quartiereDi Andrea Damacco

A Bari c’è un quartiere dimenticato da tutti: istituzioni, forze dell’ordine, associazioni private. Ma non dalla malavita, prima del clan Piperis poi di quello degli Strisciuglio che ne fa terra di conquista, di spaccio, sangue e violenza. Gli ultimi casi di cronaca pochi giorni fa con due sparatorie nel giro di una settimana. È il quartiere di Enziteto-Catino, ribattezzato San Pio-Catino dopo la morte per stenti, maltrattamenti e denutrizione della piccola Eleonora poco più di dieci anni fa. Una landa desolata a quindici chilometri dal centro cittadino, un quartiere ghetto non troppo diverso dallo Zen di Palermo o da Scampia a Napoli, se non per le più ridotte dimensioni.

“Qui non abbiamo mai visto nessuno, siamo stati abbandonati da tutti, siamo una frazione di Bari che non è Bari”.

A gridare tutta la rabbia della gente di Catino è don Luciano Cassano, che da 15 anni guida la parrocchia di San Nicola, situata in un locale commerciale che gli costa 500 euro al mese: da lì prova a risollevare un quartiere e un popolo vessato e stanco di subire la prepotenza della camorra barese e l’indolenza delle istituzioni. “Le autorità si ricordano di noi solo quando ci scappa il morto – continua don Luciano –. Ora passa una pattuglia una volta al giorno ma poi c’è il nulla”.

Una terra di droga e sangue. Catino, nel silenzio generale, sta smettendo di essere Bari, anzi di essere mondo. “I miei ex compagni di scuola sono per lo più ai domiciliari, il supermercato della zona viene rapinato almeno una volta al mese e tra le palazzine si spaccia senza alcun problema perché tanto, qui, la polizia non c’è mai. Abbiamo paura ad uscire perché tra le strade si spara con tanta facilità”. Sono queste le parole di alcuni dei ragazzi ancora rimasti nel quartiere. “Ma è inutile fare promesse per Catino solo per lavarsi la coscienza. – replica don Luciano -. La verità è che questa è una terra dimenticata. Due Natali fa, per esempio, il Comune organizzò gli addobbi e le luminarie dei quartieri della città ma Catino rimase esclusa, al buio”. E al buio i ragazzi non vogliono restarci, perciò appena possono fuggono, vivono altrove la loro adolescenza, spesso vergognandosi delle loro origini. Tra le vie di Catino sei ben accetto solo se resti con la bocca chiusa oppure se spacci o se rubi. Oppure se sei forte come don Luciano: “I boss rispettano questo luogo perché li affronto a muso duro – dice don Luciano -. Devi fare la parte del leone ma allo stesso tempo accogliendoli con un abbraccio fraterno, prendendo i loro figli e coinvolgendoli nei campi scuola e nelle attività parrocchiali. E non è sempre facile gestirli perché provengono da situazioni familiari difficili. Ma io ho il dovere di formarli”. È talmente tanta la fiducia in don Luciano che capita che i criminali stessi chiedano di tirar fuori dal mondo della mala i propri figli:

“In alcuni casi sono i genitori stessi a portarceli – continua il sacerdote del quartiere -, perché vogliono che i figli stiano lontani dal mondo della criminalità e dell’illegalità. Sanno benissimo che qui non c’è nulla e che l’unica alternativa è delinquere, ma per i propri figli vogliono un altro futuro”.

Ritornare a far parte del mondo. Il 12 maggio 2014 è stata posata la prima pietra della nuova chiesa di San Nicola e prima dell’estate sarà pronta per donare una nuova vita alla gente di Catino. “La speranza è che con la nuova chiesa si possano creare nuove attività, laboratori, tornei sportivi che possano essere l’occasione per iniziare davvero a vivere il quartiere – dice don Luciano -. C’è una grande necessità di informare e soprattutto formare le menti delle persone dando così una coscienza di popolo”. In un quartiere che non possiede niente se non case di edilizia popolare occupate e “gestite” dalla camorra barese, la nuova chiesa è un vero faro di speranza per la brava gente che vuole per sé e per i propri ragazzi un futuro diverso. Per riscoprire, attraverso una pluralità di nuove attività socio-culturali, la bellezza di essere cittadini consapevoli e diventare sempre più una comunità unita nella legalità e nella solidarietà e pronta a rifiutare la cultura della violenza e della morte. “Qui c’è brava gente, che si impegna, che cerca il riscatto che si merita”. Catino è Bari ma non è Bari, è per le istituzioni solo una gran scocciatura, un posto che è terra franca gestita dalle cosche criminali. Ma chi ci abita non la pensa così, non vuole più sentire parlare di morti, soprusi, rapine e droga. Don Luciano ci mette il cuore e i muscoli. Ma sa che non è solo, con lui ci sono i ragazzi spaventati dalle pallottole vaganti ma che lottano per tornare a riconquistare una vita che tutti i ragazzi del mondo meritano.

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