TanzaniaDi Davide Maggiore

La distanza da un ospedale, la disponibilità di farmaci sufficienti, la presenza di personale adatto al momento giusto. Quando si tratta di cooperazione sanitaria nei Paesi in via di sviluppo, difficoltà del genere possono rappresentare per molti pazienti degli ostacoli difficili da superare: barriere che le organizzazioni non governative e le autorità statali avrebbero bisogno di conoscere al più presto per poter trovare una soluzione. In questa direzione va un progetto del Dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale (Dfid) che ha scelto di puntare anche sulla tecnologia per rendere più forte la voce delle popolazioni locali in diverse parti dell’Africa e dell’Asia.

Messaggi telefonici. Tra le zone scelte per la sperimentazione dell’iniziativa, il cui nome tecnico è “Beneficiary Feedback Mechanism”, c’è la regione di Iringa, in Tanzania. Qui, in un’area dove opera l’organizzazione italiana Medici con l’Africa – Cuamm, 42.000 persone e 16 villaggi hanno preso parte al progetto, che usa anche i messaggi sms inviati dai cellulari per migliorare il servizio sanitario.

Circa il 60% delle famiglie nella zona, infatti, possiede un telefono mobile: un mezzo particolarmente adatto per permettere la comunicazione in entrambe le direzioni tra chi gestisce il servizio e i possibili beneficiari.

Da un lato, infatti, ora può bastare un promemoria telefonico per ricordare a una donna incinta i giorni delle visite prenatali, essenziali per tenere sotto osservazione il suo stato e quello del nascituro, o le date delle vaccinazioni del proprio bambino. Dall’altro, grazie al software “Frontline SMS” gli stessi pazienti possono indirizzare messaggi e chiamate a un numero verde, gratuito, per segnalare problemi, esprimere bisogni e valutare il servizio. In questo modo, spiega Rossana Urso di Medici con l’Africa – Cuamm (unica Ong italiana chiamata a far parte del progetto) “la comunità ‘fa proprio’ il servizio, permettendo di far corrispondere gli sforzi di chi lo gestisce ai bisogni della popolazione”. Un approccio, prosegue, che “è anche un modo ulteriore di sentirsi parte integrante della società, in particolare per chi fa parte delle categorie più vulnerabili”.

Contro l’esclusione. La filosofia dell’iniziativa, infatti, è proprio quella di concentrarsi sulle fasce della popolazione che, nei programmi sanitari rischiano di rimanere ai margini delle iniziative e dei possibili benefici. “Un meccanismo di questo genere – prosegue Urso – ci permette di avere un controllo in tempo reale sul fatto che nessuno resti escluso e mette anche le autorità nella condizione di rispondere”. La comunicazione continua – che avviene anche con metodi più tradizionali come cassette delle lettere distribuite su tutto il territorio interessato – infatti, non si limita a rendere protagoniste del servizio le persone che ne usufruiscono, ma rappresenta uno stimolo anche per chi deve garantirlo. “Ad ‘attivare’ il progetto è la comunità, ma il ruolo delle organizzazioni impegnate deve essere quello di dare una risposta alle esigenze”, spiega ancora Urso. Un primo risultato nell’area di Iringa è stata la costruzione di una ‘casa d’attesa’: un luogo dove garantire, quando il termine della gravidanza si avvicina, il ricovero delle future mamme che vivono nelle aree più difficili da raggiungere, riducendo così i rischi per la salute in caso di emergenze.

Risposta efficace. La possibilità di avere un canale di comunicazione sempre aperto con gli operatori sul territorio, però, è stata sfruttata anche al di là dell’ambito sanitario.

Il numero verde, infatti, ha ricevuto anche segnalazioni che riguardavano problematiche sociali come violenze domestiche, o la condizione degli orfani o dei bambini non in grado di frequentare le scuole.

Situazioni a cui, ancora una volta, cooperanti, comunità e governo locale hanno reagito insieme, creando un’unità incaricata di tenere sotto osservazione questi casi e attivare meccanismi di risposta. E mentre si cerca d’individuare altre aree a cui estendere il progetto di comunicazione, proprio l’idea della task force è stata adottata dal governo, che ha deciso di continuare a servirsene anche dopo la fine ufficiale della sperimentazione: un esempio dei cambiamenti che l’attenzione al punto di vista del territorio può portare con sé.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *