Don Ivan Maffeis“È consapevolezza ormai acquisita quella di dover rendere conto con chiarezza delle questioni amministrative legate alle nostre realtà ecclesiali. Non si tratta soltanto di gestire i beni in maniera corretta e onesta, ma anche di comunicarlo in maniera lineare e da tutti verificabile”. A ricordarlo ieri agli oltre 200 incaricati diocesani per il Sovvenire presenti a Bologna al convegno nazionale “Condivisione dei beni per un umanesimo di misericordia”, promosso dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, è stato don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e responsabile dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali. Nel suo intervento dedicato a “Potere della notizia: scandali ed economia”, don Maffeis ha parlato di una “trasparenza” che dice “un modo di essere Chiesa; Chiesa che, come ricorda il Concilio, ‘si serve di beni temporali nella misura che la propria missione richiede’”.
“La cultura odierna – ha aggiunto – è attraversata da attese ed esigenze sempre maggiori di trasparenza. In un tempo in cui si sono accelerate enormemente l’intensità e la rapidità dell’informazione, grazie allo sviluppo della Rete e dei social network, tale richiesta di trasparenza è diffusa e investe in maniera specifica la Chiesa”. Lo è ancora di più nelle questioni che riguardano “sia gli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero, sia la legalità nell’attività economica e finanziaria”. Il peso degli scandali, riportati dai giornali e legati, per esempio, all’uso distorto di fondi dell’8×1000, secondo don Maffeis, “genera smarrimento e provoca sfiducia nella gente con la conseguente diminuzione della propensione a scegliere la Chiesa cattolica nella firma dell’8×1000”.
L’evoluzione culturale della società, “unita agli interrogativi posti dai media”, ha spiegato il sottosegretario della Cei, “ha portato a maturare in fretta nella comprensione e, quindi, nel coraggio di dover dare conto anche di situazioni imbarazzanti o negative. Oggi, per quanto attiene alla sfera della moralità e della legalità, è necessario essere pronti e propositivi nel dire la verità. E, del resto, è sotto gli occhi di tutti il forte impegno della Chiesa per un’informazione corretta e obiettiva, attenta a dare ragione delle prese di posizione di vescovi, di linee guida e di normative”.
Per don Maffeis si tratta di “un banco di prova, che comporta spesso un sofferto cammino di purificazione; è criterio di credibilità, per cui bisogna essere in grado di non avere nulla da nascondere, forti di una testimonianza che si qualifica per il rigore, la coerenza, il rifiuto di ogni ipocrisia e doppiezza. Perché, se è pur vero che dobbiamo stare attenti a non trasformare la stessa trasparenza in un assoluto – in alcuni ambiti, infatti, è lo stesso rispetto del cammino ecclesiale a richiedere che alcune fasi siano protette, custodite e accompagnate con la necessaria discrezione – attorno a questioni morali ed economiche un senso di nascondimento non si può giustificare in alcun modo: va superato senza esitazioni”.

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