Sala StampaM.Michela Nicolais

Tre verbi – “accompagnare, discernere e integrare” – e un imperativo: “Integrare tutti”, cioè “aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita”. È Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di Papa Francesco firmata il 19 marzo, ma pubblicata l’8 aprile e indirizzata “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia”. “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”, esordisce Francesco nel documento – 260 pagine, 325 paragrafi articolati in nove capitoli – in cui definisce “un prezioso poliedro” il contributo offerto dai padri sinodali nei due anni di cammino del Sinodo sulla famiglia, il primo del suo pontificato. E proprio le due “Relatio Synodi” del 2014 e del 2015, insieme alle 28 catechesi del mercoledì nel periodo intersinodale (menzionate 50 volte), sono i testi maggiormente citati da Francesco, insieme agli interventi dei suoi predecessori – san Giovanni Paolo VI, Paolo VI e Benedetto XVI – in testi basilari per la pastorale familiare come la Familiaris consortio e l’Humanae vitae. Parlare delle famiglie “così come sono”, la consegna del Papa improntata a un sano realismo cristiano e alla tradizione gesuitica dell’educazione alla responsabilità personale: di qui la necessità di “una salutare autocritica” sul modo in cui abbiamo parlato del matrimonio, facendone a volte “un ideale troppo astratto”. No, allora, alla distinzione tra famiglie “regolari” e “irregolari”: “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivono in stato di peccato mortale”. Sì, invece, nell’Anno del Giubileo, allo “sguardo positivo” sulla famiglia, improntando a quella stessa misericordia che Gesù ha usato con la samaritana.

“Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – l’affermazione di sintesi del Papa sull’impostazione di fondo del documento – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi”.

Per le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie la legge da seguire è quella della “gradualità”, già sancita da san Giovanni Paolo II 35 anni fa, nella Familiaris consortio.

“I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse”, scrive il Papa esortando i vescovi e i pastori a coniugare “discernimento personale” e “discernimento pastorale”. I divorziati risposati, in particolare, “devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”.

È la “logica dell’integrazione”: “Sono battezzati, sono fratelli e sorelle”, “non devono sentirsi scomunicati”, e la loro partecipazione “può esprimersi in diversi servizi ecclesiali”, attraverso la capacità di “discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”.

“Credendo che tutto sia bianco e nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”.

Nell’Amoris laetitia, non si nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma – in una nota dell’ottavo capitolo -, a proposito dell’“aiuto della Chiesa”, si fa presente che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”.

L’invito ai pastori è al “discernimento pratico” caso per caso: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà”.

“Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”. Ne è convinto il Papa, che nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo del testo spiega in questi termini la “logica della misericordia pastorale”.

Tiene i “piedi per terra” il Papa, nel secondo capitolo, dedicato all’analisi della situazione delle famiglie. L’abuso sessuale sui bambini è “ancora più scandaloso nelle istituzioni cristiane”, tuona Francesco, che stigmatizza l’ideologia del “gender”, la pratica dell’“utero in affitto”, la violenza sulle donne e in fatto di migrazioni esorta a distinguere tra “mobilità umana” e “migrazioni forzate”. Nel sesto capitolo, ampio spazio alla preparazione remota e prossima al matrimonio. Tra le proposte, istituire nelle parrocchie “un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare”. Una trattazione a parte meriterebbero il quarto e il quinto capitolo, definiti “centrali” dallo stesso Francesco: un tributo all’“amore” umano in tutti i suoi aspetti, comprese la fecondità e la generatività.

“Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi”. A ribadirlo è il Papa, che nel capitolo sesto dell’Amoris laetitia, tra le “situazioni complesse”, cita i matrimoni tra cattolici e altri battezzati, i matrimoni misti e quelli con disparità di culto.

Imparare a educare i figli senza l’“ossessione del controllo”. È uno dei consigli del Papa ai genitori, contenuto nel capitolo settimo, dedicato a questo tema.

“Sì all’educazione sessuale”, il titolo di un paragrafo, in cui il Papa propone un esame di coscienza: “Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida”.

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