ParcoDi Domenico Delle Foglie

Metti una domenica di maggio a Londra. È una di quelle giornate impensabili per la capitale britannica: il cielo è terso, soffia un leggero vento che spazza le poche nuvole che imbiancano il cielo, la temperatura è quasi estiva. I londinesi giurano che accade per pochi giorni all’anno e dunque c’è da esserne felici. La gente per strada sorride e chiacchiera più felice del solito.
Tante famiglie sono già per strada e si affrettano a raggiungere, muniti di monopattini e di borse per la colazione, gli sterminati e curatissimi giardini di Kensington, quelli per intenderci della famiglia reale. Ad ovest di Hyde Park, restituiscono immediatamente al visitatore la grandezza e al tempo stesso la compostezza dell’Impero britannico.

Vi chiederete perché ci permettiamo questa fuga nel racconto di una giornata qualunque in una delle capitali d’Europa, Brexit permettendo. La ragione è molto semplice: come in una foto d’altri tempi, abbiamo visto più bambini che cani.

Sì, una miriade di bambini corrono felici sui prati e inseguono un pallone o un amichetto. Bimbi di cinque-sei anni, maschi e femmine insieme, sono divisi in due gruppi e fanno esercizi sotto la guida dei maestri. Fra i piedi un pallone di colore diverso: bianco, azzurro o rosa a prescindere dal sesso dei bambini. Tutti fermi accanto ad un birillo a marcare la postazione, come si fa sui veri campi di calcio durante gli allenamenti. E poi una corsa da una posizione a quella opposta, con il pallone fra i piedi e dovendo schivare sia l’amico che corre in direzione contraria, sia l’allenatore. Lui sembra un Reijkard dei bei tempi con molti chili in più. Nel suo completo giallo canarino che contrasta con la carnagione scura, si diverte un mondo ad allenare questi ragazzini. Immancabili le scarpette colorate e le maglie delle squadre del cuore, in prevalenza Chelsea, vista anche l’ubicazione del parco.
Ai bordi del campo, distesi tranquillamente al sole, i genitori e i nonni.

Niente urla di incitamento, ma solo sguardi attenti e rilassati. Corse, tiri in porta e partitella senza tifo. Così capisci che la cultura calcistica la impari sin da bambino su un campetto e non c’è alcun bisogno di genitori urlanti che vestono i panni dei tifosi sfegatati.

I bambini si divertono un mondo e nessun piccolo calciatore riesce a fermare una bambina con le trecce biondissime che fa tunnel a ripetizione e mette in fila tutti i maschietti. Che subiscono anche lo sberleffo senza fiatare. Ché i takle sono vietati, così come tutto il gioco violento
Sui viali, poi, tanti altri genitori con i bambini nelle carrozzine. O in braccio, come quel papà che tiene stretta una neonata che avrà poco più di quindici giorni di vita. Poi ci sono i bimbi più grandi che corrono a perdifiato e senza preoccuparsi di nulla, perché qui non possono circolare neppure le biciclette.
E i cani? Che fine hanno fatto? Ah sì, i cani… Mentre stiamo seduti su una panchina ad ammirare questi splendidi bambini che sono il futuro del Regno Unito, ecco sfrecciare davanti a noi, a velocità supersonica, un cocker nero. Sembra impazzito dalla gioia e dalla sensazione di libertà. Fa lunghissimi giri in circolo, scansando i giovani padroni. Sono una coppia di giovani ancora senza figli, ma nutriamo la solida speranza che anche loro, grazie al lavoro che non manca e all’aiuto concreto dello Stato, ne possano avere molto presto. All’improvviso vediamo avvicinarsi un cane austero, di taglia media, forse un bracco. Guarda il cocker con aria di sufficienza e pressoché lo ignora. Gli si avvicina solo quando il cocker si ferma per riprendere fiato. Tutti e due sotto gli occhi vigili dei rispettivi padroni. Poi vediamo un terzo cane e ci scappa un sorriso. E uno di quei buffi bassotti grassottelli che la padrona porta in giro su una specie di passeggino. Ecco, questo ci mancava.
In conclusione: in quelle ore nel parco londinese finalmente abbiamo visto più bambini che cani.

Per la precisione: decine di bambini e solo tre cani tre!

Uno spettacolo che può rincuorare i britannici, ma forse dovrebbe allarmare noi italiani. Che nei giardini dobbiamo fare lo slalom per aggirare i cani e non sentiamo più le urla di gioia dei bambini. A buon intenditor…

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