Elisa Mascaretti, Clan Fuoco Jonathan, Gruppo Scout Grottammare 1

GROTTAMMARE – Oggi vivere la Pasqua appieno, senza essere travolti e distratti dalle uova di cioccolato, dal pranzo domenicale e dai vari preparativi può essere molto difficile. Noi ragazzi del clan/fuoco Jonathan del Grottammare 1 ogni anno abbiamo la bella opportunità di passare insieme il triduo pasquale, preparandoci al meglio alla Pasqua e riscoprendo il suo vero significato.
Anche quest’anno il giovedì santo ci siamo incamminati fin dal mattino, diretti verso il paesino di Mozzano dove avremmo trascorso la notte.
Lungo il nostro cammino abbiamo affrontato un argomento a prima occhiata semplice, ma in realtà ricco di spunti di riflessione su noi stessi e sulla nostra quotidianità: la preghiera del Padre Nostro. Ci siamo resi conto di come spesso, questa venga ripetuta come una cantilena di parole a cui non diamo un significato particolare, mentre le frasi da cui è composta sono impegni veri e propri che abbiamo imparato a recitare con più consapevolezza.
Arrivati a destinazione, dopo aver assistito alla celebrazione della lavanda dei piedi, siamo tornati indietro nel tempo, cercando di rivivere la cena ebraica della Pasqua, celebrata da Gesù nella Giudea del primo secolo, il giorno prima della sua morte.
Il venerdì santo è stato un giorno di digiuno, un digiuno non solo fisico ma soprattutto spirituale che ci ha portato a rinunciare al cibo, ai cellulari, ai social network e al fumo, per qualcuno. Accompagnati ancora dalle parole del Padre Nostro e dalla fatica del cammino, abbiamo vissuto quello che chiamiamo deserto, ovvero un momento di solitudine interiore, per guardare dentro noi stessi, in quegli angoli bui in cui nella vita di tutti i giorni evitiamo di addentrarci.
Le parole della preghiera che ci ha insegnato Gesù sono state accompagnate da momenti significativi, in cui abbiamo tentato di mettere in atto il loro significato più profondo. Una catena di favori ha rappresentato l’espandersi del regno di Dio, delle forti testimonianze ci hanno mostrato la gioia e il dolore che spesso derivano entrambe dall’accettare la volontà di Dio e aiutandoci a vicenda abbiamo cercato di superare la difficoltà del perdono.
Ci siamo poi riposati nel giardino di un monastero affacciato su di un fiumiciattolo, per poi partecipare quindi alla celebrazione dell’adorazione della croce, circondati dalla pietra fredda e antica che aveva assistito a chissà quante altre celebrazioni simili.
Il sabato mattina c’è stato un momento dedicato a noi ragazze più grandi del clan.
Il percorso di educazione scout, infatti, non può durare per sempre e arriva il momento in cui tutto ciò che ci è stato insegnato e che è servito a migliorarci deve essere portato al di fuori della ristretta comunità clan, per far sì che venga messo a frutto.
Grazie a delle lettere, sono stati espressi nero su bianco i nostri desideri per il futuro e le nostre incertezze sul presente e la nostra gratitudine per gli anni passati e per le persone incontrate nel nostro cammino. Nonostante la difficoltà di lasciare ciò che per molti anni è stato parte integrante della nostra vita, i nostri capi ci hanno ricordato che per volare bisogna prima lasciarsi cadere da una grande altezza e questo a volte può far paura, solo così però si possono aprire le ali e spiccare il volo.

Infine, terminando le riflessioni sul Padre Nostro, abbiamo chiuso questi tre giorni passati insieme con l’Amen, inteso non come la fine ma come il principio di tutto, come un vero e proprio auspicio di tornare a casa più consapevoli della vicinanza di un Dio che vuole essere chiamato da noi Abbà, ovvero, Papà.

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