DIOCESI – Pubblichiamo l’invito dellUfficio di Pastorale Familiare: “Domenica 13 Marzo si svolgerà l’incontro del “Percorso di vita e di fede con gli sposi che vivono in situazioni di separazione, divorzio e nuova unione” presso il centro pastorale di Via Pizzi 12 a San Benedetto del Tronto dalle ore 15,45 all oree 18,00.

Pubblichiamo gli appunti tratti dal discorso del Vescovo Carlo Bresciani all’ultimo incontro di febbraio: Parlare di misericordia come concetto astratto è facile, ma quando se ne parla nei confronti di una persona concreta, questo concetto diventa reale e si concretizza in qualcosa che spesso ci è difficile capire e vivere, anche se si tratta di un familiare o un amico.

La misericordia è un modo di prendersi cura dell’uomo nel suo corpo e nel suo spirito;  può, quindi, essere corporale  o spirituale:  ai poveri si offrono i beni materiali necessari, ma anche lo spirito va curato e ciò si realizza, per esempio, nel portare ai poveri il lieto annuncio del Vangelo o nell’educare alla fede. La misericordia di Dio si manifesta pienamente solo nella cura globale dell’essere umano, che coinvolge, quindi, anche l’aspetto della povertà morale e spirituale: è questa che mette in crisi le relazioni umane e matrimoniali. Gesù con la sua misericordia ci insegna come costruire, o ricostruire, le relazioni umane, spesso ferite, e curarle significa fare un’opera di misericordia.

Un aspetto da prendere in considerazione è la tentazione di fare una selezionare  tra le persone a cui applicare la misericordia, escludendone altre da essa: nel Vangelo Gesù fa capire che essa è per tutti e provoca scandalo quando, con la sua misericordia, accoglie coloro che gli altri scartano, e cioè i peccatori, i pubblicani e le prostitute.  Gli scribi e i farisei, nella loro fede che aveva bisogno di essere purificata da una visione di Dio errata, rifiutavano queste persone.

Gesù ci dice che la misericordia di Dio è per tutte le persone, perché tutti siamo suoi figli e tutti siamo chiamati alla santità, cioè alla comunione piena con lui, diventando misericordiosi come Lui. La santità dipende dal modo in cui viviamo la situazione nella quale di fatto siamo venuti a trovarci. Dio non ci invita a rimanere passivamente o depressivamente nella condizione in cui ci troviamo, ma a prendere in mano, anche con fatica, quello che siamo per camminare, insieme, verso quello che dovremmo essere. Gesù non ci giudica in base a quello che siamo stati, ma in base a quello che vogliamo essere e ci impegniamo ad essere. Egli ci indica le possibili strade nuove per la nostra vita: per esempio, la prostituta che scandalizzava i farisei perché Gesù l’accoglieva, non può cambiare il proprio passato, ma questo non significa che la sua vita sia finita e che il suo passato sia tutto e non ci sia altra possibilità di vita.

Il perdono e la misericordia di Dio ci fanno cambiare vita; la misericordia ci raggiunge là dove siamo e ci apre una finestra sulla speranza di un futuro diverso, al di là della situazione concreta in cui ci troviamo.

Proprio per questo, il giubileo della misericordia ci invita ad entrare in una comprensione più profonda del cuore di Dio, perché la misericordia si comprende guardando come Dio agisce e che cosa significa per Lui la misericordia verso di noi. Dio ci dona misericordia perché è amore infinito, ma che cosa significa per Gesù darci misericordia, che cosa significa accettare me, il mio peccato, la mia infedeltà? Dio ha un cuore di un Padre che constata la miseria del figlio e ne soffre, è toccato dalla sofferenza per noi. La sua misericordia è un dono gratuito che va oltre la ferita che noi gli procuriamo, e questo perché guarda non a se stesso, ma al nostro bene.

Ciò significa che non bisogna mai disperare del nostro peccato; significa che abbiamo bisogno della misericordia di Dio, ma Lui è un Dio forte, capace di tollerare la nostra povertà con pazienza infinita.

Occorre però che noi ci domandiamo quali siano le condizioni per accoglierla. Non basta che Dio ce la doni; per accoglierla bisogna che anche noi stessi incontriamo e facciamo i conti con il nostro cuore ferito per superarlo e non chiuderci sulle nostre ferite; occorre che accettiamo di avere bisogno di Lui, che non siamo perfetti, non siamo onnipotenti, che in alcune questioni, di varia natura, abbiamo fallito. Avere bisogno di misericordia vuol dire riconoscere che l’errore non è sempre dell’altro; anche nelle relazioni d’amore che funzionano ci sono ferite più o meno grandi: la misericordia le supera, ma non con accettazione passiva, silenziosa. Dio è misericordioso, ma non tace, cerca il nostro bene, come quando con benevolenza accetta l’adultera e le dice di andare in pace, ma anche di non peccare più. Il “non peccare più” è per il bene dell’adultera, è la via indicata per cambiare strada, per aprire un futuro carico di speranza. La misericordia implica chiamare il male con il suo nome, ma distinguerlo da colui che lo compie: il male va condannato ma colui che lo compie va aiutato a superarlo.

Sulla croce Gesù aveva il cuore ferito materialmente e spiritualmente: aveva fatto tutto il bene possibile per noi, ma solo inchiodato su quella croce ha manifestato la sua più grande misericordia, dicendo “Padre perdona loro”. In quella grande povertà estrema, la più grande ferita del suo cuore si accompagna all’apertura di una misericordia più profonda. Ciò significa che nessuna ferita impedisce a Dio di avere misericordia per noi. Per questo possiamo sempre confidare nella sua misericordia. Questo vuole dirci il Giubileo della misericordia che stiamo celebrando. Facciamo in modo che anche gli altri possano confidare nella nostra misericordia.

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