi occupo di formazione musicale primaria è gemellata con una scuola francese dello stesso grado e periodicamente ne ospita insegnanti e allievi. Non solo: la nostra scuola aderisce al progetto Erasmus per la formazione in musicoterapia, nell’ambito della formazione permanente dei doceti. Essa ospita quindi delegazioni di docenti provenienti da alcune scuole di Polonia, Germania, Francia e Portogallo coinvolte nel medesimo progetto. Vedendo questo via vai di gente, ho avuto un moto di orgoglio patriottico: perché non mostrare la qualità dell’insegnamento musicale in Italia attraverso un coro di bambini che, accompagnati dai loro insegnanti, si esibiscono in una scuola estera? Perché non tornare ad essere il paese leader nella pratica musicale come eravamo qualche secolo fa? Ora queste sono solo suggestioni, devo trovare il modo di farle diventare un progetto plausibile. Quest’estate mi ci metto … ma non s’era detto che dovevo studiare il Jazz?

Lo studio della musica  nelle scuole….? Come affascinare ragazzini disattenti? Con quali modalità? Con quali mezzi? Tu come faresti…?
L’insegnamento della musica nei primi ordini di scuola è importantissimo perché non c’è attività umana che permetta una completezza espressiva come la musica (lo dicono gli psicologi dell’età evolutiva eh!). Ora non si può pensare che tutti i bambini siano interessati ed attenti alle lezioni di musica, anche perché il senso musicale di un bambino è molto diverso da quello di un adulto. Quindi che fare? La mia strategia principale è affascinare i bambini/ragazzi parlando loro di musica con accenti di meraviglia e stupore, portandoli a pensare che la musica sia la cosa più straordinaria che potesse capitargli. Ovviamente per ottenere questo risultato bisogna amare la propria materia e il proprio lavoro (non è la stessa cosa) e anche qui bisogna crederci tantissimo. Mi capita spesso di sentire colleghi che fanno la seguente affermazione “non dobbiamo pretendere troppo da questi alunni, siamo alle medie, mica siamo al conservatorio!” Nulla di più sbagliato, infatti se si va fare un corso di sci ad esempio,  il maestro ti insegna la postura perfetta, il perfetto modo di inclinare il corpo, il perfetto modo di piegare la gamba, il braccio ecc … stessa cosa per il tennis, il nuoto, la ginnastica, la danza ecc … e la musica? Perché la musica dovrebbe essere insegnata approssimativamente?

Altra strategia per catturare l’attenzione dei giovani allievi è servirsi delle tecnologie digitali per fare lezione, cioè pensare percorsi didattici che includano l’uso della tecnologia. Questa cosa serve e funziona soprattutto con gli allievi in età adolescenziale, i piccoli, fortunati loro, riescono a meravigliarsi anche di un battito di mani.

Il tuo ricordo piu’ bello, piu’ affascinante, piu’ emozionante  legato al tuo mondo musicale….
I ricordi belli sono molti anche se per me la musica è stata anche sacrificio, sofferenza e frustrazione, soprattutto da quando ho iniziato a diventare grande e nella mente hanno iniziato ad intrecciarsi mille insicurezze, timori, paure e freni inibitori. Diciamo pure che i momenti di gioia sono stati meno di quelli di difficoltà … ma quei pochi sono stati veramente intensi e comunque, anche il ricordo dei momenti difficili porta con sé qualcosa di affascinante ed avvincente che, quasi quasi, mi verrebbe voglia di rituffarmi in quei frangenti. Un periodo di profondissima difficoltà e stress è stato il periodo di preparazione dell’esame Compimento Superiore (l’esame di diploma): per tutta l’estate sono stato da mattina a sera chiuso in un conservatorio deserto a studiare il programma d’esame per non so più quante ore al giorno. Unica compagnia i gatti randagi, durante la pausa caffè e la pausa sigaretta. Eppure oggi ripensando a quel periodo mi sento così orgoglioso di me … è stato come un periodo di ritiro spirituale.

Un altro ricordo bello è stato non molto tempo fa: avevo appena finito di eseguire un ciclo di 15 sonate di Scarlatti (per perfezionare le quali avevo sudato parecchio) ed una ragazza di quelle che “macinano” competizioni di continuo e che aveva seguito l’esibizione mi si avvicina e con toni entusiastici mi dice “Complimenti! Non avevo mai sentito nessuno suonare così dal vivo!”

Infine, i momenti magici del mio lavoro quotidiano: quando i miei allievi hanno appena finito di fare lezione e i loro occhi  brillano mentre lasciano l’aula.

Musica  come momento di riflessione personale rivolto dentro di sé,  come mondo interiore da condividere con gli altri o come estroflessione della propria individualità?
Come tutte queste cose direi, è chiaro poi che ciascuno la possa declinare come preferisce. Per quanto mi riguarda, attribuisco alla musica un forte ruolo introspettivo, tant’è che non mi piacciono i brani ai quali non riesca ad attribuire un profondità di qualche tipo, spirituale espressiva o di denuncia. Poiché qualsiasi tipo di musica ha bisogno di un esecutore e poiché l’esecutore è un essere umano, egli interpreterà quella musica secondo il proprio spirito e la propria sensibilità. Qui sta l’atto creativo dell’esecuzione musicale: posso anche suonare un brano scritto da un’altra persona, ma dal momento in cui la interpreto, divento io stesso co-autore del compositore che l’ha scritto, poiché ci metto del mio. Generalmente, un esecutore è ben felice di “raccontare” al pubblico la sua versione di quel determinato brano. Io stesso ricordo che da piccolo, quando imparavo un pezzo che mi piaceva molto, non perdevo occasione di far sentire ai miei quanto fosse bello! Personalmente infine, non sono solo felice di condividere con gli altri le fatiche del mio studio e la bellezza della musica, ma sono anche molto orgoglioso della mia personale interpretazione e voglio che venga presa in considerazione accanto a quella dei grandi artisti … magari non sarà perfetta come la loro ma è figlia mia.

