PapaDi Francesco Bonini

Ben dentro ormai il ventunesimo secolo cambiano gli spazi del mondo. Papa Francesco ci scommette. “Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra” ha detto il 29 novembre scorso, aprendo nel centro dell’Africa la prima delle tante porte sante che ha voluto aprire quest’anno, per far toccare con mano tempi nuovi e nuovi spazi.
Dopo lo storico abbraccio con il Patriarca Kirill e la firma della dichiarazione comune, il 12 febbraio, ringraziato “il grande popolo cubano e il suo presidente”, papa Francesco ha detto che “di questo passo, Cuba sarà la capitale dell’unità”.
Questa duplice, sorprendente proclamazione non è una bella frase consolatoria. E’ il segno

di un respiro planetario che papa Francesco non solo afferma, sulla via dei suoi predecessori, ma vuole in concreto testimoniare. Con franchezza, con coerenza, con forza.

Il quadro è tracciato chiaramente nell’enciclica “sociale globale” Laudato Si’: c’è un enorme problema di sbilancio, nel mondo globale del ventunesimo secolo, che si deve risolvere, prima di tutto prendendone coscienza: di qui il discorso sui “muri”, la denuncia dei “muri”. Ma accanto alla denuncia c’è la proposta, l’annuncio. Ecco allora la proclamazione di queste capitali. L’idea in fondo, che l’esempio di Cuba illustra alla perfezione, è proprio che oggi è tempo che pezzi di mondo diventino da problema una risorsa per i tempi nuovi.
E’ dunque un messaggio di speranza, ma anche un monito, proprio perché il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo in questi anni è aperto agli esiti più diversi, di libertà o di oppressione, di crescente partecipazione o di crescenti diseguaglianze e ingiustizie.
Ecco allora queste due capitali, la prima, una delle frontiere dell’espansione jihadista,dell’islamismo politico e della resistenza ad esso, ma anche della povertà e del sottosviluppo e la seconda, una delle frontiere della guerra fredda e dell’equilibrio del terrore, ma anche della crisi economica.

Da problemi a risorse, l’Africa e l’America latina, per realizzare un nuovo equilibrio, una transizione verso lo sviluppo che salvaguardi e promuova libertà e solidarietà.

Certo sono segnali, testimonianze, speranze, su cui il Papa si spende con grande franchezza, consapevole che il risultato non è immediatamente assicurato, come in Medio Oriente. Però quel che conta è aprire processi, consolidare visioni che apparentemente possono sembrare solo profetiche.
Più che di periferie allora è bene parlare di nuove capitali, di una visione nuova. La propulsione di questa visione è eminentemente spirituale, radicata solidamente nella devozione più antica e per questo capace di spiazzare, parlando prima di tutto alle persone, tanto i governanti che il popolo, la gente comune. E conseguentemente aprire percorsi nuovi, per tutti. Il primo giorno di primavera Obama e signora saranno a Cuba: impensabile, fino a poco fa, nei vecchi quadri culturali, politici e strategici.

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