++ CHIESA: CORTE STRASBURGO, NO A CROCEFISSI NELLE CLASSIVescovo Nazareno Marconi

Ogni anno di questi tempi si scatena da qualche parte dello Stivale la guerra di religione della benedizione pasquale. Per affrontare la questione in modo imparziale non cito documenti papali, ma la laica Enciclopedia Treccani.

«Benedizione. Atto e parole con cui si formula un augurio di bene e prosperità e si invoca la protezione celeste su una o più persone. Nelle manifestazioni più umili del sentimento religioso, è uno dei modi in cui si attua il potere della parola: essa è, come la maledizione, una parola di consacrazione, ma, a differenza da questa, positiva anziché negativa. La benedizione si trova in tutte le religioni, ma soltanto in quelle superiori si presenta depurata dall’elemento magico-superstizioso. Essa è frequente nella Bibbia, come preghiera e invocazione, rendimento di lode e grazie a Dio, o anche come data da Dio al creato, come augurio di prosperità elargita da Dio. Nella prima forma, soprattutto, la benedizione ebbe largo sviluppo nell’ebraismo e nel giudaismo posteriore: un intero trattato, il primo, della Mishnāh porta il titolo Benedizioni e contiene le prescrizioni relative a quelle che si devono rendere a Dio in ogni momento e per ogni azione o fatto nella vita. Il benedire o il «render grazie» per il cibo in varie circostanze si ritrova infine anche nel Vangelo. Affine a questa è in certo modo la basmala (o anche bismillāh), invocazione del “nome di Allah clemente e misericordioso” nell’islamismo».

Detto in parole più dirette, si può guardare sia in ambito credente che ateo alla benedizione nell’ottica della superstizione come un atto di potere, con cui un uomo investito di “energia magica” può “portare bene” a chi viene benedetto, ma con ciò riafferma il suo potere, perché se contrariato potrebbe anche maledire, cioè “portare male”, con malocchio ed affini. Chi crede in questo, sia religioso che ateo, fa della benedizione un contenuto di discussione e contesa: chi ti benedice esercita su di te un “potere” e hai tutto il diritto di respingerlo, magari impedendogli l’ingresso in un locale pubblico come la scuola.

Sarebbe però ora che, sia nella Chiesa che nella società, la cultura religiosa venisse valutata per ciò che realmente è, cioè un efficace baluardo nei confronti della superstizione e della “magia” sopra descritte, esse sì realmente dannose a una vita sociale serena. Pensate quanto dolore inutile provocano le paure di malocchi e cose simili in chi crede di averli ricevuti e quanto odio ingiustificato nei confronti di chi li avrebbero praticati, il più delle volte persone del tutto ignare di esserne accusate.

La cultura religiosa è baluardo nei confronti della superstizione e della “magia”

Quando un credente entra in un luogo per benedirlo, non attua alcun “potere” sugli altri. Prima di tutto infatti benedice Dio, cioè loda Dio per le cose e le persone che ha creato. Se c’è qualche credente presente, sarà felice di unirsi a questa lode; se c’è un ateo le riterrà parole vuote che non lo toccano minimamente. Poi nella benedizione si benedicono le persone, cioè si augura il bene alle persone presenti. Se c’è un credente riceverà questo augurio come un dono da parte di chi benedice e di Dio in cui crede. Se c’è un ateo riceverà questo augurio come il semplice auspicio di bene, proveniente da una persona come lui. Tra persone educate mi sembra una cosa sempre buona, da fare e da ricevere con gratitudine.

Chi benedice non impone alcun potere; offre a tutti un augurio di bene

Se a benedire è un sacerdote, o il vescovo, per il credente c’è una certificazione più chiara della vicinanza di Dio e della comunità ecclesiale a questa azione di preghiera che si compie. Per un ateo mi pare possa essere considerato un segno di attenzione positiva, perché l’augurio di bene viene da una persona rivestita di una certa autorità e per ciò rappresentante di una intera comunità di persone. È come se non solo lui, ma tutti quelli che rappresenta, offrissero un augurio di bene. Ancora una volta il galateo insegna a ricevere questa attenzione positiva in maniera accogliente e serena.

Se riusciremo nel tempo a liberare l’Italia da superstizione e ideologie, secondo me quel giorno dovrà essere ricordato come il “Giorno della Liberazione”, sia dai credenti che dagli atei, in una maniera ancora più solenne che il 25 aprile.

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