Il tuo mondo di fantasia è popolato da ….. Quali input ti piace dare alla gente? Quali i tuoi sogni?
Non sono una persona che fantastica molto e qui torniamo al discorso che si faceva sopra sul pragmatismo dei musicisti. Mi spiego: faccio dei gran voli di fantasia ma su cose abbastanza concrete cioè come arredare una certa stanza, come organizzare un determinato evento, sarebbe fantastico se riuscissi a fare così o colà ecc … e non so se questo può definirsi fantasia. Un input fortissimo che mi piace dare alla gente, ai miei allievi in primis e io lo faccio attraverso la musica, è imparate a distinguere ciò che è vero, bello e buono da ciò che è falso, brutto e dannoso: spesso le persone, anche fra gli adulti, non sanno distinguere la bellezza e l’importanza delle cose autentiche e tendono a rimpiazzarle con oggetti materiali di nessun valore morale; secondo me la musica può aiutare le persone a capire cos’è il bello cos’è che ha importanza e valore nella vita da ciò che invece è superfluo, facciata luccicante di una personalità irrisolta e frustrata.

Musica come sogno, come fuga, come impegno o  come denuncia?
Anche qui, musica come tutte queste cose! Sta a ciascuno di noi declinarla come più ci piace. Personalmente attribuisco alla musica un altissimo valore spirituale, quindi tendo ad apprezzarla nella sua funzione di espressione interiore, di connotazione psicologica, di ricerca religiosa, di denuncia sociale mentre ne apprezzo meno la sua funzione ricreativa, che pure innegabilmente esiste e funziona. Adoro però le forme della musica popolaresca, i vari saltarelli, balli, stornelli dialettali, cantilene, filastrocche ecc … che nonostante non avessero uno spessore intellettuale, emotivo o spirituale e fossero usate principalmente a scopo ricreativo, racchiudono un che di primigenio e schiettamente espressivo, come di un bambino che non sappia ancora parlare ma che tenti di farsi capire usando la poesia.

Arte e spiritualità: come la vedi?
Nonostante le mie posizioni riguardo alla religione siano tipicamente laiche, mi considero una persona di profondissima spiritualità. Nel mio caso si tratta ovviamente non di una spiritualità religiosa ma di una spiritualità contemplativa. Io credo che la via attraverso la quale sia possibile all’uomo avvicinarsi a Dio sia proprio la musica per il suo potere esclusivo di esprimere nella maniera più completa possibile il Sublime e l’Inesprimibile. D’altra parte l’esercizio musicale ha molto in comune con la preghiera: come la preghiera infatti eleva la nostra anima e ci avvicina a Dio, l’esercizio musicale modifica e migliora progressivamente la mente del musicista (ricordiamoci che si suona prima con la testa poi con le mani) imprimendo in essa un’immagine sempre più chiara dell’idea musicale. La spiritualità di un musicista è una spiritualità di ricerca della Bellezza assoluta e la contemplazione della Bellezza apre lo sguardo sulla bellezza di Dio. Ma non è finita qui. Partiamo da un dato di fatto: un musicista studia ore ed ore per migliorare e perfezionare il più possibile un pezzo, sia che si tratti di un brano da suonare sia che si tratti di un brano che sta componendo, il suo essere viene assorbito da una ricerca di perfezione. Io stesso mi sorprendo spesso ad incaponirmi su brani per i quali magari non riceverò alcun compenso! Perché lo faccio allora? Perché la mia anima gode della completezza, della pienezza data dalla perfezione, gode della Bellezza raggiunta, della bontà del bene conseguito. È la stessa sensazione di felicità che ci dona il fare un gesto di gentilezza ad una persona estranea di primo mattino: cambia la giornata sia a chi lo fa che a chi lo riceve! Quando facciamo qualcosa di buono, si sprigiona energia positiva che investe noi stessi in prima persona in quanto ne siamo felici, ma anche le persone presenti in quel momento; l’energia positiva poi continua passando da queste persone ad altre con cui esse verranno in contatto e così via. Potrebbe anche ritornare a noi questa energia positiva che abbiamo messo in circolo, magari sotto altre forme, come una specie di Karma. Anche il Padre Nostro contiene questo concetto nel passaggio che dice “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, cioè concedici in maniera direttamente proporzionale al nostro impegno. Il bene ci fa bene mi verrebbe da dire, oppure “la qualità fa bene” citando le parole del grande Maurizio Pollini (che di qualità e perfezione ne sa qualcosa). Questa ricerca di perfezione è quindi per me una forma di subconscia preghiera, come a dire “voglio lodare il Signore facendo ciò che so fare meglio ed innalzando più in alto possibile il dono che mi ha dato”.

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